L'editoriale del Wall Street Journal
I tecnocrati possono farcela dove i politici hanno fallito? Non scommetteteci
Ecco una versione del sogno europeo. Negli ultimi giorni, in Italia e in Grecia i leader eletti sono stati rimpiazzati da tecnocrati le cui carriere si sono svolte fuori dalla politica e perfino fuori dai paesi d'origine. Possono gli uomini senza partito riuscire dove i politici hanno fallito? Non c'è da scommetterci.
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Ecco una versione del sogno europeo. Negli ultimi giorni, in Italia e in Grecia i leader eletti sono stati rimpiazzati da tecnocrati le cui carriere si sono svolte fuori dalla politica e perfino fuori dai paesi d'origine. Possono gli uomini senza partito riuscire dove i politici hanno fallito? Non c'è da scommetterci.
In Italia, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il capo dello stato Giorgio Napolitano ha chiesto all'economista e accademico Mario Monti di formare un nuovo governo. Monti è conosciuto soprattutto per il suo decennio alla Commissione europea, dove è stato commissario per il Mercato unico e, successivamente, commissario per la Concorrenza. Gli americani ricorderanno sicuramente che nel 2001 fu proprio Monti a far saltare la fusione GE-Honeywell e a obbligare nel 2004 la Microsoft al pagamento di una multa di 497 milioni di euro per presunta violazione delle leggi antitrust. Ma ha avuto la meglio anche sulle Landesbanken tedesche nella questione riguardante i sussidi statali ottenuti illegalmente.
Tuttavia, se alla Commissione poteva dirsi inflessibile, lì Monti era ancora estraneo al concetto di responsabilità politica. A Roma, invece, dovrà guadagnarsi il sostegno della cricca di rissosi che ha fatto cadere il precedente governo. Dai primi segnali sembra che l'appoggio parlamentare sia fragile, e non è affatto certo che riesca a convincere la classe politica a seguirlo nelle difficili votazioni che sarebbero necessarie, come l'abolizione del famigerato articolo 18, che di fatto vieta i licenziamenti alle aziende con più di 15 dipendenti. I sindacati e i loro compagni di viaggio della sinistra avvertono già che il governo non dovrebbe rischiare di innescare disordini sociali sfidando i sostenitoridell'articolo 18.
Nello scorso fine settimana lo stesso Monti ha dichiarato quali sono le sue ambizioni, spiegando che il suo compito è quello di “risanare la situazione finanziaria e promuovere la crescita con attenzione all'equità sociale”. Magari la politica fosse così facile.
La Grecia, nel frattempo, ha passato le redini a Lucas Papademos, anche in questo caso un accademico ed economista di formazione, già vicepresidente della Banca centrale europea.
I primi sondaggi lo danno come ampiamente apprezzato e rispettato. Ma se possiamo dedurre qualcosa dalla carriera di Papademos è la sua forte tendenza a tenere la testa bassa ed evitare le polemiche.
Tutte qualità raccomandabili a un tecnocrate internazionale, ma che non gli saranno d'aiuto ad Atene, attraversata negli ultimi mesi da violenze e brutalità.
Il compito di Papademos è più arduo e urgente di quello di Monti. Per la Grecia il default sul debito è questione di settimane, a meno che non riceva altri otto miliardi di euro dall'Unione europea e dal Fondo monetario internazionale prima di Natale. Per trovare il denaro Papademos dovrà convincere il Parlamento greco a sostenere il nuovo piano di salvataggio, più di quanto sia riuscito a fare il suo predecessore, il socialista George Papandreou.
Secondo gli accordi, Papademos dovrebbe rimanere in carica soltanto fino all'inizio del prossimo anno, lasciando poi la guida del paese ai due partiti principali della scena politica greca. In un lasso di tempo così breve è difficile che riesca a fare qualcosa in più che tenere a galla la Grecia per un paio di altri mesi.
E c'è un altro monito che i nuovi governi non devono dimenticare. Sono stati alcuni “esperti” di Bruxelles e del Fondo monetario internazionale a disporre le norme che oggi mettono in ginocchio l'economia greca. Se l'Italia e la Grecia si limiteranno a imporre tasse più alte senza riformare in modo significativo il mercato del lavoro e senza migliorare il contesto commerciale, non c'è abilità burocratica che possa salvare loro o l'euro.
© Wall Street Journal
per gentile concessione di MF (Traduzione di Studio Brindani)
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