Perché la Bce deve decidersi a uscire dalla sua torre d'avorio

Redazione

Provate a immaginare un esercito che va in guerra. Ha una potenza travolgente, ma i generali annunciano che in realtà odiano la situazione in cui si trovano e si limiteranno a sparare il meno possibile. Alcuni dei generali sono talmente turbati dall'idea di andare in guerra che decidono addirittura di abbandonare l'esercito.

di Paul De Grauwe

    Provate a immaginare un esercito che va in guerra. Ha una potenza travolgente, ma i generali annunciano che in realtà odiano la situazione in cui si trovano e si limiteranno a sparare il meno possibile. Alcuni dei generali sono talmente turbati dall'idea di andare in guerra che decidono addirittura di abbandonare l'esercito. A questo punto quelli che restano comunicano al nemico che il fuoco sarà solo temporaneo e che l'esercito si ritirerà il prima possibile. Come andrà a finire questa guerra? Esattamente come state immaginando: il nemico infliggerà all'esercito una sonora sconfitta.

    La Banca centrale europea (Bce) si è comportata come i generali: quando ha annunciato il proprio programma di acquisto di titoli di stato ha comunicato ai mercati finanziari (il nemico) che detestava profondamente quel suo stesso programma e che lo avrebbe abbandonato il prima possibile. Alcuni membri del consiglio direttivo della Bce hanno poi rassegnato le dimissioni, disgustati dall'idea di dover comprare dei titoli tossici. Come l'esercito, anche la Bce ha una capacità bellica potentissima, di fatto illimitata, ma ha chiarito fin da subito che non intende sfruttare appieno il proprio potere di battere moneta. Qual è l'esito più probabile di un siffatto programma? Risposta esatta: una sconfitta inflitta dai mercati finanziari. I mercati finanziari da parte loro sapevano che la Bce non intendeva impegnarsi totalmente e che avrebbe interrotto il programma. Sapevano quindi che la stabilizzazione del prezzo dei titoli di stato sarebbe stata soltanto provvisoria e che, una volta abbandonato il programma, i prezzi avrebbero probabilmente ricominciato a scendere. Perciò erano pochi gli investitori disposti a tenersi questi bond nel portafoglio e, di conseguenza, i titoli di stato hanno continuato a essere venduti e la Bce è stata costretta a comprarne molti. Non esiste un modo più sciocco di attuare un programma di sostegno bond di quello adottato dalla Bce. Chiarendo fin dall'inizio di non credere nel suo stesso programma, Francoforte ne ha decretato il fallimento. Mandando un segnale di sfiducia nei bond che si accingeva ad acquistare stava dicendo agli investitori che anche loro avrebbero fatto bene a non riporre fiducia in tali titoli.

    Rassicurare per acquistare meno bond

    Ci sarebbe stato sicuramente un modo migliore per gestire il programma di acquisto di titoli di stato deciso dall'Eurotower. Per esempio la Banca avrebbe dovuto annunciare che intendeva dispiegare tutto il proprio potenziale per acquistare i titoli di stato e che non avrebbe permesso che i prezzi di queste obbligazioni scendessero al di sotto di un determinato livello. In questo modo avrebbe creato fiducia e gli investitori, consapevoli che la Banca centrale europea ha un enorme potenziale e che non avrebbe esitato a metterlo in campo, si sarebbero tenuti stretti i propri bond. Il risvolto positivo di questo scenario sta nel fatto che la Bce non avrebbe dovuto acquistare così tanti titoli di stato.
    Ma perché la Bce non ha voluto adottare questa strategia ovvia e più economica? La risposta va cercata in parte nelle obiezioni che sono state sollevate contro l'idea che una Banca centrale debba essere il prestatore di ultima istanza sui mercati dei titoli di stato all'interno di un'unione monetaria. Alcune di queste obiezioni sono serie (azzardo morale), altre sono ipocrite (rischio di inflazione). Ho già analizzato queste ultime, tuttavia ho l'impressione che dietro questi rilievi critici si celi una motivazione più sostanziale: le persone che siedono al tavolo di Francoforte continuano a ritenere che la stabilità finanziaria non rientri nel loro core business e che, per citare Jean-Claude Trichet (ex presidente della Bce, ndr), la bussola di Francoforte punti in una sola direzione, quella dell'inflazione. Finché questa sarà l'opinione prevalente, la Bce continuerà a essere riluttante a prendere una decisione palesemente ovvia.

    I limiti del Fondo salva stati (Efsf)

    La Bce è venuta meno al proprio ruolo di prestatore di ultima istanza e la conseguenza è stata la necessità di creare un'entità surrogata, il Fondo salva stati (Efsf), anche se tutti sanno che sarà inefficace. Dispone infatti di strumenti insufficienti e di una struttura di governo impraticabile all'interno della quale ogni paese mantiene il proprio potere di veto. Ciò significa che in tempi di crisi resterà paralizzata e, poiché i mercati ne sono consapevoli, godrà di una bassa credibilità. Per mimetizzare questi difetti, i leader europei stanno ora mettendo in scena la pantomima secondo la quale, facendo intelligentemente ricorso al leverage, le risorse dell'Efsf possono essere moltiplicate, consentendo così alla Bce di dedicarsi candidamente solo al contenimento dell'inflazione. I leader europei dovrebbero tuttavia sapere che la leva finanziaria comporta rischi notevoli che si manifestano in tutta la loro portata quando esplodono le crisi di liquidità.

    Quindi nel momento di maggior bisogno di leverage, questa strategia fallirà, in quanto mostrerà la rischiosità delle posizioni di coloro che hanno garantito la struttura stessa. I governi che adesso possono vantare un'affidabilità creditizia da tripla A si troveranno a subire una batosta con la perdita del 100 per cento delle proprie quote di titoli e il loro merito creditizio svanirà in un attimo. L'insieme di questa struttura rischiosa crollerà esattamente come altre intelligenti strutture finanziarie del passato recente.
    Si dice che gli accademici vivano in una torre d'avorio, lontano dal mondo reale. Ho l'impressione che non siano tanto gli accademici, quanto i leader europei a essersi chiusi in una torre d'avorio. Sconnessi dalla realtà economica e finanziaria hanno creato un'istituzione che non funziona e non potrà mai farlo in modo adeguato. Ora stanno elaborando uno stratagemma finanziario che dovrebbe risolvere i problemi di finanziamento dei principali paesi dell'Eurozona. E' ora che i leader europei tornino alla realtà.

    di Paul De Grauwe, Docente di Economia internazionale
    all'Università di Lovanio. La versione originale dell'articolo è stata pubblicata la scorsa settimana sul sito Voxeu.com

    (Traduzione Studio Brindani)