Botti da “Decreto europa”

Redazione

Misure choc per l'economia, ma di carattere sviluppista e liberale. Il Cav. persegue questa strada? L'inchiesta fogliante ci dice che in Parlamento ci sarà qualche sorpresa (in positivo). In particolare questo accadrebbe se il presidente del Consiglio, raccogliendo “l'appello finale” lanciato ieri dall'Elefantino sul Foglio, utilizzasse come testo base per un decreto da sottoporre al Parlamento le proposte contenute nella lettera di agosto della Banca centrale europea al governo assieme alla risposta dell'esecutivo all'Ue.

    Misure choc per l'economia, ma di carattere sviluppista e liberale. Il Cav. persegue questa strada? L'inchiesta fogliante ci dice che in Parlamento ci sarà qualche sorpresa (in positivo). In particolare questo accadrebbe se il presidente del Consiglio, raccogliendo “l'appello finale” lanciato ieri dall'Elefantino sul Foglio, utilizzasse come testo base per un decreto da sottoporre al Parlamento le proposte contenute nella lettera di agosto della Banca centrale europea al governo assieme alla risposta dell'esecutivo all'Ue. Sul tema abbiamo raccolto i commenti di parlamentari e analisti, chiedendo se l'approvazione tempestiva di un “decreto Europa” da parte del governo sarebbe auspicabile. E in tal caso, come si comporterebbe l'opposizione?

    Enzo Raisi (deputato Fli): voterei le misure
    Condivido pienamente l'Agenda Draghi contenuta nella lettera della Banca centrale europea al punto che, per esempio, sul fronte della flessibilità del lavoro ho provato già a trasformare in proposte di legge quelle idee. Personalmente voterei queste misure anche se fosse il governo a proporle. Capisco chi dice che serva anche credibilità per fare le riforme, ma la necessità di “fare” è oggi al primo posto. Faccio un esempio: sono relatore – prima di maggioranza, poi di opposizione – della proposta di riforma dello Statuto delle imprese: ho già detto ai colleghi in commissione che non accetterò emendamenti, perché è meglio chiudere domani con qualcosa di utile che sia già approvato.
    Gianluca Galletti (capogruppo alla Camera dell'Udc): valutare nel merito
    Le proposte messe nero su bianco dalla Bce sono le cose di cui il paese ha bisogno. Che i temi fossero questi lo sapevamo – e lo dicevamo in Aula – anche prima di ricevere quella missiva. Credo quindi che un “decreto Europa” sia urgente e necessario, ma bisogna poi essere credibili non soltanto a livello di enunciazione, ma anche nell'applicare quei principi. Per questo il deficit di credibilità di Berlusconi renderebbe troppo tardiva, da parte sua, una proposta in tal senso. Detto questo, se “decreto Europa” fosse, in Aula andrebbe valutata nel merito – come abbiamo sempre fatto – la declinazione pratica di quei principi. 

    Linda Lanzillotta (Api): decreto giusto, ma…
    Il “decreto Europa” è condivisibile, ma a due condizioni. Primo, le indicazioni della Bce vanno prese senza furbizie: non basta copiare un titolo e poi annacquare il tutto nel dispositivo. Inoltre la lettera della Bce non può essere tradotta meccanicamente, serve una gestione politica di queste misure. Per esempio l'abolizione delle pensioni di anzianità dovrebbe essere accompagnata da una tassazione sui patrimoni per rendere più equo l'impatto delle misure. Se questo “decreto Europa” ci fosse, allora tutte le forze politiche dovrebbero prenderne atto. Ma considerato il tempo perso finora dall'esecutivo, questo è un periodo ipotetico del 25esimo tipo.

    Sandro Gozi (Pd): faccia, e poi esca di scena
    E' urgentissimo puntare su un pacchetto di misure choc, del tipo di quelle suggerite dalla Bce. Non c'è bisogno nemmeno di metterle tutte, ne basterebbero alcune fortissime, convincenti, e su queste poi il governo dovrebbe essere aperto a modifiche dell'opposizione in sede di conversione parlamentare. Una volta adottate queste misure, però, Berlusconi dovrebbe tirare il sipario dietro la sua esperienza perché – lo dico da commentatore, prim'ancora che da parlamentare del Pd – nessuno pensa più che il premier sia in grado di condurre il paese attraverso la crisi. Ma se ottenesse di approvare queste misure, la sua uscita potrebbe essere persino da statista, considerato che salvare l'Italia oggi vuol dire salvare l'Unione europea.

    Nicola Rossi (LCdM): anni di attesa, sì al dl
    Le indicazioni della Bce prima si approvano, meglio è. Sarebbe dovuto avvenire già da 15 anni, ma quelle misure oggi restano valide. Andrebbero approvate tutte, anche – per esempio – per quel che riguarda la riforma delle pensioni di anzianità. Oggi però non c'è più soltanto una questione di contenuti, c'è anche una questione di credibilità che viene considerata dai mercati. Non mi esprimo su una possibilità di governo tecnico o altro, ma dobbiamo trovare qualcuno che sia credibile quando fa certe promesse.

    Marco Perduca (Radicali-Pd): si può votare sì
    Dal controllo sul debito pubblico alle liberalizzazioni anche sul mercato del lavoro, quelle della Bce sono proposte che i Radicali avanzano da decenni. Una rapida approvazione delle stesse non potrebbe che essere positiva. Se il governo le proponesse? Laicamente le valuteremmo, una per una, essendo disponibili ovviamente anche a votare favorevolmente.

    Pietro Ichino (Pd):
    diffido, no boicottaggi
    Le cose da fare, a grandi linee sono quelle che indica la lettera della Bce. Ma in parte non mi sembrano riducibili in quattro e quattr'otto a un decreto legge. In parte non richiedono un intervento legislativo, bensì soltanto buona applicazione di norme già vigenti. Questo vale, ad esempio, per la spending review. Per tranquillizzare i mercati non basta un buon programma di governo, per quanto riversato in un decreto legge: occorrerebbe anche un governo il cui capo non litigasse con il suo ministro dell'Economia e che avesse una maggioranza sicura in Parlamento, che non vivesse alla giornata appeso al voto del transfuga Scilipoti. Se il governo comunque riuscisse in una strategia simile, l'opposizione cosa dovrebbe fare? Quello che ha fatto ad agosto: esprimere con chiarezza la propria posizione, anche eventualmente di dissenso sui singoli punti, senza comunque rallentare la manovra.

    M. Beltrandi (Radicali-Pd): no preclusioni
    Un “decreto Europa” così concepito è necessario e il governo farebbe bene ad approvarlo. Durante la conversione parlamentare, come opposizione e come Radicale, sicuramente non farei altro che concentrarmi sul merito delle misure. Molte andrebbero bene così come proposte da Draghi e Trichet, altre potrebbero essere invece migliorate.

    Alessandro Maran (Pd): niente immobilismo
    Questo “decreto Europa” sarebbe sinonimo di “decreto Italia”, perché ormai dovrebbe essere chiaro che gli interessi di Ue e Italia coincidono. L'Europa infatti non è una pericolosa “spectre”, quelle misure proposte dalla Bce servono per restare nel primo mondo, e il Pd dovrebbe fare tutto quello che serve all'Italia. Poi certo un semplice decreto non basterebbe; si pensi al solo fatto che nel nostro paese un vero e proprio welfare non esiste, se si escludono pensioni e sanità. Non ho troppa fiducia che il governo, dopo tanti mesi persi, approvi un decreto simile, ma quel che è certo è che il primo partito dell'opposizione non può sperare nell'immobilismo.

    Gianluca Lioni (Pd): eviterebbe epilogo triste
    Premesso che nemmeno la lettera della Bce è la Bibbia, e che quindi andrebbe tradotta politicamente in misure da valutare, approvare un “decreto Europa” equivarrebbe a una scelta drastica e utile per il paese. Utile anche, aggiungo, per evitare un epilogo infelice a questo mero galleggiamento politico del premier Berlusconi. Se il decreto ci fosse, e considerato che alcune di quelle misure sono improcrastinabili, l'opposizione dovrebbe tenere conto anche della gravità della situazione, ovviamente senza rinunciare a proporre modifiche e integrazioni, come una riforma del welfare da affiancare all'introduzione di più flessibilità in uscita sul mercato del lavoro.

    Antonio Martino (Pdl): la sinistra dirà di sì
    Condivido la proposta, servirebbe anche a richiamare e a galvanizzare quanti, pure nella maggioranza, si stanno politicamente addormentando. Detto questo, c'è da dire che la lettera della Bce è frutto pur sempre di qualche burocrate europeo, quindi non è detto che sia solo oro colato. Ma se per stare in Europa ci si chiede questo, vorrei proprio vedere cosa deciderà di votare l'opposizione. 

    Giuliano Cazzola (Pdl): l'ultimo tentativo
    La lettera della Bce è un programma di governo condivisibile e, se non si riesce ad andare in questo senso oggi, diventerà per domani un potenziale programma elettorale. Se la situazione non tiene, ho già suggerito a Berlusconi di gestire il “dopo Berlusconi”, ma questo del “decreto Europa” può essere l'ultimo tentativo da fare dallo stesso premier; Berlusconi infatti ha ancora una maggioranza in Parlamento e finora ciò che gli si è imputato è stata l'incapacità – in questa fase – di riuscire a decidere sulle necessarie misure sviluppiste.

    Stefano Ceccanti (Pd): sì, ma con i tecnici
    Il riferimento per chiunque voglia governare questa fase sono, ancor più della lettera della Bce, il punto numero 5 e 6 della lettera di risposta dell'Ue al piano di azione dei governi. Nel punto 5 si ricorda che la Spagna ha convocato elezioni anticipate e soprattutto ha già intrapreso una strada di riforme strutturali. Nel punto numero 6 si sollecita l'Italia a proporre un “calendario ambizioso” per le stesse riforme. Solo un governo tecnico lo può fare, perché questa maggioranza ha già dato prova di non trovare la forza per farlo, e il massimo impegno dell'opposizione è quello di individuare un governo tecnico. Altrimenti, si valuterà misura per misura.

    Giuseppe Moles (Pdl): il Cav. faccia il Cav.
    Non posso che essere d'accordo con le misure proposte dalla Bce. Berlusconi deve fare il Berlusconi, e quella lettera è un programma vitale per rilanciare l'azione di governo. Occorre pure dire che la crisi non è una crisi italiana, che il problema di credibilità c'è e riguarda la credibilità di questa Ue. Ancora: la speculazione non sceglie i governi in base al loro colore, e se quella indicata dalla Bce è un'agenda riformatrice, i governi tecnici o di larghe intese non potrebbero attuarla con la stessa efficacia di un governo politico.

    Riccardo Gallo (economista):
    ottima idea
    Quella del “decreto Europa” è un'ottima idea. Per sollecitare il governo a vararlo, proporrei a una rete trasversale di parlamentari liberali di firmare un documento con il quale gli eletti dell'opposizione che ci stanno si impegnano a votare le riforme suggerite dalla Bce, anche se sarà Berlusconi a dargli forma legislativa, mentre gli eletti nelle file della maggioranza si impegneranno a non sostenere più il governo, in caso di ritardi, su altre misure che non siano quelle della stessa Bce per una frustata liberale.

    A. Corneli (analista):
    no consociativismo
    I provvedimenti di emergenza (patrimoniale, prelievo sui depositi in cc, condono, etc.) sono fumo negli occhi e un sostanziale regalo agli speculatori. Contano solo i provvedimenti strutturali (pensioni, liberalizzazioni dei servizi – evitando risibili esibizionismi che colpiscono parrucchieri e simili – costi della politica) perché sterilizzano alla sorgente la spesa pubblica improduttiva e parassitaria. Solo questi possono influenzare i mercati finanziari. Berlusconi può legare la sua stagione politica alle riforme strutturali. Sono le sole che, a medio e lungo termine, possono ridare sostanza a quel grande partito liberal-moderato che è nelle sue intenzioni lasciare in eredità all'Italia. Se lui non farà queste riforme, o le faranno i tecnocrati dei “poteri forti” oppure non si faranno, aprendo così una nuova stagione di consociativismo.

    Giulio Sapelli (prof.): meglio dei tecnici
    Il “decreto Europa” può essere una buona idea, sicuramente il metodo migliore per superare la fase estenuante delle “buone intenzioni”. Anche se sono scettico sulla fattibilità di tutto ciò, mi troverei molto meglio nelle mani di un governo Berlusconi che facesse questo piuttosto che in quelle di un esecutivo tecnico, magari di Mario Monti. Le opposizioni dovrebbero subito votare un decreto del genere, considerato quanto male fanno i governi tecnici che operano un po' tutti come il governo Eltsin di fine Urss, incluso quello Ciampi di cui tutti dicono un gran bene: privatizzazioni senza liberalizzazioni, svendita di beni e società agli amici, spoils system nella Pubblica amministrazione, etc. etc.

    B. Della Vedova (Fli):
    sì, ma 17 anni fa
    Le riforme proposte dalla Bce sarebbe stato utile farle dall'inizio della legislatura, e da 17 anni in politica mi batto essenzialmente per quell'agenda. Quel cammino, ancora oggi, sarebbe utile intraprenderlo. Nell'attuale governo però da più parti – a partire dai ministri Sacconi e Tremonti – si è irriso chiunque proponesse queste cose, e in più l'esecutivo non ha da solo la forza per approvarle. Per questo sarebbe preliminare un governo diverso e più ampio che consenta di guadagnare tempo e ottenere una tregua dai mercati.

    R. Antonione (misto):
    non basta Cav. geniale
    La proposta lanciata dal Foglio, quella di un “decreto Europa”, è in qualche modo geniale. Ma il merito delle singole misure, pur condivisibile, oggi non garantisce protezione dagli attacchi speculativi in corso. Per questo servirebbe garantire la “sostenibilità” del sistema paese rispetto alla proposta, coinvolgendo opposizioni e parti sociali. Approvare un decreto perfetto e avere poi reazioni in stile Grecia non sarebbe utile; è il limite del “decreto Europa”.

    Salvatore Vassallo (Pd):
    Quirinale in campo
    Se a prendere queste misure ci fossero persone sufficientemente credibili, un “decreto Europa” sarebbe opportuno e anche politicamente praticabile. Personalmente non avrei difficoltà a sostenere anche misure impegnative e in qualche modo dolorose. Ma a guidare questo passaggio servirebbe un “governo del presidente”, guidato da una personalità autorevole, che possa contribuire a superare le divisioni partitiche e per questo è fondamentale anche una partecipazione attiva del presidente della Repubblica.

    Alessia Mosca (Pd): non mi fido, via il Cav.
    Non ho nessuna fiducia in Berlusconi che oggi non ha più nessuna credibilità per fare alcunché. L'unica cosa utile che può fare è quella di lasciare spazio ad altri che possano attuare riforme utili al paese. Fatto questo passo indietro, allora si può discutere di tutto.

    Walter Veltroni, deputato del Pd, e Giorgio Tonini, senatore del Pd, raggiunti dal Foglio hanno preferito non esprimersi “in un momento così delicato”.

    Testi raccolti da Marco Valerio Lo Prete