Banca fatale
La sentenza Unipol e il sospetto che non distingua tra errore e reato
Dopo quattro anni è arrivata la sentenza di primo grado per la scalata di Unipol a Bnl, ed è una sentenza con condanne pesantissime. Quel che però resta assai dubbio è in che cosa consista il reato che sarebbe stato commesso dall'ex governatore della Banca d'Italia. Antonio Fazio ha scelto di difendere “l'italianità” di una grande banca, lo ha proclamato esplicitamente, e poi ha agito di conseguenza. L'ambito di discrezionalità della Banca d'Italia, che è la conseguenza naturale della sua indipendenza, consente di esercitare la vigilanza in base a strategie di ordine generale e non solo in modo notarile.
Dopo quattro anni è arrivata la sentenza di primo grado per la scalata di Unipol a Bnl, ed è una sentenza con condanne pesantissime. Quel che però resta assai dubbio è in che cosa consista il reato che sarebbe stato commesso dall'ex governatore della Banca d'Italia. Antonio Fazio ha scelto di difendere “l'italianità” di una grande banca, lo ha proclamato esplicitamente, e poi ha agito di conseguenza. L'ambito di discrezionalità della Banca d'Italia, che è la conseguenza naturale della sua indipendenza, consente di esercitare la vigilanza in base a strategie di ordine generale e non solo in modo notarile. La scelta di Fazio può essere criticata, il consorzio di interessi che si è creato per realizzarla può essere considerato troppo debole e male assortito, soprattutto dopo il fallimento dell'operazione. Ma c'è differenza tra un errore e un reato. Il fatto stesso che l'allora responsabile della vigilanza di Via Nazionale, Francesco Frasca, sia stato assolto fa intendere che non sono stati trovati riscontri di una falla giuridica nell'esercizio concreto di questa delicata funzione nel caso specifico.
L'interesse di Fazio alla scalata di Unipol a Bnl, che è l'argomento principale sostenuto dall'accusa, non era un interesse lucrativo o personale, ma l'interpretazione che il governatore ha dato alla sua funzione di regolatore del sistema bancario nazionale. Anche l'aspirazione dell'ex patron di Unipol Giovanni Cansorte ad “avere una banca” era probabilmente superiore ai suoi mezzi e alle sue possibilità. Per questo la sua iniziativa può essere considerata avventata o magari perfino strumentale a un disegno di carattere politico. Censurare queste scelte e questi comportamenti spetta agli osservatori e, nel caso specifico di Consorte, agli azionisti e amministratori della sua compagnia. La magistratura, invece, deve provare che siano stati commessi reati e questo, nonostante la condanna che ripete quella subìta dagli stessi imputati, sempre in primo grado, per la scalata ad Antonveneta, resta assai dubbio. Fazio, Consorte e Gaetano Caltagirone, oltre agli altri condannati, faranno valere le loro ragioni negli ulteriori gradi di giudizio e potranno insistere sulla genericità delle accuse e su imputazioni che sembrano basate più sulla suggestione che su riscontri con valore di prova. Se invece le sentenze fossero confermate in via definitiva si potrebbe pensare che la magistratura si attribuisce il potere discrezionale di vigilanza bancaria, il che è davvero un po' troppo.


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