L'opposizione che non esiste

Giuliano Ferrara

Non voglio farla tanto lunga e rubare troppo spazio al giornale. Quando le cose sono evidenti, bastano poche parole. Se “il paese prima di tutto” è la formula felice in cui si riassume oggi l'orientamento delle persone serie e responsabili, qualcosa salta agli occhi, in particolare dopo la lettera di prospettiva e di impegni del governo ratificata al vertice di Bruxelles dall'Europa tutta.

Leggi Il programma che non c'è di Claudio Cerasa

    Non voglio farla tanto lunga e rubare troppo spazio al giornale. Quando le cose sono evidenti, bastano poche parole. Se “il paese prima di tutto” è la formula felice in cui si riassume oggi l'orientamento delle persone serie e responsabili, qualcosa salta agli occhi, in particolare dopo la lettera di prospettiva e di impegni del governo ratificata al vertice di Bruxelles dall'Europa tutta.

    Il governo c'è, comunque lo si giudichi.  L'opposizione non c'è, comunque la si voglia considerare. La funzione di controllo e correzione parlamentare propria dell'opposizione ha ceduto il passo a un semi-aventinismo e a una ripetitiva, perfino ossessiva richiesta di dimissioni, per non parlare della demagogia aspra e personale sulla fine di un regime “tirannico” che non è mai esistito se non nella fantasia patologica di qualche retore.

    La funzione di preparazione di un governo di alternativa, che nel rispetto della regola di maggioranza sia in grado di offrire agli italiani una soluzione di ricambio alla scadenza della legislatura, è sepolta sotto un paradosso squadernato davanti ai cittadini di ogni orientamento: le varie sinistre, mentre il presidente della Repubblica chiede coesione sociale, efficacia nell'attuazione anche di misure impopolari di risanamento nazionale, un giorno deridono il governo perché non avrebbe la fiducia dell'Unione europea, il giorno dopo insorgono contro il programma di riforme per lo sviluppo concordato in sede europea per i prossimi mesi.

    Anche chi non abbia una visione non seriosa della politica, sa che l'interesse nazionale non è un gioco per bambini capricciosi. Bisogna distinguere tra i peccati di gola, le ambizioni sbagliate e le cose da fare in un clima di regolare funzionamento delle istituzioni repubblicane. Nel gennaio dell'anno in corso Berlusconi propose nel Corriere a Pier Luigi Bersani, in nome di quello che qualificò come il suo “pragmatismo emiliano” (un errore?), una discussione in Parlamento su misure urgenti per la crescita, “la più grande frustata al cavallo dell'economia che la storia italiana ricordi”.

    Le sinistre si limitarono a mettere i bastoni fra le ruote del governo, e approfittarono di un sistema politico come il nostro, che non è fatto per decidere. Senza una elementare e minima cooperazione, che non vuol dire necessariamente piena condivisione, intorno a provvedimenti spesso delicati e complessi, ma privi di alternative, questo sistema rende tutto più complicato. Ora le sinistre “insorgono” contro il programma di riforme europeo dell'Italia e si preparano a scatenare nuove risse sociali e ideologiche in un fronte che vorrebbero unico (un errore?) tra sindacati e Confindustria.

    E' comprensibile l'asprezza delle divisioni di fatto nelle opposizioni sugli orientamenti di sviluppo da promuovere, messi nero su bianco sia nella lettera della Bce al governo italiano sia nella lettera italiana ai responsabili dell'Unione e della Commissione di Bruxelles, orientamenti ovviamente incardinati in una visione e in una prassi di libertà, concorrenza e competizione. Ma questi provvedimenti occorrono alla nostra economia e al nostro modello sociale, sono di importanza fondamentale per il benessere e il futuro del paese e di chi lo abita e vi lavora. Il governo ha faticato a trovare una soluzione per quanto precaria, e a unire su questo la coalizione di maggioranza, ma a sinistra non fanno nemmeno la fatica di faticare.

    Insorgere è facile, prepararsi al governo è difficile. Ma la prima ginnastica è propria di una concezione irresponsabile delle istituzioni, la seconda è un preciso dovere repubblicano per chi ha avuto il mandato di opporsi e di offrire ai cittadini una prospettiva diversa, esercitando nel frattempo il potere di incalzare il governo, non di fare come se non ci fosse malgrado ripetute e brucianti smentite. Senza togliere legittimità alle riserve e alla sfiducia sulla capacità del Cav. di fare quel che si è impegnato a fare, forse è il caso di sollevare la questione di un governo che c'è e di un'opposizione che non c'è e non fa il proprio mestiere.

    Senza riportare l'opposizione, pro europea e anti europea a seconda delle convenienze di un comizio, a una sana misura di ragione, tutto sarà più difficile. E il conto lo pagheranno i cittadini italiani, che non lo meritano, oltre che la decenza intellettuale e la salute malferma delle istituzioni.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.