Il dovere di fare

Europa, industria ed economisti incalzano il governo sullo sviluppo

Redazione

Unione europea, imprenditori ed economisti: ciascuno, presa nota dello slittamento del decreto sviluppo del governo, accresce le pressioni sull'esecutivo affinché le prossime misure per la crescita siano le più incisive possibile. Ieri in mattinata è arrivato il messaggio dell'Ue: la Commissione “chiede al governo di finalizzare con la massima urgenza forti misure per la crescita”. Bruxelles è alla ricerca di certezze per il Vecchio continente, dopo che ieri è iniziata una sei giorni di vertici dei 27 stati membri per uscire dalla crisi del debito sovrano.

    Unione europea, imprenditori ed economisti: ciascuno, presa nota dello slittamento del decreto sviluppo del governo, accresce le pressioni sull'esecutivo affinché le prossime misure per la crescita siano le più incisive possibile. Ieri in mattinata è arrivato il messaggio dell'Ue: la Commissione “chiede al governo di finalizzare con la massima urgenza forti misure per la crescita”. Bruxelles è alla ricerca di certezze per il Vecchio continente, dopo che ieri è iniziata una sei giorni di vertici dei 27 stati membri per uscire dalla crisi del debito sovrano. Dopo i ministri dell'Eurozona (ieri) e dell'Ue (oggi), domenica e mercoledì saranno i 27 capi di stato e di governo a incontrarsi; Francia e Germania in pubblico ostentano concordia, ma in realtà non hanno ancora trovato una quadra su Grecia, ricapitalizzazione delle banche e futura governance economica. Non a caso il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ieri ha commentato: “L'Ue sta dando un'immagine disastrosa”.

    In Italia il governo, alla ricerca
    della necessaria copertura economica, ha fatto però capire di avere ancora bisogno di qualche giorno per il dl sviluppo. “Abbiamo chiesto all'esecutivo di fare in fretta – ha detto Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria – perché il tempo è scaduto, la situazione si fa ogni giorno più pesante”. Il ministro per lo Sviluppo, Paolo Romani, coordinatore dei vari dicasteri per la scrittura del dl, è stato ricevuto ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel frattempo cresce il numero di adesioni all'appello lanciato ieri dal Foglio, e rivolto al Cav., “per una potente frustata all'economia”. A sottoscriverlo, finora, decine tra economisti e rappresentanti del mondo imprenditoriale; tra questi ultimi, in particolare, oltre a Corrado Sforza Fogliani (Confedilizia), Bernabò Bocca (Federalberghi), Graziano Tarantini (A2a) e Adriano Teso (Ivm Group), ieri si sono aggiunti anche Stefano Scabbio (Manpower Italia) e Mario Preve (Riso Gallo). “Il vostro appello coglie i due punti fondamentali da affrontare per rilanciare il paese: le liberalizzazioni e le iniziative che servono ad attrarre più investimenti stranieri”, dice al Foglio Scabbio.

    L'ad e presidente di Manpower Italia, società di fornitura del lavoro temporaneo con un fatturato di 980 milioni di euro, 1.700 dipendenti assunti a tempo indeterminato e 30 mila temporanei al mese, aggiunge: “Gli stranieri investono se si semplificano burocrazia e fisco, se si forniscono intelligenti incentivi fiscali e infrastrutture. In questo si proteggono anche i giovani lavoratori che non sono costretti a emigrare”. “Il blocco mentale declinista – si legge nell'appello del Foglio al Cav. – si supera con campagne culturali e d'informazione, poi si batte definitivamente con il ‘fare'”. “Siamo il secondo paese manifatturiero d'Europa e abbiamo una ricchezza privata tra le più imponenti – dice al Foglio Cesare Imbriani, ordinario di Economia politica alla Sapienza di Roma, che ieri ha firmato l'appello – Stare fermi, mancando di fornire rassicurazioni innanzitutto a imprenditori e famiglie che garantiscono questi buoni fondamentali, è un segno d'incoscienza”. Tra gli economisti firmatari c'è anche Gustavo Piga, ordinario di Economia politica all'Università Tor Vergata di Roma, che ci tiene a sottolineare l'importanza delle piccole e medie imprese (pmi): “Ci sono ostacoli non contingenti che frenano la crescita in tutto l'occidente. Nel nostro paese, in particolare, bisognerebbe fornire ‘protezione' alle pmi, senza scadere nel ‘protezionismo'”. Ovvero? “Serve una politica attiva, come negli Stati Uniti, per garantire per esempio alle pmi una quota delle gare d'appalto pubbliche, oppure creando incentivi affinché lo stato non gravi troppo sulle imprese con le proprie regolamentazioni, come avviene con la Small Business Administration statunitense”.

    Infine, spiega Domenico Lombardi, economista della Brookings Institution di Washington, “l'unica via di uscita è aumentare il tasso di crescita potenziale dell'economia, così da stabilizzare il profilo debito-pil nel medio periodo reintegrando nel mondo produttivo quelle fasce sociali composte da giovani e da donne che, soprattutto nel sud, ne sono state emarginate. La stabilizzazione fiscale, da sola, produrrà unicamente effetti recessivi e deflazionistici”. “Adesione convinta, ma senza firma perché sono direttore di un altro quotidiano”, è quella di Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi, che rimanda a due campagne “gemelle” del gruppo che pubblica Milano Finanza e Italia Oggi: il manifesto “Italia c'è” e la proposta di introdurre maggiore flessibilità nel mercato del lavoro alzando la soglia di licenziabilità per le imprese fino a 30 dipendenti (invece che 15). Tra i “no, grazie” all'appello c'è quello di Pietro Ichino, giuslavorista e parlamentare del Pd: “Il solo fatto dell'invito mi ha fatto molto piacere, perché è uno dei molti segni del fatto che l'area del ‘bipolarismo civile', ovvero della non faziosità, si sta allargando e consolidando nel paese. Tuttavia ci sono due punti programmatici dell'appello che andrebbero qualificati meglio, per non essere in qualche misura equivoci e inoltre non ho alcuna fiducia nella capacità di questo governo, in queste circostanze, di fare le molte cose giuste che nell'appello sono indicate”.