Giavazzi über alles

Giuliano Ferrara

Con uno stile secco, abrasivo, Francesco Giavazzi ha scritto ieri nel fondo del Corriere che la ripresa dell'economia e lo sviluppo di un capitalismo serio in Italia passano per lo scioglimento di Confindustria, peraltro parzialmente già in corso, e per la fine della concertazione oligarchica tra le “parti sociali”. La tesi del grande economista, e la nostra, è che ci guadagnerebbero tutti tranne le burocrazie: imprenditori grandi medi e piccini, lavoratori, pensionati e precari, perfino le casalinghe e i fanigottoni.

    Con uno stile secco, abrasivo, Francesco Giavazzi ha scritto ieri nel fondo del Corriere che la ripresa dell'economia e lo sviluppo di un capitalismo serio in Italia passano per lo scioglimento di Confindustria, peraltro parzialmente già in corso, e per la fine della concertazione oligarchica tra le “parti sociali”. La tesi del grande economista, e la nostra, è che ci guadagnerebbero tutti tranne le burocrazie: imprenditori grandi medi e piccini, lavoratori, pensionati e precari, perfino le casalinghe e i fanigottoni. I partiti fanno politica e quelli liberali impediscono che le mani dello stato siano troppo intrusive, le parti sociali non concertative contrattano i salari e le condizioni di lavoro, la legge fissa principi uguali per tutti sulle questioni di diritto (che non esondano verso la terra incognita dei desideri). Poi c'è la società che si esprime liberamente, le lobby comprese quelle degli industriali, il pluralismo dei soggetti sociali, azienda per azienda: il complesso dell'economia ne uscirebbe rafforzato, il circuito di responsabilità e libertà irrobustito, gracile com'è, e finirebbe questa tediosa e retrospettiva pantomima della lotta di classe che avvelena la scena italiana.

    Ora io mi domando che cosa aspetti Berlusconi, che ha promesso “la più grande frustata al cavallo dell'economia che la storia italiana ricordi”, e intanto si lamenta per la mancanza di fondi, a saltare in sella a un destriero siffatto. Se anche lo bastonassero, sarebbe il ferito di una causa giusta, uno che ci prova. E che riesce a combinare insieme il senso comune pragmatico della vecchia tradizione sindacalista-riformista, la dottrina sociale della sussidiarietà liberale che è infinitamente meglio del solidarismo corporativo catto-progressista, e il liberalismo della terra promessa. L'alternativa si delinea chiaramente: una fin de règne politicista, a chiacchiere, ingloriosa, un naufragio tra i veleni e le parrocchiette. Ma siamo matti? Berlusconi deve riscoprire sé stesso, il meglio del suo quasi ventennio, e fare quelle cose semplici, ordinarie, giuste, che ci sono da fare. Tra queste la prima è un cambiamento di metodo radicale nel senso indicato da Giavazzi (e Sergio Marchionne).
    Si possono avere mille riserve, quando si tratti di cambiare. I vecchi modelli hanno avuto una funzione e non vanno demonizzati. Ma quando si riducono a declinismo, fatalismo, catastrofismo, spenta sudditanza al direttorio dell'impotenza franco-tedesca, questi modelli vanno rigirati come una frittata. L'Italia è piena di energie che a un fischio risponderebbero, a patto che si faccia sul serio e che si voglia non colpire le “masse popolari”, che è il terreno dei demagoghi, ma aumentare i salari con la autonomia contrattuale, valorizzare le pensioni e il lavoro, dare una fiducia ai ragazzi un po' pigri e spesso molto maleducati che la congiura confindustrial-sindacale ha pietrificato nell'immagine del precario a vita. Volete mobilità sociale? Volete una difesa seria dell'euro, l'unica moneta del mondo senza una autonoma banca centrale che la difenda? Volete un paese indipendente e libero e magari prospero? Volete una destra decente e una sinistra rinnovata? Si può fare. Il Cav. più Giavazzi.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.