Pischelli che sbagliano e ipocriti agitatori

Redazione

A modo loro, i ragazzotti scassatutto e nerovestiti sono “pischelli che sbagliano” dotati di una certa coerenza. Sono i barbari dei nostri tempi, militarizzati e manovrati come massa critica da qualche stregone dell'insurrezionalismo, sono privi di un disegno alternativo, non teorizzano un altro mondo possibile perché praticano con estrema destrezza la rottamazione violenta e predatoria del mondo che li circonda qui e ora.

    A modo loro, i ragazzotti scassatutto e nerovestiti sono “pischelli che sbagliano” dotati di una certa coerenza. Sono i barbari dei nostri tempi, militarizzati e manovrati come massa critica da qualche stregone dell'insurrezionalismo, sono privi di un disegno alternativo, non teorizzano un altro mondo possibile perché praticano con estrema destrezza la rottamazione violenta e predatoria del mondo che li circonda qui e ora. Tecnicamente, non sono una avanguardia rivoluzionaria ma un'aspirante Internazionale di rivoltosi. Sfasciare le vetrine di una banca d'affari non serve a niente, ma è meno faticoso e può dare qualche soddisfazione liberatoria (non esiste piccolo borghese che in cuor suo non abbia almeno per una volta sognato di farlo).

    Assai più nociva, perché cinica e studiata, è la copertura ideologica assegnata a questi barbari dai maestri cantori dell'indignazione purchessia. Da quelli che oggi reclamano repressioni poliziesche mentre fino a tre giorni fa soffiavano sulle braci della propaganda e della destabilizzazione (“qui ci scappa il morto”, ricorda onorevole Di Pietro?) pur di legittimare i cani sciolti organizzati armati di monetine e fumogeni e stanziati intorno al Palazzo di Montecitorio. I professionisti della spallata di popolo anticasta (dal Fatto in su), gli avventurieri della ghigliottina a mezzo stampa (bussare a Largo Fochetti), i golpisti emeriti dell'aristocrazia moralista (da Zagrebelsky in giù) che giocano a palla avvelenata con le aspettative di dignità e benessere dell'Italia: sono questi gli eccitanti di cui si alimenta un'allucinazione stradaiola nella quale, non la violenza, ma il buon senso si è dato alla clandestinità.