Ora la vera ultima battaglia

Giuliano Ferrara

Prima di tutto, quelli di Radio Radicale mi devono telefonare lunedì mattina per beccarsi mille euretti personali miei e un gigantesco invito a cena se non siano in sciopero della fame e della sete. Pannella è un colosso dai mille piedi, oltre che un famoso stronzo. A proposito di colossi un po' stronzi, ecco che Berlusconi, l'Amor nostro e anche il Cav. e anche un eroe popolare troppo brodoso, ce l'ha fatta ancora una volta, e alla grande, valendosi dell'organizzazione fidata di cui si circonda a giusto titolo: 316 maggioranza assoluta, l'Aventino non è nemmeno una tigre di carta, è un gattino di peluche.

    Prima di tutto, quelli di Radio Radicale mi devono telefonare lunedì mattina per beccarsi mille euretti personali miei e un gigantesco invito a cena se non siano in sciopero della fame e della sete. Pannella è un colosso dai mille piedi, oltre che un famoso stronzo. A proposito di colossi un po' stronzi, ecco che Berlusconi, l'Amor nostro e anche il Cav. e anche un eroe popolare troppo brodoso, ce l'ha fatta ancora una volta, e alla grande, valendosi dell'organizzazione fidata di cui si circonda a giusto titolo: 316 maggioranza assoluta, l'Aventino non è nemmeno una tigre di carta, è un gattino di peluche.

    Ora un commentino politico.
    Quel voto non serve a niente, a parte pietrificare il Fondatore che su Repubblica dava per morto il governo già da tre giorni: ma non lo sa che questi calcoli portano sempre alla resurrezione, e proprio il terzo giorno? Non lo sa che si votava alla Camera e non al Senato, come ha scritto? Non c'è un editor o un teologo che gli riveda i pezzi? Però, dicevamo, quel voto serve a poco se Berlusconi non si decida a fare subito due cose più che urgenti, ed entrambe indispensabili: riassumere la guida del governo, usare il governo per fare la rivoluzione e condurci alla terra promessa (che è una cosa diversa e più seria del ponte di Messina).

    Riprendere in mano il governo
    è un fatto di sostanza e di stile. Primo: il presidente rischia, forza le cose perché vadano nella direzione giusta, che è quella della riforma liberale del paese in vista della storica frustata per lo sviluppo, dunque non cerca capri espiatori, non si comporta in modo lagnoso, supera le obiezioni procedurali senza arroganza e induce i collaboratori che dirige per legge a fare quel che decide lui. I compromessi hanno un senso solo se c'è una linea tracciata e se non la smentiscono. Finanza straordinaria, soldi alla gente per investire, stimoli e politica estera per la difesa intransigente dell'euro, altro che austerità. Il pareggio di bilancio è la cornice, ma la manovra per lo sviluppo è imperativa, costa, va finanziata e chi si tira indietro va a casa. Lo ha detto un lucido Galan, uno con la testa sulle spalle. Secondo: la condizione per dare e vincere la battaglia per lo sviluppo è una sola. Leggere il Financial Times, dove c'è scritto che il Cav. è alla disperazione e se ne deve andare, giudizio politicista di cui impiparsi, ma c'è scritto anche, vedi sotto, che i fondamentali dell'economia italiana sono formidabili, e che l'Italia è un paese affidabile. Punto. Il catastrofismo è l'ultimo rifugio delle canaglie. Posto che l'Italia non ce la faccia senza l'euro, il che è da vedere visto che la Gran Bretagna manovra alla grande con la sterlina, l'euro senza l'Italia va a remengo. Quindi forza. Pompare sviluppo a tutto andare, trovare ogni soluzione possibile, a partire da quelle fissate dalla Bce, per cambiare questo sciagurato paese di industriali pelandroni che non hanno ancora capito che la lotta di classe è finita, e che non hanno voglia, perché sfiduciati anche dall'inerzia del centrodestra ma non solo, di investire: preferiscono, come ha dimostrato il professor Gallo nell'indagine presentata nel tempio accademico dell'Istituto Sant'Anna di Pisa, invecchiare, consumare, distribuire dividenti: altro che investire. Trattare il sud come merita e chiede: scuoterlo, e incentivare fiscalmente e in ogni altro modo investimenti e libertà d'azione. Vendere il patrimonio pubblico improduttivo: a valanga, unendo la vendita alle liberalizzazioni e deregolamentazioni che la rendano redditizia. Condono o patrimoniale liberale o tutte e due non importa: l'importante, con orgoglio e con eloquenza, è spiegare che dobbiamo lottare contro l'economia nera, ma non moralisticamente, dobbiamo farlo perché emerga l'imponibile nascosto, perché le tasse diventino una convenienza e non una cosa bella per anime belle, passando sopra a tutte le ubbie paracalviniste in nome di una cattolicissima verità: gli italiani sono fatti in un certo modo, ma un arcitaliano che ha promesso libertà è in grado di tirarli fuori dai pasticci, perché il loro pasticcio è il contrario dell'agonia predicata dai declinisti, è il pasticcio di un paese furbo e opulento, piagnone e isterico, che all'atto pratico sa benissimo come arrangiarsi e ripartire. Lo dicono pure i gesuiti della Civiltà cattolica. Lo dice pure il Foglio, che è il quotidiano dei gesuiti quando si tratti di combattere per la santa fede.

    Basta con le riverenze al partito di Repubblica e dei giudici. Il bavaglio agli origliatori e pubblicatori di origliamenti illegali è sacrosanto: è un principio non negoziabile. I processi della giustizia che fa il gioco dell'oca con i diritti degli individui e con la reputazione del paese vanno fermati e rovesciati in Parlamento, in nome della battaglia per una giustizia che sia imparziale per tutti: battersi per questo e per l'amnistia, che è una perdita di tempo in mancanza dei voti necessari ma una grande bandiera di civiltà nel paese delle losche carcerazioni preventive. Vogliamo questo Berlusconi qui, e siamo stufi della sua latitanza. L'unico latitante che ci piace, e a cui auguriamo di sfuggire in saecula saeculorum al gioco dell'oca, è Valter Lavitola. Berlusconi sia presente, invece, e faccia il suo lavoro.  

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.