Lettera di rampogna dura all'eroe popolare, ai bambini capricciosi e ambiziosi

Contro una fine ingloriosa

Giuliano Ferrara

Cari Berlusconi, Tremonti, Cicchitto e varia nobile gente del governo: ora basta, come direbbe quel cafone di Della Valle. Siete stati eletti nel 2008 su un programma di riforme liberali da fare il culo ai passeri. Berlusconi si è presentato alle Camere dicendo: mi occuperò solo di crescita economica e sviluppo, perché quello è il nostro problema, poi si è dovuto occupare dei mozzorecchi autori della campagna che lo ha assediato da Casoria al caso Ruby, determinando per colpa dei suoi arcinemici e anche sua personale una situazione surreale, il capo del governo che fa a tempo più che parziale l'imputato.

Leggi Tremonti fa il vago, ma il Cav. vuole riscrivergli il decreto sviluppo di Salvatore Merlo

    Cari Berlusconi, Tremonti, Cicchitto e varia nobile gente del governo: ora basta, come direbbe quel cafone di Della Valle. Siete stati eletti nel 2008 su un programma di riforme liberali da fare il culo ai passeri. Berlusconi si è presentato alle Camere dicendo: mi occuperò solo di crescita economica e sviluppo, perché quello è il nostro problema, poi si è dovuto occupare dei mozzorecchi autori della campagna che lo ha assediato da Casoria al caso Ruby, determinando per colpa dei suoi arcinemici e anche sua personale una situazione surreale, il capo del governo che fa a tempo più che parziale l'imputato.

    Tremonti, che è un tributarista geniale e insieme un bambino capriccioso e un colossale imbroglione (ovviamente in senso politico e intellettuale, io un mozzorecchi non sono) si è messo a fare il ragioniere generale dello stato, un micragnoso necessario alle casse pubbliche ma indisponibile a vedere al di là del suo naso, e ha coltivato la propria immagine di establishment internazionale e vaticana fingendo di prendere la bellissima Caritas in veritate come un programma antimercatista di governo, aspettando che il boccino gli cadesse in mano per porno-consunzione del suo principale (che furba illusione). E a parte Brunetta, Galan, Sacconi, Maroni e pochi altri, ci avete fatto passare tutti un'estate da lupi intrisa di menzogna e manovre.

    L'Italia non è in ginocchio. Il mondo non sta bruciando. Avete assunto il paradigma, parola difficile che si traduce in “modo di vedere le cose”, dei vostri peggiori avversari, i catastrofisti e i declinisti che peccano di gola e spargono fango per ambizione politica e di potere. Ci sono problemi e turbolenze per quanto ci riguarda risolvibili. Se le altisonanti agenzie di rating declassano maliziosamente, i mercati se ne infischiano, sono volatili come sempre nelle crisi finanziarie, speculano nel gran teatro del circuito mediatico-finanziario. E poi ricominciano a mordere. Il debito pubblico è sostenibile: siamo in grado di pagare gli interessi e abbiamo un avanzo primario (la differenza positiva tra incassi e spese al netto del servizio del debito) da primi della classe, consistente; c'è grasso che cola ovunque perché la pressione fiscale è alta, ma le tasse le pagano in pochi e il pil è sottovalutato essendo in campo un'economia in nero, la vecchia arte di arrangiarsi, di portata eccezionale; la patrimonializzazione privata del paese iper-risparmiatore è da repubblica dell'abbondanza, e non parliamo della ricchezza pubblica immobiliare e di servizi e degli enti locali che è una bonanza non da cartolarizzare ma da privatizzare d'urgenza liberalizzando le regole che permettono di metterla a reddito.

    Le cose suggerite dalla Banca di Francoforte bisogna farle, in parte le state facendo, e anche il parecchio sobbollito Bersani dice di essere d'accordo. Ma tra le cose suggerite c'è quella decisiva: manca mobilità sociale, tutto si precarizza, in pochi producono ricchezza in un paese di gente come noi, che va in pensione in media a 58 anni, contro i 67 in prospettiva dei concorrenti, che non sa fare politiche per la natalità dissuasive dell'odio verso famiglia e nascite (altro che quoziente familiare, cari vescovoni, caro Ruini), un paese di immigrazione in cui non si trovano panettieri in Abruzzo e mille altri mestieri sono rifiutati dopo cicli scolastici ridicoli e incapaci di introdurre al lavoro e alla cultura i ragazzi. Siamo insomma il paese che scambia la coesione sociale con un colloso compromesso semisecolare tra sindacati classisti e massimalisti (quelli aziendalisti seguono a ruota, purtroppo) e burocrazie confindustriali che si alleano con loro per fottere chi vuole investire e produrre come Marchionne, e azzannare il governo che introduce la libertà di lavorare e produrre con l'articolo 8 benedetto della manovra.

    Basta di romperci i maroni col debito, di fare il verso ai declinisti da talk show, agli scarpari di talento che si mettono sulla ruota degli aspiranti monopolisti delle Ferrovie (pronti a vendere alla Francia binari, vagoni e carrozze ristorante). Fate la voce grossa in Europa, spiegate alle banche francesi e tedesche piene di titoli greci, al contrario delle nostre protette dalla cultura dei banchieri alla Fazio (naturalmente intrappolati dalla giustizia faziosa) che siamo esportatori, e fuori dall'euro, se proprio i banchieri di Francoforte non si convincono a fare da prestatori di ultima istanza, come chiede il Nobel liberal Krugman, sapremmo starci benissimo.

    Berlusconi la smetta di essere di cattivo umore, ritrovi tutto il suo talento, affronti il contraddittorio, si scusi per le cazzate che ha fatto, e contrattacchi su tutta la linea. Non sarà quella preside arcigna con i capelli rossi, addirittura indignata per le intercettazioni e la vasta attività di spionaggio da lei disposta fra gli applausi dei giornali che le pubblicano, a spiantare l'Italia nata nel marzo del 1994. Mi piace la plastica come alla Santanchè, ma voglio vedere Berlusconi a Ballarò, che spiega la realtà, la verità dell'economia italiana a quella platea indottrinata con abilità da un Floris e dai suoi esperti di sondaggi, voglio il contraddittorio, l'appoggio determinato a Marchionne (e chissenefrega se il padronato molle lo detesta perché gli scombina i giochi), voglio una battaglia per fare la round table degli industriali seri, che non vogliono più pagare le tasse alla Confindustria corporativa e consociativa.

    Questo voglio, questo vogliamo molti di noi del Foglio, gente di destra e di sinistra che non accetta si esca dal berlusconismo in un clima di menzogna e di turlupinatura del paese. Se fate così riavrete con voi, dopo un decreto-sviluppo rivoluzionario, fatto senza e contro l'ausilio dei tecnocrati buoni a nulla, quella parte dell'Italia che è capace di sostenervi di qui al 2013, referendum o no, mattarellum o porcellum, chissenefrega. Se no, senza sangue di tigre e bistecche di leone, si avvicina una fine ingloriosa.

    Leggi Tremonti fa il vago, ma il Cav. vuole riscrivergli il decreto sviluppo di Salvatore Merlo

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.