"Lunga vita a voi e a me"
Si fanno strada tra porchette, magliette contro il Trota e acque naturizzate i trolley degli ultimi trafelati partecipanti di Atreju, la festa dei giovani pdl. Sono napoletani, sono in ritardo e sono arrivati per sentire il premier. Di fronte alle porte chiuse dubitano (“magari non viene”), si sbracciano (“fateci entrare”), subito redarguiti da un collega romano (“c'è posto per tutti, e il premier è sempre venuto”). Il posto c'è, in effetti, come fa notare un Cav. in versione direttore di scena a Canale 5.
Si fanno strada tra porchette, magliette contro il Trota e acque naturizzate i trolley degli ultimi trafelati partecipanti di Atreju, la festa dei giovani pdl. Sono napoletani, sono in ritardo e sono arrivati per sentire il premier. Di fronte alle porte chiuse dubitano (“magari non viene”), si sbracciano (“fateci entrare”), subito redarguiti da un collega romano (“c'è posto per tutti, e il premier è sempre venuto”). Il posto c'è, in effetti, come fa notare un Cav. in versione direttore di scena a Canale 5 non appena sale sul palco – che cosa fate lassù appollaiati e accalcati, dice, accomodatevi ai lati. Poi Annagrazia Calabria, più cavaliere del Cav., lo loda per aver salvato il paese dai comunisti. Ma al Cav. basta molto meno (“ogni tanto ho bisogno di vedere una prima pagina come voi, fa bene al cuore”). Ed è un Cav. grato e didattico, quello che si presenta alla platea di magliette nere e dorate (a un certo punto un organizzatore le lancia tra il pubblico, ed è come il grembiule a scuola: livellamento di mise un po' troppo eleganti o al contrario troppo dimesse per l'occasione). Ce l'ha con le lungaggini di ogni ordine e grado, il Cav. improvvisamente “ottimista” dopo il mese del lungo silenzio, e lo si capisce dalla precisione certosina con cui illustra la sua visione del processo legislativo (ecco queste leggi che ci mettono “diciotto mesi” a passare qui e lì, Camera e Senato, cambia e vota, cambia e vota, e se all'inizio sono “focosi destrieri purosangue” alla fine si riducono a “ippopotami” che conservano del destriero iniziale solo la comune radice “ippo”.
I ragazzi applaudono il lungo racconto su manovra e Bce, e se uno si distrae un attimo ritrova il Cav. in pieno profluvio di aneddoti europei. Personaggi e interpreti: le banche, i burocrati, il Cav. stesso che parla con questo e con quello. “Non c'è tecnico del mondo che potesse fare di meglio”, dice un premier orgoglioso di aver fatto soltanto “tre giorni di ferie” per cavare i piedi dalla manovra, e non importa se a quel punto un fotografo dice “beato te”, perché il racconto della giornata festiva di lavoro ad Arcore, con “cucina sana e prezzi modici” attrae gli astanti come fosse davvero il depliant dell'agenzia.
Forse ci ha preso gusto, con il revival dei toni pubblicitario-televisivi degli esordi, il Cav. in visita ai “suoi” giovani, perché al momento di salutarli sembra divertirsi a fare il verso a Vanna Marchi: “Lunga vita a voi e anche a me, e ricordate che la medicina rende possibile vivere fino a centovent'anni, approfittatene”. In mezzo, tra Annagrazia Calabria che, comunisti a parte, si affeziona alla parola “lungimiranza” (la dice tre volte, attribuendola al premier) e la discesa del Cav. dal palco, c'è Giorgia Meloni che seriamente parla di debito pubblico (e il Cav. seriamente rincara: non è certo colpa di noi due, se ce lo ritroviamo sul groppone). E ci sono le domande dei ragazzi, vari Guglielmi da Modena e Franceschi da Firenze che dalla manovra non schiodano. Quando è il turno della Libia, il Cav. ha un attimo di nostalgia al pensiero della bella prova dei carabinieri a cavallo (migliori dei cavalieri gheddafiani, al tempo delle visite gheddafiane in Italia), e poi però no, Gheddafi ha risposto in modo inaccettabile alla rivolta, anche se nell'ombra lo stato maggiore libico tramava. Si capisce che la riforma dell'architettura costituzionale assilla il Cav., e però prima c'erano Fini e Casini a far da freno. Si sente impotente, il Cav. intento a spiegare ai giovani il funzionamento di un governo che “non ha poteri” (troppi ne hanno invece i magistrati, dice, e il pubblico pare contento di sentirselo dire).
Giorgia Meloni è costretta a fare il vigile, ma il Cav. non ci sta (“il dono della sintesi ce l'ho dopo le nove di sera”), e da quel momento è botta e risposta fino all'epilogo con contrappasso: la politica caro giovane te la consiglio, sì, ma solo se prima conosci la “trincea” lavorativa. Poi il Cav. scende dal palco di Atreju e stringe al petto la maglietta ricevuta in regalo (con citazione originale di Goffredo Mameli, uno che da giovane ha “lottato” per lasciarci “una terra che potessimo chiamare patria”, dice Meloni, a patto che “i posteri non abbiano a maledirci”). Sorride, il Cav., evita di inciampare come all'arrivo e fa a ritroso i saluti prima di scomparire nel buio. Fuori ad Atreju è già festa, porchette e chiacchiere tra gli arredi da aeroporto.


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