Bossi, hai voluto la bicicletta?

Francesco Vergani

Da Paesana a Montecchio Maggiore non fa lo stesso effetto. Quelli dell'associazione Monviso-Venezia – il capitano è il sottosegretario agli Interni Michelino Davico – promuovono il primo Giro di Padania ciclistico: dal 6 al 10 settembre una breve gara inserita nel calendario internazionale. Prima tappa tra Piemonte e Liguria, la seconda tra Liguria e Lombardia, la terza tra Lombardia ed Emilia, la quarta tra Emilia e Trentino, la quinta tra Trentino e Veneto. E a ogni arrivo baci, applausi, coppa e spumante alla maglia verde capoclassifica.

    Da Paesana a Montecchio Maggiore non fa lo stesso effetto. Quelli dell'associazione Monviso-Venezia – il capitano è il sottosegretario agli Interni Michelino Davico – promuovono il primo Giro di Padania ciclistico: dal 6 al 10 settembre una breve gara inserita nel calendario internazionale. Prima tappa tra Piemonte e Liguria, la seconda tra Liguria e Lombardia, la terza tra Lombardia ed Emilia, la quarta tra Emilia e Trentino, la quinta tra Trentino e Veneto. E a ogni arrivo baci, applausi, coppa e spumante alla maglia verde capoclassifica.

    “Il ciclismo è più popolare del calcio
    e fa conoscere alle persone la propria terra. Un tempo tutti andavamo in bicicletta”. E' stato il pensiero di Umberto Bossi a ispirare la gestione di un evento sportivo (e mediatico, ed economico) da parte di un progetto politico, e non solo le parole semplificatorie di Roberto Calderoli sui calciatori sindacalizzati. Quasi vent'anni di rincorsa di una via sportiva al nazionalismo raggiungono finalmente un primo, modesto obiettivo. L'inseguimento si conclude fuori tempo massimo e sulla soglia della provincia, per giunta infelice. Anche i borgomastri (ma si usa ancora?) nel loro piccolo s'incazzano e bruciano i tagli imposti da Roma, manco a dirlo.

    Era il 1992 e la Lega Nord simpatizzava per il simpatizzante Claudio Chiappucci, varesino. Il sole delle Alpi non sventolava ancora a bordo strada, a favore di vento e di telecamere, alla maniera del leone delle Fiandre e della bandiera basca. Il movimento coltivava sogni e concepiva utopie. I suoi intellettuali teorizzavano l'egemonia culturale-popolare servita tra gli altri dal ciclista campione organico.

    Oggi, più modestamente,
    il Giro di Padania serve la causa della selezione della nazionale italiana in vista dei prossimi Campionati del mondo. E nell'anno terribile del centocinquantenario dell'Unità sfila il tricolore in carica Giovanni Visconti, torinese di nascita, siciliano di famiglia e toscano d'adozione. Uno zingaro, come tutti i corridori. Dunque non si capisce cosa abbiano da eccepire sullo svolgimento di una corsa riconosciuta dagli enti. Per esempio il segretario di Rifondazione Comunista (ma si usa ancora?) Paolo Ferrero e altri contestatori improvvisati pronti all'assalto della carovana. Piuttosto si capisce benissimo la volontà della Lega di tutelare almeno gli interessi dei suoi pensionati. Una parte della sua base immobile aspetterà paziente e distratta il passaggio del Giro, un po' per occupare il tempo, un po' preoccupata per la crisi. Il Giro ferma a Laigueglia e a Salsomaggiore, riparte dalla Malpensa. Il solco del suo tracciato fa riaffiorare qui e là le proverbiali radici del territorio; oltre a un effetto nostalgia connaturato al ciclismo e al suo pubblico, alla Riviera, alle terme e alle sala d'attesa degli aeroporti a settembre, alla figura del vecchio leader accompagnato dal figlio gregario e al suo elettorato. Un tempo tutti andavamo in bicicletta e la sera in via Bellerio.