Dopo la caduta di Tripoli

Il rifugio del colonnello nel sud e i piani degli ex al potere e di Ankara

Redazione

L'avanzata trionfale dei ribelli libici, al terzo giorno dopo la “presa di Tripoli”, s'apre a diversi scenari possibili. Uno  ricorda il caos post invasione in Iraq. Quattro giornalisti italiani – Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere, Domenico Quirico della Stampa e Claudio Monici di Avvenire – sono stati rapinati e sequestrati in mattinata lungo la strada che collega Zawiya a Tripoli, e il loro interprete è stato ucciso.

    L'avanzata trionfale dei ribelli libici, al terzo giorno dopo la “presa di Tripoli”, s'apre a diversi scenari possibili. Uno  ricorda il caos post invasione in Iraq. Quattro giornalisti italiani – Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere, Domenico Quirico della Stampa e Claudio Monici di Avvenire – sono stati rapinati e sequestrati in mattinata lungo la strada che collega Zawiya a Tripoli, e il loro interprete è stato ucciso. Monici ha telefonato alla sua redazione in Italia. I quattro, sono stati chiusi in un appartamento dai rapitori. Sono stati fermati da una banda armata, che poi li ha consegnati alle forze fedeli al colonnello libico. Il console italiano a Bengasi, Guido De Sanctis, dice che i giornalisti sono in un palazzo della capitale, tra il bunker di Bab al Aziziyah e l'hotel Rixos – a provarlo sarebbe il fatto che dall'appartamento si vede un noto centro commerciale di proprietà di Aisha, la figlia di Gheddafi. Secondo De Sanctis, che è riuscito a entrare in contatto con uno dei giornalisti, gli inviati “stanno bene” e “sono stati rifocillati con cibo e acqua” allo scadere del digiuno del Ramadan.

    Le truppe del regime si arroccano in una resistenza tenace: infestano il centro di Tripoli e l'aeroporto e Sirte, la città natale del rais, resiste. Nella capitale, i giornalisti sono stati liberati dall'hotel Rixos, ma i cecchini continuano a sparare dai tetti. Il capo dei ribelli, Mustafa Abdul Jalil, ha messo una taglia di due milioni di dinari sulla testa del rais, che ancora non si trova. In un messaggio audio, Gheddafi ha detto di essere ancora a Tripoli e di aver passeggiato in incognito per le vie della capitale, nella mattinata di mercoledì. Ora che anche il suo bunker di Bab al Aziziyah è caduto, però, è probabile che il rais voglia spostarsi verso sud, verso la regione desertica del Fezzan, nel sud della Libia, la sua roccaforte più solida, la zona del paese che  deve di più a Gheddafi. E' grazie alle nuove strade e alle massicce opere di irrigazione, tra cui il Grande fiume artificiale, l'acquedotto più grande al mondo, se la popolazione, da sempre costretta nelle oasi, ha potuto godere di un benessere che non fosse legato soltanto al petrolio, presente nel nord della regione.

    Il rais, nel Fezzan, è di casa: ha fatto le scuole superiori a Sabha, la città più importante della regione, e buona parte della sua tribù, originaria della costa, si è spostata in quelle zone. Sabha, dove ora sono di stanza i mercenari arrivati da Nigeria e Ciad, era al centro del programma nucleare sviluppato da Gheddafi. Le velleità atomiche sono state abbandonate, ma le strutture militari, con tanto di base dell'aviazione, restano ancora operative. Nel Fezzan, i disordini anti regime sono stati minimi, rispetto al resto della nazione. Martedì il colonnello ribelle Ahmad Bani ha detto che “Sabha sarà l'ultima roccaforte del rais, ma con l'aiuto degli abitanti la città cadrà, come già Bengasi, Misurata e Tripoli”.