Non solo panciotti e papillon. Ecco perché piace tanto Boardwalk Empire

Federico Tarquini

Se siete amanti dei panciotti e soffrite al pensiero che questo nobile indumento sia ostentato in tv solamente da Philippe Daverio, non potete perdere il serial Boardwalk Empire. In esso, oltre al suddetto capo, si fa un uso sapiente di gilet, papillon, orologi da taschino, bretelle e cappelli borsalino che danno ai personaggi della serie un'allure perfetta per ritrarre fedelmente il periodo storico – quello del proibizionismo – in cui si svolge la trama, oltre che per alimentare la ribalta di un dandismo oramai neanche troppo sotterraneo al costume corrente.

    Se siete amanti dei panciotti e soffrite al pensiero che questo nobile indumento sia ostentato in tv solamente da Philippe Daverio, non potete perdere il serial Boardwalk Empire. In esso, oltre al suddetto capo, si fa un uso sapiente di gilet, papillon, orologi da taschino, bretelle e cappelli borsalino che danno ai personaggi della serie un'allure perfetta per ritrarre fedelmente il periodo storico – quello del proibizionismo – in cui si svolge la trama, oltre che per alimentare la ribalta di un dandismo oramai neanche troppo sotterraneo al costume corrente.

    Sarebbe però ingeneroso limitarsi alle capacità dei sarti e dei costumisti per descrivere uno dei prodotti di punta dell'industria televisiva statunitense che, come spesso accade in questi casi, ha già fatto il pieno di premi e riconoscimenti, e che annovera tra le sue fila nomi di primissimo livello. Boardwalk Empire è infatti prodotto da Martin Scorsese, autentico mostro sacro del genere gangster-movie, e interpretato da uno degli attori più apprezzati del cinema americano come Steve Buscemi.

    La prima e unica stagione fin qui prodotta,
    attualmente in replica su Sky (chi se la fosse persa non deve assolutamente mancare quest'occasione), narra l'intreccio di malaffare e politica che, all'indomani della prima guerra mondiale, caratterizzò la vita di Atlantic City. Le storie contenute nelle dodici puntate ruotano intorno alla figura di Enoch "Nucky" Thompson, il personaggio interpretato da Buscemi, scorrendo senza grandi impedimenti e colpi di scena. C'è una netta differenza rispetto allo stile narrativo in voga in altri prodotti televisivi di questo tipo, in cui la sceneggiatura è la sede delle maggiori sperimentazioni. La serie, quindi, si offre generosamente al grande pubblico. A quello che una critica d'antan, con fremente snobismo, definiva “telespettatore medio”, il quale, vista la semplicità della trama, può persino permettersi di seguire distrattamente le avventure di Nucky Thompson e dei suoi galoppini senza perdere il senso degli eventi che si succedono tra mazzette, omicidi e fiumi di Canadian Whisky.

    Ciò avviene per un motivo molto semplice, ma da non sottovalutare: gli interpreti sono tutti annoverabili nella categoria del “cattivo”. Boardwalk Empire, anche a costo di iniettare nella trama ingenti dosi di cinismo, sembra voler dire che chi è più forte, scaltro, ricco, violento e cattivo vince; a chi non lo è non resta che soccombere o sottomettersi alla legge del più potente. In questo senso, facendo riferimento a un serial nostrano di grande successo, i cattivi del Boardwalk assomigliano ai personaggi di Romanzo Criminale, anche se, purtroppo per loro, non potranno mai raggiungerli in quanto a piacionaggine. Figurarsi Buscemi che si rivolge ai suoi al motto di: “Piamose Atlantic City”.
    Nel serial, comunque, sono proposte figure che al fondo del loro carattere demoniaco sono capaci di provare nobili sentimenti e di manifestare le proprie debolezze. Così tra i tanti personaggi storici che la serie mostra troviamo anche un Al Capone alle prime armi, goffo e con un figlio sordo, e un Lucky Luciano con imbarazzanti problemi di erezione.

    Che i prodotti cinematografici
    e televisivi statunitensi tornino spesso sul proibizionismo non è casuale. Gli americani, rispetto agli europei, grazie a cinema e tv hanno maturato un maggior grado di serenità nei confronti del loro passato. E' la libertà di “mettere in scena” anche le zone più oscure della propria storia, senza rischiare il lettino di una seduta psichiatrica di massa. Una consapevolezza che gli permette di accettare aspetti non propriamente nobili ed edificanti del loro carattere nazionale. E forse tutto ciò accade perché il grande pubblico d'oltreoceano, prima di addormentarsi, preferisce di gran lunga sintonizzarsi sulla HBO che leggere un libro di Kant.