Montanelli, un giornalista e un tipaccio dalla schiena curva

Giuliano Ferrara

Di Montanelli, dieci anni dopo la morte, sono stati archiviati la vita e i diari che la raccontano. Dettagli di una certa importanza in una disputa ereditaria che eccelle in banalità e impostura. Il portamento dell'uomo era eretto, un fuso, ma la schiena professionale di Montanelli era curva, flessuosa. Il tipo non si sarebbe mai permesso di moraleggiare senza ironia, di sottomettersi alle convenzioni dell'opinione, salvo che per cinismo, l'esibito e bel cinismo delle migliori figure pubbliche del Novecento.

    Di Montanelli, dieci anni dopo la morte, sono stati archiviati la vita e i diari che la raccontano. Dettagli di una certa importanza in una disputa ereditaria che eccelle in banalità e impostura. Il portamento dell'uomo era eretto, un fuso, ma la schiena professionale di Montanelli era curva, flessuosa. Il tipo non si sarebbe mai permesso di moraleggiare senza ironia, di sottomettersi alle convenzioni dell'opinione, salvo che per cinismo, l'esibito e bel cinismo delle migliori figure pubbliche del Novecento. Ospitava un cuore diviso, una bella depressione a fasi alterne, un amore scontroso per la vita, un gusto del contraddirsi con astuzia e del sottrarsi con agio (e qualche futilità narcisistica) ai doverismi oggi imperanti, nel sacro nome del suo proprio Io che non avrebbe mai letto per intero un articolo della Spinelli o di Zagrebelsky.

    Il diario della sua vita parla da solo
    , è la testimonianza che inchioda alla loro irrilevanza le mascherine professionali che sgomitano nella società civile piccola piccola di oggi. Montanelli frequentava quasi esclusivamente politici e imprenditori e boiardi di stato, era sempre in cerca di pubblicità e capitali per il suo giornale, sempre in attesa di mezze verità e di menzogne da interpretare, sempre alla rincorsa di personalità e caratteri obliqui e forti, che scarseggiavano anche ai suoi tempi. La pulizia di quelli che si lambiccano l'etica e il cervello l'annoiava a morte. Cercava la compagnia dei mascalzoni, dei mediatori, dei lobbisti di tutte le risme, degli anticomunisti professionali suoi fratelli, coltivava con serena ferocia un cumulo di pregiudizi figli della guerra e della guerra fredda, sapeva fissare il punto di congiunzione tra bene e male con la rara perizia del grande opportunista. Qui stanno tutti a far finta di non conoscere Bisignani, questi miserabili agnellini della casta mediatico-giudiziaria, Montanelli confessa due incontri segreti e produttivi con Gelli, racconta con piglio e coinvolgimento personale storie che oggi sarebbero rubricate dai suoi presunti eredi in una lista di reati da mattinale di polizia, dall'abuso d'ufficio alla concussione all'estorsione al voto di scambio, storie di intreccio tra politica e stampa che i conflitti di interesse di Berlusconi e di Murdoch al confronto fanno sorridere.

    I diari di Montanelli, archiviati
    e dimenticati subito dopo la loro pubblicazione da Rizzoli, sono le intercettazioni che mancano alla catena dell'ovrismo nazionale. C'è il giornalista che fa politica senza dirlo, che tratta in privato chi ha il denaro e il potere come il suo reale padrone mentre affetta disinvoltura e indipendenza di giudizio in pubblico; c'è un uomo vero, sapido, realista, duro e severo nel rapporto con la politica, ma consapevole del fatto che il legno storto non ha la schiena perfettamente dritta, non può averla, tantomeno in un mestiere da gran bordello libertario come quello di vendere informazioni e commenti in società di mercato. Consiglio di leggere questi testi, sono encomiabili dimostrazioni di sincerità, una censura preventiva ai sepolcri imbiancati che celebrano i dieci anni dalla morte di Montanelli con la costruzione di una statua di cera, di un profilo molle e fittizio, là dove si produssero e rifletterono i migliori drammi della vita di un secolo perfettamente ignobile.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.