L'AULA DEL DISONORE
Certe vergogne non si commentano. Qui abbiamo fatto una leale e documentata battaglia contro l'autorizzazione all'arresto del senatore Alberto Tedesco, e ci felicitiamo con il Senato con la stessa energia che ci spinge a considerare infame il voto, un voto politico, un voto di scambio tra coscienza e interesse, con il quale i deputati hanno disonorato l'istituzione che abitano consegnando alle voglie manettare della procura e del tribunale di Napoli un componente del loro plenum, l'onorevole Alfonso Papa.
Leggi Manette pazze. Un ceto politico senza capo né coda si consegna all'inclemenza dei pm - Leggi Su Papa (in galera) e Tedesco (salvo) si giocano i destini del Cav. e di Bossi - Leggi Per Violante (Pd) si sta chiudendo un ciclo ventennale, e non è detto che il futuro sarà dei magistrati
Certe vergogne non si commentano. Qui abbiamo fatto una leale e documentata battaglia contro l'autorizzazione all'arresto del senatore Alberto Tedesco, e ci felicitiamo con il Senato con la stessa energia che ci spinge a considerare infame il voto, un voto politico, un voto di scambio tra coscienza e interesse, con il quale i deputati hanno disonorato l'istituzione che abitano consegnando alle voglie manettare della procura e del tribunale di Napoli un componente del loro plenum, l'onorevole Alfonso Papa.
Dalle circostanze emergenti nell'indagine a suo carico, questo magistrato in licenza premio nel palazzo della politica appare come un cattivo soggetto, una personalità di ambizioni dubbie, proclive a bassi servizi e a pratiche illegali, peraltro parecchio diffuse (non è l'unico uomo pubblico, dentro e fuori il parlamento, a fare lobby, a usare in modo illegale informazioni in suo possesso, a consumare il proprio tempo in un contesto banale di piccola corruttela). Ma Papa, oltre che un indagato titolare della costituzionale presunzione di innocenza, è un deputato della Repubblica, e i deputati che nella sua storia la Camera ha consegnato alla galera, giusta o sbagliata che fosse la loro scelta, erano finora quattro. Erano tutti legati alla stagione più dura della guerra fredda, a presunti reati contro la sicurezza dello stato, in un contesto di guerra civile strisciante che è stato caratteristico delle vicende del partigiano comunista Moranino, dei parlamentari neofascisti accusati di gravi delitti contro la persona e del fuggiasco capo dell'autonomia operaia Toni Negri. La decisione di ieri della Camera ha questo solo significato, peraltro contraddetto dal voto contrario del Senato: dobbiamo dare in pasto all'opinione pubblica eccitata dal circuito mediatico-giudiziario, in una specie di ordalia tribale mascherata da libertà di coscienza, uno dei nostri, un quaquaraquà sacrificale.
Papa poteva e doveva essere processato per gli indizi di reato che lo riguardano, ma la galera preventiva a un deputato è stata votata come simbolo della capacità del parlamento di partecipare al banchetto della giustizia sommaria. Un codardo oltraggio, perpetrato per la gola, alla dignità dell'istituzione elettiva alla quale l'onorevole Papa appartiene per unzione democratica. E un gesto di sottomissione al partito dei giudici, alla sua logica militante e antigiuridica, la stessa che portò il pool di Milano, nel fatale 1994, ad appellarsi in tv al popolo contro il decreto Biondi del primo governo Berlusconi; e a farlo con il formidabile argomento, costituzionalmente eretico, secondo il quale la carcerazione preventiva era il loro specifico mezzo di indagine. Bobo Maroni fu allora dalla loro parte, e dispiace che un buon ministro dell'Interno, per motivazioni di bottega poco persuasive, si sia ricollocato dalla stessa parte quasi vent'anni dopo. Senza capire, come aveva capito il fragile e tentennante Bossi, che se la Lega tornasse al cappio, tutto il suo progetto politico ambizioso di partito di governo e di riforma verrebbe ridotto in stracci, e il suo destino si delineerebbe quello di una lobby protestataria, il megafono piccolo piccolo del rancore sociale sposato all'incultura e al fanatismo sollecitati da media e magistrati d'assalto.
Bersani, subito circondato da un'altra inchiesta “condizionante”, che passa dal caso del suo consulente politico Pronzato a un valoroso faticatore della sinistra milanese, quel Penati che ha guidato la campagna per eleggerlo segretario del Pd e ora è sotto schiaffo per vecchie storie di Sesto San Giovanni, ha detto che si è incrinata la maggioranza. Stupidaggine politica insigne. Questo voto scandaloso non riguarda maggioranza o minoranza, correnti e interessi piccini di piccola officina politicante, velleità e altre miserie personali, riguarda la questione centrale della nostra democrazia dopo la crisi della Repubblica e a quasi due decenni dall'inizio della transizione: la definizione di una rigorosa autonomia del potere politico dalle ambizioni militanti del partito mediatico-giudiziario. Una Camera che si consegna mani e piedi a Henry John Woodcock ratifica la sua irrilevanza e merita di sopravvivere nell'ignavia.
Leggi Per Violante (Pd) si sta chiudendo un ciclo ventennale, e non è detto che il futuro sarà dei magistrati - Leggi Su Papa (in galera) e Tedesco (salvo) si giocano i destini del Cav. e di Bossi - Leggi Manette pazze. Un ceto politico senza capo né coda si consegna all'inclemenza dei pm - Leggi il Riempitivo di Pietrangelo Buttafuoco - Leggi l'Andrea's Version


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
