Perché la Coppa America è così noiosa?

Maurizio Stefanini

La pessima figura delle squadre latino-americane agli ultimi mondiali, la parabola del River Plate, squadra leggenda del calcio argentino, che è finito per la prima volta in serie B dopo 110 di storia e trentatré scudetti, la Copa América che sta facendo sbadigliare… Lo ripetono in tanti: il calcio latino-americano non è più come una volta. Paradossalmente, dopo decenni in cui il fútbol era quasi l'unica cosa a livelli di eccellenza in una regione sottosviluppata, è entrato in crisi proprio nel momento di un boom economico di notevoli proporzioni.

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    La pessima figura delle squadre latino-americane agli ultimi mondiali, la parabola del River Plate, squadra leggenda del calcio argentino, che è finito per la prima volta in serie B dopo 110 di storia e trentatré scudetti, la Copa América che sta facendo sbadigliare… Lo ripetono in tanti: il calcio latino-americano non è più come una volta. Paradossalmente, dopo decenni in cui il fútbol era quasi l'unica cosa a livelli di eccellenza in una regione sottosviluppata, è entrato in crisi proprio nel momento di un boom economico di notevoli proporzioni. Sul fenomeno arriva ora un'analisi di “América Economia”, prestigiosa rivista cilena che è una delle principali bussole per chi vuole comprendere le realtà della regione. La sua sorprendente conclusione è su tre concause, che in gran parte vanno in opposta tendenza rispetto alle accuse correnti mosse ai manager del calcio italiano ed europeo.

    Come ricorda América Economia, il disastro del River Plate non è un caso isolato. Anche in Cile ci sono stati i fallimenti del Colo-Colo e dell'Universidad de Chile; in Colombia diversi club hanno avuto problemi finanziari e amministrativi; in Perù nel 2010 metà dei club di Prima Divisione si è dovuto dichiarare in crisi. Il primo problema indicato è appunto nella mancanza di un management professionale. I dirigenti avrebbero un approccio dilettantistico, da cui la sistematica attitudine a farsi fregare quando trattano con professionisti su questioni come i diritti televisivi, gli sponsor o la pubblicità.

    Da ciò deriva un secondo problema: le finanze dei club non dipendono in primo luogo dai diritti televisivi come avviene ormai in tutta Europa, ma dalla vendita di calciatori. Un'osservazione particolarmente interessante, proprio perché da noi è diventato quasi un luogo comune ripetere che i diritti tv "stanno uccidendo il calcio": calendari lunghissimi, orari assurdi, misure di controllo che fanno sparire gli spettatori dagli spalti e concentrano il potere calcistico nei club più danarosi.

    Eppure, secondo Amèrica Economia, non aver fatto questo passo ha esposto i club latino-americani a un destino peggiore. I giocatori migliori vanno infatti regolarmente in Europa, depauperando i vivai in modo irreparabile. Gli analisti latino-americani ripetono orgogliosi che la novità dell'attuale boom economico regionale è che per la prima avviene appunto in concomitanza con la recessione di nord America e Europa. Verissimo: è stata la domanda cinese a pompare l'export. Ma questa domanda non si estende ancora ai talenti pallonari. D'altra parte, neanche il marchandising e la pubblicità rendono in modo adeguato. E così i club si indebitano sempre più.

    A peggiorare la situazione c'è il fatto che i club sportivi latino-americani non sono istituiti come società a fini di lucro. E' facile ricordare tutte le polemiche sul decreto Veltroni che nel 1996 ha consentito alle società sportive il fine di lucro: a questa normativa erano stati imputati i fallimenti a catena che hanno costretto squadre gloriose a ripartire dalle serie minori, quando non a sparire completamente. Ma a quanto pare, anche il restare senza fine di lucro può creare problemi analoghi.

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