Il cocktail di tagli e tasse

Così i poteri forti leggono la manovra tremontiana difesa da tutto il governo

Redazione

C'è la firma del capo dello stato alla manovra economica del governo. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato il decreto legge per centrare nel 2014 il pareggio di bilancio, come concordato con la Commissione europea. Napolitano ha anche auspicato che in Parlamento ci sia “un confronto aperto”. Una disponibilità accennata ieri anche dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: tutte le modifiche che saranno proposte potranno essere discusse – ha detto Tremonti – purché siano a “saldi invariati”.

    C'è la firma del capo dello stato alla manovra economica del governo. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato il decreto legge per centrare nel 2014 il pareggio di bilancio, come concordato con la Commissione europea. Napolitano ha anche auspicato che in Parlamento ci sia “un confronto aperto”. Una disponibilità accennata ieri anche dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: tutte le modifiche che saranno proposte potranno essere discusse – ha detto Tremonti – purché siano a “saldi invariati”, ossia che nuove eventuali spese siano coperte dalla riduzione di uscite o dall'aumento delle entrate. Finalmente ieri il governo, in una conferenza stampa con i ministri Tremonti, Renato Brunetta (Innovazione), Roberto Calderoli (Semplificazione), Paolo Romani (Sviluppo economico) e Maurizio Sacconi (Lavoro), ha svelato i numeri definitivi della correzione dei conti pubblici: 2 miliardi nel 2011, 6 miliardi nel 2012, 20 nel 2013 e 20 nel 2014. Dunque quarantotto miliardi in quattro anni, secondo le parole di Tremonti. Ma poiché, come ha lasciato intendere il titolare del Tesoro, i 20 miliardi del 2013 sono da considerare strutturali, c'è chi come l'Ansa ha titolato che l'intervento è di 68 miliardi cumulati. Al di là della diatriba, il governo rigetta le critiche delle opposizioni e di una parte degli osservatori secondo cui il carico dei tagli è stato traslato alla prossima legislatura. Non è vero, ha spiegato Tremonti, perché la correzione pluriennale è in un decreto e ci presenteremo alle elezioni del 2013 con un programma incardinato già in un provvedimento legislativo. La novità, comunque, è che 15 miliardi di risparmi di spesa tra il 2013 e il 2015 arriveranno dalla legge delega per la riforma fiscale e assistenziale.

    Una decisione che ha contribuito ad acuire anche i malumori dei comuni, compreso quello di Roma capitanato da Gianni Alemanno, e del Pd, che già paventa tagli alle pensioni di invalidità e al welfare. Le sforbiciate sono indubbie, ma ieri i ministri hanno voluto sottolineare anche le misure favorevoli alla crescita presenti nella manovra, oltre al decreto sviluppo in discussione da tempo in Parlamento e che la maggioranza conta di approvare entro la fine di luglio. Tremonti ha ricordato la norma innovativa sulle reti di imprese e sui distretti turistici a burocrazia zero, i finanziamenti della Cassa depositi e prestiti alle imprese, la liberalizzazione di orari e aperture per i negozi nelle città turistiche la liberalizzazione ulteriore degli uffici di collocamento e quella dei carburanti, oltre al piano per la banda larga dai contorni – dicono gli operatori del settore – ancora poco definiti.

    L'obiettivo principale del pareggio
    del bilancio è condiviso dagli attori economici e finanziari. “Il nostro paese ha bisogno di tagliare la spesa pubblica, di riequilibrare i conti, altrimenti rischia di diventare come la Grecia, anche se non siamo come la Grecia”, ha detto ieri il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. E per dare un messaggio di stabilità e fiducia a investitori e analisti, nei giorni in cui anche il Portogallo subisce smottamenti nel mercato dei bond dopo un allarme di Moody's su Lisbona contestato ieri da Bruxelles, il consigliere delegato di Intesa, Corrado Passera, ha auspicato l'approvazione di “una manovra credibile in tempi brevissimi che tranquillizzi la situazione”.

    Non mancano comunque tra i poteri forti,
    o presunti tali, critiche più o meno palesi. A nome dei banchieri il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, ha chiesto di rivedere l'aggravio Irap per gli istituti di credito e di rimodulare l'incremento dell'imposta di bollo sui depositi di titoli per non incidere sui piccoli risparmiatori. Nel comitato esecutivo dell'Abi tenuto ieri c'era comunque la consapevolezza che l'incremento dell'imposta di bollo possa favorire altri strumenti finanziari come depositi vincolati, conti correnti, fondi comuni di investimento e operazioni in pronti contro termine. Sono chiare anche le lamentele delle compagnie assicurative: il presidente dell'Ania, Fabio Cerchiai, ha stimmatizzato il peso accresciuto dell'Irap sulle aziende del settore. Diversità di vedute nel settore del commercio. I negozianti rappresentati dalla Confcommercio mugugnano per la liberalizzazione propugnata dal ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, apprezzata invece da altre federazioni come Confimprese presieduta da Mario Resca. Si sentono penalizzate le concessionarie autostradali, rappresentate dall'Aiscat capitanata da Fabrizio Palenzona, per una norma sugli ammortamenti finanziari che inciderà su investimenti già pianificati. Mentre la sovrattassa sull'alta velocità non fa felice la Ntv di Luca di Montezemolo.