Mai dire maid

Le cameriere che hanno aspettato Dominique Strauss-Kahn fuori dall'aula del tribunale per dirgli “vergognati” conoscono la differenza fra essere una cameriera e fare la cameriera meglio di Sartre. La mattina di lunedì scorso si sono soltanto travestite da cameriere e invece di andare al lavoro negli alberghi, nelle case e negli uffici di New York sono salite su due pullman del sindacato e sono andate a giudicare con un rito abbreviato e vociante DSK, accusato di essersi spinto oltre le arti della seduzione con una cameriera dell'hotel Sofitel di New York.

    Le cameriere che hanno aspettato Dominique Strauss-Kahn fuori dall'aula del tribunale per dirgli “vergognati” conoscono la differenza fra essere una cameriera e fare la cameriera meglio di Sartre. La mattina di lunedì scorso si sono soltanto travestite da cameriere e invece di andare al lavoro negli alberghi, nelle case e negli uffici di New York sono salite su due pullman del sindacato e sono andate a giudicare con un rito abbreviato e vociante DSK, accusato di essersi spinto oltre le arti della seduzione con una cameriera dell'hotel Sofitel di New York. Prima e dopo che l'imputato si dichiarasse non colpevole davanti al giudice Michael Obus, loro hanno emesso il verdetto della colpevolezza morale gridando come una sol cameriera: “Shame on you!”. Si sono aggrappate alle transenne disposte dalla polizia, hanno pestato i piedi a ritmo, si sono date il braccio come in un corteo di piazza statico, hanno raccontato ai giornalisti la loro solidarietà alla collega Nafissatou Diallo, trentaduenne originaria della Guinea che vive ad Harlem e lavora all'hotel Sofitel. Nei loro inni c'è l'elemento catartico e quello corporativo, un misto fra un coro delle corinzie della Medea e un quadro di Pellizza da Volpedo. Hanno perso due o tre ore di lavoro, a seconda dei turni, ma è il sindacato che ha approvato e organizzato il sit-in, quindi finché l'imputato è in giro c'è licenza di protestare.

    Le divise cambiano a seconda della mansione e della struttura e spesso corrispondono a una certa omogeneità di provenienza. Succede che quelle in azzurro con il reverse stondato bianco candido vengono principalmente da Porto Rico, quelle in marrone Ups dall'Africa occidentale, quelle con la divisa alla francese – la classica nera e bianca ma senza i pizzi da film porno soft – sono del subcontinente asiatico, quelle rosa dei Caraibi. Sono lì per difendere non soltanto una collega che ha denunciato un sopruso grave, ma per solidarietà verso tutta la categoria, vessata di continuo da avance non triviali e violente come quella di cui è accusato DSK , ma ugualmente umilianti. “Ti va di fare dei soldi extra?”, “Cosa fai dopo il lavoro?”, “Mi dai il tuo numero di telefono?”, “Puliamo insieme la stanza?”. Ci sono i classici flirt non verbali: lui che si mette fra lei e la porta della camera; quelli che fingono di non sentire le tre-quattro volte in cui la cameriera bussa alla porta per essere certa che la stanza sia vuota; ci sono quelli che escono nudi dalla doccia, chi, sempre nudo, finge di parlare al telefono o di lavorare al computer con le cuffie, chi dorme con un occhio aperto sperando che lei dopo la sorpresa iniziale manifesti la sua disponibilità con lo sguardo lascivo, come in una clip amatoriale. Parlano soprattutto di “money”. “Chi ha i soldi crede di poter comprare tutto, anche le persone”, dice al Foglio Lena Thompson, cameriera del Plaza. E' con la superiorità del denaro, dice, che la gente come Strauss-Kahn iscrive le cameriere nel registro della schiavitù, le riduce a complementi d'arredo di cui disporre liberamente, nella convinzione che tremila dollari a notte valgano bene una sveltina. Lena si definisce fieramente una “nera americana”, perché “sono nata in America e mi sento americana, anche se le mie origini sono in Africa, come puoi vedere”; e non si tira indietro quando le viene chiesto se la questione razziale c'entra qualcosa con questa storia: “Certo che c'entra. Siamo tornati all'uomo bianco che ci tratta come schiave, è una dinamica che conosciamo molto bene, non c'è motivo di mentire”.
    Non tutte portano volentieri a parole la narrativa del bianco ebreo francese contro la nera musulmana africana, ma il colpo d'occhio di una folla operaia e poliglotta che lincia a parole l'accusato tracotante è l'immagine plastica di una revanche dei colonizzati contro i colonizzatori. E' la fiera metamorfosi delle cameriere da oggetto sessuale a blocco sociale. Manifestano con lo stesso spirito con cui le ateniesi di Aristofane occupano il Parlamento con barbe posticce e mantelli rubati ai mariti; come le donne in Parlamento anche loro vogliono tornare presto al lavoro (Prassagora dà della citrulla a quella che porta con sé fuso e rocchetto per filare durante la seduta. “Ho i bimbi ignudi!”, si giustifica lei) e appena Strauss-Kahn e la moglie, Anne Sinclair, si infilano in una monovolume nera per tornare alla prigione da cinquantamila dollari al mese, tutte si dileguano in fretta. La protesta però non è appannaggio esclusivo del mondo femminile.

    Quando i primi giornalisti sono arrivati davanti alla corte di New York, hanno iniziato a chiedere alle cameriere se fosse soltanto un travestimento; li hanno guardati come un giudice guarderebbe chi gli domandasse se la toga è un omaggio a Zorro. Si pensava all'infiltrazione femminista sotto le mentite spoglie della cameriera e invece a sorpresa ci sono anche uomini, con le loro camicie tagliate dritte sui fianchi, i bottoni a clip e il nome stampigliato sul taschino. Sono anche loro titolati a svergognare DSK, ché non c'è traccia di appelli per il “corpo delle donne” in stile Repubblica. Fra loro si chiamano “sisters and brothers” e in queste settimane stanno vivendo il risveglio di una coscienza di classe.
    John Turchiano, dirigente del New York Hotel Workers' Union (Nyhwu), il più grande sindacato dei lavoratori d'albergo, dice che avrebbero potuto portarne duemila di persone davanti alla corte, altro che duecento. “Non lo abbiamo fatto soltanto perché la polizia ci avrebbe fatto disporre dall'altra parte della strada, mentre noi volevamo essere vicini”. E alla prossima udienza, il 18 luglio, sarete ancora davanti al tribunale? “Scherzi? Certo che ci saremo. E ti dico di più: quando inizierà il processo saremo in aula e tutte le cameriere guarderanno negli occhi Strauss-Kahn. Saranno vestite in borghese questa volta, perché la divisa potrebbe essere un elemento che influenza il processo”.

    La sede del sindacato è una palazzina modesta sull'Ottava, a due isolati dal Sofitel, dove tutto è avvenuto. Ascensore lento, spanglish alle cornette del telefono, un'enorme fotografia dello sciopero generale del 1985 che Lena ammira con la nostalgia negli occhi. “Lunedì non avevo il turno all'albergo, ma sentivo che era giusto andare a manifestare. Ho preso l'autobus alle 5.10 di mattina”. Il caso Strauss-Kahn ha trasformato un generico interesse sindacale in una passione militante che la dirigenza cerca di assecondare in ogni modo. Peter Ward, il presidente, era davanti al tribunale lunedì con un gessato fuori moda e un piedone a penzoloni. Pencolava fra la folla con le stampelle, salutando e incassando complimenti dalle donne in divisa.  “Non siamo noi che abbiamo proposto ai nostri associati di andare”, dice Turchiano, “semplicemente abbiamo accolto le segnalazioni che ci sono arrivate. Tantissime cameriere ci hanno detto: ‘Vogliamo manifestare la nostra solidarietà, vogliamo esserci', e così noi abbiamo semplicemente fatto in modo che potesse succedere”. Quando gli viene chiesto se questo episodio cambierà tutto nella storia del sindacato, non trattiene un sorriso: “Onestamente sì”.

    A New York ci sono circa diecimila cameriere d'albergo. L'85 per cento è iscritto al sindacato (compresa la vittima del caso DSK) che ha negoziato il primo contratto in città nel 1939. Allora le cameriere erano soprattutto italiane ed ebree dell'Europa orientale, mentre oggi il mercato ospita un coacervo plurilingue. Rassettare le camere d'albergo è un buon lavoro per chi arriva negli Stati Uniti senza una prospettiva: non servono competenze particolari e non è obbligatorio conoscere l'inglese. La paga negoziata dal sindacato è di quarantamila dollari netti l'anno, più l'assistenza sanitaria. Ci sono benefit a seconda dell'esperienza e alcune mansioni specifiche retribuite con qualche migliaio di dollari in più. “Mi piace il mio lavoro e in tredici anni che lo faccio sono sempre riuscita a sfamare la mia famiglia”, dice al Foglio Nicole Aigoro, una cameriera caraibica con corti capelli corvini tirati indietro a mo' di cuffia. Sugli abusi degli ospiti si scalda: “Non avevo mai sentito di una violenza a questo livello, ma altri tipi di abusi succedono. Ci sono sempre clienti che vogliono che pulisca la camera mentre loro sono dentro, oppure che tolgono il segnale dalla porta e poi fingono di non sentire quando busso. Di queste storie ne sentiamo tutti i giorni, e la cosa più triste è che i manager dell'albergo stanno sempre dalla loro parte. I clienti credono di poter fare quello che vogliono e mi guardano come un essere inferiore. Ma che cosa crede la gente, che io non abbia dignità? che non abbia ambizioni? che non abbia un'anima?”. Ada Velez è portoricana e lavora all'Hilton sulla Sesta. Racconta di aver ricevuto della avance da un uomo molto insistente: “Per tre giorni di fila mi ha lasciato sul comodino un vestitino sexy e dei soldi. Io non ho detto nulla, ma il quarto giorno, quando se ne stava per andare, è arrivato mentre ero in camera. Mi ha chiesto perché non avevo preso i soldi. Gli ho detto che non ne avevo bisogno e lui mi ha guardata con disprezzo e mi ha invitata ad uscire. A quel punto me ne sono andata e ho chiamato la sicurezza. Il giorno dopo i miei capi mi hanno fatto un'ammonizione scritta”. E perché? “Nell'uscire non avevo chiuso la porta”. Dice che sul lavoro le è capitato di sentire decine di racconti del genere, e anzi è una specie di effetto collaterale da cui tutte le cameriere, specialmente a New York, imparano a difendersi. “Un cliente voleva che una collega pulisse la stanza mentre lui era dentro. Le ha detto di no, che non era tenuta a farlo e non voleva. Allora il giorno dopo l'ha aspettata in camera e non ha risposto quando lei ha bussato per tre volte. Quando è entrata le ha sputato in faccia, soltanto per umiliarla”.

    Sull'onda del caso DSK il consigliere della città Rory Lancman, un democratico del Queens, ha proposto di dotare tutte le cameriere di un dispositivo per avvertire la sicurezza dell'albergo a distanza, una cosa simile a quello negli sportelli delle banche. Non soltanto il Sofitel ha subito accettato la misura, ma anche il Pierre, l'albergo dell'Upper East Side dove il banchiere egiziano Mahmoud Abdel Salam Omar ha tentato di abusare di una cameriera di 44 anni. La dinamica è diversa da quella della suite del Sofitel: Omar le ha chiesto di mettere gli asciugamani sul tavolo e nel frattempo si è messo fisicamente fra lei e la porta, le ha fatto la sua proposta indecente e le ha cinto le spalle senza la violenza tributata al socialista francese, ma con intento altrettanto chiaro. Alla fine le ha chiesto il numero di telefono, ricevendone in cambio uno perfettamente falso. Quando la cameriera ha raccontato l'episodio al manager di turno, lui non le ha creduto e c'è voluto il buonsenso del collega del giorno successivo per far partire la denuncia.

    Nella ritrovata unità militante,
    le cameriere di New York sottolineano la distinzione essenziale fra “maid” e “room attendant”: la prima “fa venire in mente gonnelline corte e pizzi”, dice Turchiano; “è una che fa tutto ciò che le chiedi, ti tira su i figli e anche altro”, dice Lena. Mentre la room attendant è la versione moderna, assistente di camera socialmente emancipata e giustamente retribuita, niente a che vedere con l'immaginario erotico di lei che mostra il reggicalze mentre, arrampicata sulla scala, finge di togliere le ragnatele. “Prima che le hostess degli aerei fossero ribattezzate flight attendant, noi avevamo già adottato la denominazione”, dice Turchiano senza nascondere l'orgoglio. Le cloaca della rete è piena di variazioni più o meno hard sul tema della cameriera; ci sono forum dove sedicenti businessmen danno consigli tecnici per zompare nudi fuori dal bagno e sorprenderla al momento giusto. Ci sono corsi per fingere in modo credibile di aver già abbandonato la stanza mentre in realtà state vendendo al telefono stock option sui mercati asiatici (attività da praticare naturalmente nudi). Ci sono le tecniche più sofisticate tipo un gioco di specchi per l'effetto sorpresa oppure gli armadi aperti e la valigia nascosta sotto il letto per dare l'idea di essersene appena andati. Al momento giusto ci si fa trovare. La cameriera è un catalizzatore di pulsioni che trovano sfogo tanto nell'esibizionismo spicciolo quanto nel grande assalto a scopo di dominio e sopraffazione. Don MacLeod e sua moglie Debra sono una fra le tante coppie che ha scoperto quanto il travestimento da pornocameriera faccia ritrovare gli appetiti perduti; e sono stati così felici della scoperta che ci hanno scritto un libro, intitolato appunto “The French Maid”, per mettere il mondo a parte dei loro segreti. Un'azienda di Sydney, in Australia, offre servizi di cameriere hard in qualunque parte del mondo. Uno va sul sito, sceglie dal catalogo come in un bordello anni Trenta e manda il modulo di richiesta. Possono cucinare, badare ai figli, pulire casa, uscire a cena, andare allo stadio o soltanto a letto. Si può anche scegliere la divisa fra quelle proposte nell'apposito catalogo oppure richiederne una personalizzata con un ragionevole sovrapprezzo. I manager dell'azienda mettono su un aereo la cameriera-squillo e nel giro di qualche ora, massimo un paio di giorni, vi raggiunge ovunque siate. Non c'è da stupirsi se questi imprenditori australiani hanno fatto i soldi: cameriera, donna delle pulizie, inserviente, assistente di camera, chiamatela come volete ma al suo cospetto l'ormone maschile ha un sussulto. E se l'uomo può permetterselo, il sussulto lo compra.

    A New York dopo il caso Strauss-Kahn la storia è un'altra: la grande cameriera s'è mossa. Gira per le strade con ritrovata dignità, manifesta, si fa sentire, condanna senza appello il plutocrate bianco e, come sempre succede nelle rivoluzioni, userà il momento di crisi per uscirne più forte. “Qualcosa sta cambiando”, dicono, quasi attribuendo al socialista francese il merito di una possibile conquista sociale. C'è però un dubbio a cui la grande cameriera (così come le singole cameriere) non riesce a dare il beneficio: e se il plutocrate bianco fosse innocente? Se fosse solo la vittima di un'abile estorsione? Se la fellation non fosse così imposée come la dipinge la collega? “Non è possibile!”, dice Nicole scattando come un serpente che si sente aggredito. “Non aveva idea di chi fosse quell'uomo, non poteva sapere che era un politico importante. E anche se avesse saputo il nome, non le avrebbe detto nulla”. Certo, ma la suite presidenziale al Sofitel è un indizio… “Non è vero! Non conta nulla!”, fa Lena. “Chi lavora nei grandi alberghi sa che le suite più costose sono spesso occupate da clienti che hanno accumulato punti, come per le miglia aeree, e anche Strauss-Kahn era lì per un upgrade. Potrebbero benissimo essere occupate da amici o parenti di qualcuno che spesso per lavoro frequenta un certo hotel e regala il soggiorno nella suite, è un classico”. E poi, attacca la terza baccante, Ada, “lei ha tutti i motivi per dire la verità e nessuno per mentire. Se avesse detto una balla e la beccassero sarebbe totalmente rovinata, marchiata a fuoco, nessuno la prenderebbe in nessun hotel a lavorare e probabilmente in nessun posto in generale. Ha una figlia di quindici anni, una casa da tirare avanti… no, è assurdo che abbia mentito, non ci crederei mai”.
    Turchiano conferma che la linea giustizialista è condivisa all'interno del sindacato al cento per cento: lui merita di marcire in carcere, lei di diventare il simbolo della protesta. Non la lasceranno sola quando andrà a testimoniare in aula, come hanno annunciato i suoi legali e anche alla prossima udienza saranno nella stessa striscia transennata a urlare “Shame on you!” – ormai il nome in codice della battaglia sociale. La cameriera ha preso coscienza di sé e non chiede niente di meno che essere accostata al minatore del Kentucky, alla suffragetta, a Rosa Parks.