Sesso sesso sesso

Umberto Silva

Il dio Eros è davvero onnipresente, lui è il fuoco che muove gli umani; ideologia, economia, religione e tutto il resto sono solo veli pietosi. C'è un sospetto? Sesso. C'è un delitto? Sesso. Un concorso, un ricorso, un soccorso? Sesso, sesso, sesso.

Leggi Separare sessualità e genitalità è solo castrazione. Invece la verginità mi ha regalato un'infinita paternità di Padre Aldo Trento

    Il dio Eros è davvero onnipresente, lui è il fuoco che muove gli umani; ideologia, economia, religione e tutto il resto sono solo veli pietosi. C'è un sospetto? Sesso. C'è un delitto? Sesso. Un concorso, un ricorso, un soccorso? Sesso, sesso, sesso. C'è un papà che torna tardi a casa, un figlio che marina la scuola, una moglie che sta sei ore dal parrucchiere, un appalto che non si sa cosa si appalti, una ragazzina che si mangia le unghie, un re che guarda perplesso i suoi sudditi, un professore di morale che tiene gli occhi bassi, una guerra che scoppia per caso, un'altra guerra che sempre per caso finisce, un tizio che all'improvviso compra cento paia di mutande… Eros, sempre lui, guida la danza e i cessi dei ristoranti e delle discoteche, dei cinema, delle scuole, del catasto traboccano d'indemoniati e ci si gioca carriere presidenziali per una cameriera intanto che il fustigatore di costumi fa la corte al brufoloso lift.

    Signori della Terra una raccomandazione: il sesso estremo, quello che imita lo stupro fidando nella complicità più o meno conscia della partner, è meglio farlo con le signore dell'alta società piuttosto che con le cameriere. Mentre le prime sono smaniose di assaporare il cattivo selvaggio, quest'ultime, abituate ad essere bistrattate in casa e sul lavoro, possono non gradire e prendere male, malissimo, un assalto un po' troppo “nature”. Se le nobildonne bramano i cessi delle stazioni, le cameriere bramano le stanze delle padrone, e, abituate fin da piccine agli smaneggiamenti dei garzoni, sognano principi azzurri dalle ottime maniere, tipo John Elkann o William d'Inghilterra. Insomma, prima di sancire l'ignobile reato, a proposito dell'affaire Strauss-Kahn indagherei il malinteso. Quel malentendu che se nel paese di Marivaux, Camus e Lacan è molto apprezzato, assai meno lo è nel paese dove le stelle sono stelle e le strisce strisce. E se fosse un complotto? Sì, ma non di rivali politici o agenti segreti, quanto una congiura di segni e ammicchi, sguardi e parole smozzicate, corpi e passi falsi, una congiura di Eros e di Venere tanto per augurare un buon risveglio a Zeus.

    L'unica scena che farebbe un po' intenerire i duri yankee di frontiera sarebbe la confessione con moglie al fianco, roba da americani ma francesi e italiani preferiscono la morte. Le vere confessioni le fanno alle puttane della circonvallazione che per qualche euro si trovano a psicanalizzare mariti insoddisfatti e sconnessi, che raccontano loro quel che forse un giorno diranno, con meno impeto, allo psicoanalista. Raccontano la solita storia: le mogli sono noiose e a letto fanno pena quando pure ci stanno, e ben che vada fingono l'orgasmo per farli addormentare contenti. Avete poca fantasia signori mariti, le donne non fingono solo per quieto vivere. Fingono anche perché nell'ingannarvi provano gusto, vi considerano mentecatti e vi mettono e si mettono alla prova; piace loro dimenarsi a vanvera e a volte lo fanno così bene ma così bene che si convincono d'essere bajadere e geishe, tanto brave nel darla a bere al punto di approdare all'orgasmo non per merito del maschio ma per omaggiare la propria maestria. Hanno anche altre occasioni per godere. Ghiaccioli davanti ai loro nerboruti spasimanti, viceversa urlano e si dimenano, fanno la pipì addosso e persino svengono alla sola vista di… un topo, o al contatto di un ragno. Ma ragni e topi sono divinità travestite, gli uomini sono solo uomini e qualcosa di meno.

    D'altro canto, compiendo ataviche vendette, vi sono donne che proprio non vogliono dare piacere al maschio e badano bene a occultare l'orgasmo che controvoglia le investe, occultandolo in un ostinato silenzio, in un rigor mortis che suscita la perplessità, la furia o lo scoramento del partner. Esse tengono strettamente avvinto a sé il piacere loro donato, sicché la sua apparente assenza possa ferire l'orgoglio virile e possibilmente annientarlo.

    Sant'Agostino – a queste faccende dedicò molte pagine delle sue opere, particolarmente nel “De Civitate Dei” – apprezza quest'ultimo femminile comportamento, soprattutto in caso di stupro, sollecitando le dame romane a non dare soddisfazione ai barbari. Che però s'infuriavano e spesso cercavano di farle urlare con metodi ben più cruenti, fino al martirio. L'urlo della donna è l'urlo di vittoria del maschio, il segno tangibile della sua potenza virile; sempre che essa effettivamente ci sia. Tutt'ora regna infatti un segreto di Pulcinella che va sfatato: anche gli uomini fingono, e alla grande. L'orgasmo maschile a volte c'è a volte no, indipendentemente dall'erezione e dall'eiaculazione. Esse possono manifestarsi più che compiutamente, ma il maschio in questione può dal canto suo non avvertire alcun piacere ed emettere lo sperma come l'urina, nella più assoluta indifferenza; che anzi l'urina, quando in eccesso nella vescica, una sensazione di sollievo al momento di uscire la regala. Con sbigottimento, se gli incorre in un isolato episodio, con rassegnazione se l'anorgasmia è la sua triste regola, il maschio assiste alla propria funerea eiaculazione. E' un fenomeno diffusissimo, ma pochi, pochissimi, hanno il coraggio di parlarne; tacciono con le mogli, con i medici, con gli amici, con gli psicoanalisti, tacciono anche con se stessi. Preferiscono sostenere la menzogna che nei secoli ha assegnato ai maschi una specie di diritto al piacere, tanto per mettere in soggezione le femmine, di cui ancora si deride la frigidità.

    Prendete atto, signore – un po' a malincuore ma anche a vostro sollievo, che non è granché giocare con l'infallibile – che la conclamata certezza dell'orgasmo laddove vi sia potente erezione e violenta eiaculazione è una favola e l'uomo, al pari di voi, è in balia dell'inconscio che gli dà se merita e sennò, se lo avverte calcolatore, esibizionista, vile, misero, non gli regala un bel niente. Non solo post coitum animal triste, ma anche prima e durante, soprattutto quando pensa di sapere a cosa va incontro, di governare la riuscita. Ne ha scritto in modo memorabile un esperto come Gabriele D'Annunzio nel suo più istruttivo dei libri, “Il piacere”. Andrea Sperelli allestisce la stanza della seduzione ma il risultato è la malinconia, frutto del déjà vu. Andrea si riscatterà concedendosi un momento di verità con il famoso lapsus: possedendo Maria urlerà il nome di Elena. Per arrivare all'orgasmo occorre audacia, sprezzo del pericolo e apprezzamento della donna, questa sconosciuta, che se si pensa di conoscerla allora non è più coito ma masturbazione.

    La masturbazione è il remedium, direbbe Agostino, la manipolazione attraverso la quale si perviene con facilità all'orgasmo. Nessun rischio d'incontro nella masturbazione, solo allucinazione, un orgasmo sicuro e quindi, nonostante le apparenze, ancor più menzognero. Ricordo quando quindicenne il padre spirituale mi ammonì che gli atti impuri – così allora si chiamavano – comportavano cecità, sordità, mutismo e lesione del midollo spinale, dissuadendomi da tale pratica e spingendomi a soddisfare i miei desideri in modi più perigliosi, tra i quali la castità. Confesso che in un primo momento restai perplesso e in un secondo risi di queste tenebrose parole, ma col tempo sempre più ne intesi la profonda verità. Davvero masturbarsi comporta cecità verso le donne, sordità e mutismo, nonché un effettivo rammollimento della colonna vertebrale, intesa naturalmente come atteggiamento nei confronti della vita. L'anorgasmia discende in linea retta dall'eccesso di masturbazione, una soddisfazione immediata del desiderio senza che tra esso e la sua realizzazione possa insinuarsi quel pensiero che solo le dà sapore e colore. Il piacere occorre meritarselo mettendosi in gioco, abbandonandosi nel corpo e ancor di più nell'anima, con quell'amore per l'altro che tanto differisce dalla brutalità ma anche dall'idealizzazione. Dal profondo sud, dalla maschilista Catania, Brancati ha avuto il coraggio di denunciare tutto ciò: per un eccesso d'idealizzazione il bell'Antonio non riesce a far l'amore con la bellissima Barbara. Il film di Bolognini fornirà un pertinente lieto fine: Mastroianni perde la Cardinale ma mette incinta una spaurita camerierina – sempre loro, le cameriere, il sale e il pepe della terra. Non c'è niente da ridere, così funzionano le cose dell'amore, e così è giusto che funzionino. Non la bellezza del partner provoca il piacere, ma la bellezza di quel desiderio che in ciascuno alberga e che spesso, per viltà o calcolo, viene preservato, nell'avaro timore di consumarlo, quando invece lo si perde proprio perché non lo si dona. Abbandonarsi all'altro per scoprirsi differente da quel che si è sempre pensato, pare un'impresa tropo arrischiata, addirittura imbarazzante o funesta. Quell'altro che si dichiara d'amare, diventa così colui che potrebbe ucciderci e che pertanto va ucciso. Ecco a cosa si riducono il 99 per cento dei cosiddetti incontri amorosi. Eppure, si dirà, certi bruti selvaggi hanno fior di orgasmi! Non sarà che fingono di averli? No, fingono di essere bruti, sono solo selvaggi. E l'orgasmo è dei selvaggi, di coloro che non hanno addomesticato lo sguardo ma sanno apprezzare la novità di un incontro, accogliendo l'occasione a costo di sembrare tanto sessualmente scorretti. Anche questa è castità.

    La castità è tornata di moda per via della discussione sul celibato dei preti cattolici, ma anche come legittima difesa alla miseria erotomanica in voga oggi tra i giovani e i meno giovani. La castità è senz'altro augurabile – perfino quello scemotto del Marchese de Sade aveva inteso che non c'è niente di più benefico alla sessualità – non solo perché a medio termine propizia accoppiamenti ben tessuti dal filo del desiderio, ma perché già di per sé la castità è fonte di grandi piaceri inconsci e quindi divini. Da un po' di tempo vado illustrando quel che è alla base del mio pensiero psicoteologico: Dio è inconscio, è l'inconscio; in tal modo è sempre in noi, assegnando a ciascuno tristezze e gioie a seconda di quel che si combina. Una giustizia più che veloce, contemporanea al fare se non addirittura preventiva, sicché delle nostre pochezze, ancor prima di scientemente progettarle, intimamente ne paghiamo il fio con improvvisi malesseri e persistenti cupezze. Ben venga quindi la castità, che provvede a elargire ai meritevoli una terrena ricompensa senza attendere quella celeste. E' nottetempo che Dio dà il meglio. Ai casti dona l'orgasmico abbandono di sé nella sua forma più assoluta e, oserei dire, casta per l'appunto, senza che l'organo preposto al godimento sia sfiorato dalla carne, né sia stimolato da volgari immagini. Di questo ringraziarono il Cielo i santi eremiti Leonardo di Vandoeuvre e Leonardo di Noblac. Grazie al padre confessore rinunciando alla masturbazione, in giovane età anch'io esperii la giustizia divina. In cambio della mia castità il Buon Dio mi mandò le Uri, senza aspettare che mi presentassi in paradiso. Me le mandò in sogno, tanto più intensamente vive, sensuali, innamorate di me e io di loro, quanto più io ero casto, totalmente casto al punto che alla prima polluzione pensai che quello strano liquido che aveva macchiato il lenzuolo fosse sputo degli angeli. Il Buon Dio mi mandò le attrici allora più in voga, quelle che comparivano in cartelloni dipinti in colori smaglianti: Alida Valli, Jennifer Jones, Lucia Bosè…; una di queste la conobbi anni dopo e le raccontai di come ci eravamo appartati su un sofà durante i funerali di Stalin a Cortina. Rise di cuore, era ancora molto bella. Dio mi mandò alcune ragazzine della scuola di suore accanto alla mia; erano fresche, ridenti e non lesinarono malizie. Mi mandò persino mamma, una sorella e una cugina, nonché un mio compagno di banco che qualche anno dopo morì in un incidente stradale togliendomi dall'imbarazzo di guardarlo negli occhi. Per i parenti ci pensò il mio primo psicoanalista: “Sono maschere, disse, stia tranquillo, non è che lei veramente…”. Mah, sarà vero?

    Coloro che hanno fatto esperienza di polluzioni notturne – tutti, nessuno escluso – sanno quanto questi amplessi risultino memorabili, al punto da oscurare quelli della veglia. Nel sogno infatti non c'è calcolo, non c'è tempo, non c'è paura, ma solo intensità e abbandono infinito. C'è Dio. E' con Lui che ti unisci, preludio all'unione eterna. Naturalmente tutto questo accade se si ha l'audacia e la forza di accettare questi doni divini incondizionatamente, senza sacrificarli al timor di Dio, al timore che Dio sia il Diavolo, in tal modo dannandosi l'anima coi sensi di colpa. Occorre accettare i doni – tali sono anche i sensi di colpa – come un'occasione meravigliosa di esperienza e conoscenza della propria e dell'altrui umana natura, anche e soprattutto se si è preti. Occorre avere avuto esperienza dell'amore carnale e del piacere che esso comporta, per riuscire a capire come sovente possa trascinare all'inferno nonostante le preghiere e i buoni propositi.

    Guai rifiutare i doni divini inchiavardandosi in osceni strumenti quale il famigerato jugum penis, sorta di anello di ferro dentato pronto a provocare dolore al pene in notturna e involontaria erezione. Al fine di interdire l'arrivo dei messaggeri divini si finisce nel sadomasochismo. Il già citato Origene, che si tagliò i testicoli accontentandosi della lettera del Vangelo per evitare l'incontro con Dio, fu giustamente condannato dalla chiesa del tempo, che gli negò il sacerdozio. Per fare i preti ci vogliono i coglioni!

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