I pataccari / 5
Nella cucina dello chef Santoro: specialità campane, “pizzini” e bufale
Michele Santoro, nato a Salerno il 2 luglio 1951. Figlio di ferroviere, era sposato con Sonia, ora lo è con Sanja. Dopo la laurea in Filosofia, scrive per Servire il popolo, da militante maoista, per poi passare alla direzione della Voce della Campania, periodico del Pci locale.
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Michele Santoro, nato a Salerno il 2 luglio 1951. Figlio di ferroviere, era sposato con Sonia, ora lo è con Sanja. Dopo la laurea in Filosofia, scrive per Servire il popolo, da militante maoista, per poi passare alla direzione della Voce della Campania, periodico del Pci locale. Nell'82, dopo una breve parentesi radiofonica, viene assunto in Rai, al Tg3. Nell'87 Santoro, diventato responsabile della redazione culturale del Tg3, inventa il primo talk show frutto della collaborazione tra una testata giornalistica e una rete televisiva, “Samarcanda”. Sono gli anni in cui alla terza rete si viveva “in una sorta di splendido isolamento che ci inebriava”, disse Sandro Curzi, che ha ricordato Santoro come “il più entusiasta e quindi il più ebbro”. Con “Samarcanda”, diceva Curzi, “Santoro ha lavorato fin dall'inizio alla costruzione di una sotto-replica del Tg3. Era insofferente a ogni guida, patologicamente insofferente a ogni cosa che fosse tra sé e il suo pubblico, tra sé e il suo successo”. La conduzione aggressiva di Santoro, nell'informazione spettacolo, funziona: “Samarcanda” arriverà fino al '92, seguita poi dal “Rosso e il nero” e “Tempo reale”.
Nelle sue trasmissioni, Santoro fa scuola, si replica in nuovi santoni che con lui officiano al rito del talk show, nel quale anche l'inerte lamento da mercato può diventare polvere pirica contro il governo, meglio se guidato da Silvio Berlusconi. Perché il disgusto per il nemico, foss'anche un mostro di cartapesta, è la vera forza moltiplicatrice di Santoro: nel '96, il direttore della Rai Enzo Siciliano lo snobba con un “Michele chi?” e lui ne fa il titolo di un libro – mentre sfrutta l'occasione per spostarsi a Mediaset per tre stagioni, con “Moby Dick”, e ritornare più forte di prima, con “Circus”, in prima serata su RaiUno. Il 18 aprile 2002, l'allora premier Silvio Berlusconi, in visita a Sofia, lo accusa di fare “un uso criminoso della televisione pubblica”. Il 31 maggio la Rai cancella “Sciuscià Edizione Straordinaria”. Per Santoro, primatista del martirio ricercato, è l'unzione definitiva a profeta anti Cav. Ricorre alla magistratura, che gli permetterà, nel 2006, di tornare in onda con “Annozero”. Nel frattempo si fa eleggere all'Europarlamento nella lista Uniti nell'Ulivo. Lascerà Bruxelles, dov'era ben messo nella classifica degli assenteisti, giusto un anno e mezzo dopo, nell'ottobre 2005.
Sarà che da un'altra esperienza, la disastrosa parentesi da imprenditore con il ristorante “Furore”, Santoro ha imparato che è meglio attenersi alla propria specialità. E ad “Annozero”, lo chef campano cucina il solito menu, con ingredienti scelti. Nel 2009, trova un nuovo fornitore, Ciancimino Jr., che offre carte di seconda mano, ma d'impatto assicurato.
Lo ospiterà in studio varie volte, ma soltanto dopo l'estate 2009 (cioè da quando “Massimuccio” comincia a fare il nome di Silvio Berlusconi). “Annozero” farà anche da vetrina a “Don Vito” (Feltrinelli), il libro costruito sui “pizzini” (fotocopiati) dell'ex sindaco mafioso di Palermo. Santoro esibisce la sua maieutica fina, fornendo gli appigli giusti per dimostrare, ad esempio, l'esistenza del misterioso regista della trattativa stato-mafia: “In questo telefonino che ci potrebbe dare la conferma dell'esistenza del signor Franco, c'è una memoria ricca di numeri?”, domanda Santoro. “C'è una memoria ricca di numeri in grado di poter risalire a quelle che erano le utenze in mano a questa gente, non solo del signor Franco ma anche a soggetti a lui legati”, risponde “Massimuccio”. “Soggetti istituzionali? – ammicco – Importanti?”. “Sì, istituzionali”. Poco importa che il numero dei misteri abbia condotto i pm soltanto a un autotrasportatore che lamentava da tempo bollette anomale. Come dice Santoro in trasmissione, “a prescindere dagli accertamenti, quello che sta facendo Ciancimino è importante perché ci permette finalmente di vedere la mafia un po' più da vicino”. Non importa se, per farlo, si fa di un pataccaro un idolo mediatico. Per un buon fine – screditare il Cav., ad esempio – si mettono in campo anche materiali di risulta. Perché, insegnava don Vito, “per fare un grosso muro, ci vogliono tanti mattoni”.
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