Perché il “cultural divide” su DSK è più profondo del disgusto per le manette
Ogni dettaglio della vicenda di Dominique Strauss-Kahn ormai sommerge i contorni del caso giudiziario – che domani si arricchisce di una nuova, decisiva udienza – per riempire i vasi non troppo comunicanti fra cultura americana ed europea in fatto di giustizia.
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New York. Ogni dettaglio della vicenda di Dominique Strauss-Kahn ormai sommerge i contorni del caso giudiziario – che domani si arricchisce di una nuova, decisiva udienza – per riempire i vasi non troppo comunicanti fra cultura americana ed europea in fatto di giustizia, morale pubblica e rapporto con il potere. C'è la sordida prigione dove DSK è stato rinchiuso come un criminale comune, il puritanesimo anglosassone, l'“eccezione sessuale”, quella indulgenza sulle vicende di lenzuola che permea la cultura europea del potere, c'è l'egalitarismo “law and order” di una macchina giudiziaria americana che si vanta di perseguire i crimini senza guardare in faccia ai criminali.
La “perp walk” poi, la camminata del colpevole in manette al cospetto del pubblico, è il simbolo supremo di un “cultural divide” che sta facendo ribollire il sangue francese. Ma se la Parigi di Bernard-Henri Lévy è disgustata dall'umiliazione a cui è esposto un suo primus inter pares – per ultimo è arrivato il presidente dell'Ile de France, Jean-Paul Huchon, che ha finanziato un film su un bordello parigino in concorso a Cannes ma si è rifiutato di sfilare sul red carpet in solidarietà all'amico DSK – New York è disgustata dal disgusto di Parigi. Ieri l'editorialista del New York Times Maureen Dowd ha scritto che “chi non è in grado di tenere chiusa la cerniera dei pantaloni non dovrebbe dare lezioni agli altri” e che gli americani dovrebbero essere orgogliosi del suono del tamburo giudiziario che “annuncia che giustizia sarà fatta senza considerare la ricchezza, la classe sociale o i privilegi” dell'imputato. L'arringa garantista di B.-H. Lévy è tramortita da una battuta al veleno: “Almeno non ha citato Dreyfus”.
Dall'altro lato della città, il Wall Street Journal si domanda se l'arresto americano di Strauss-Kahn non rappresenti la fine dell'“eccezione sessuale” francese, di quella penombra che il sistema americano illumina senza riguardi con i fari della legge. Da qui attacca la conversazione del Foglio con Matthew Kaminski, membro del board del Wall Street Journal che ha diretto per tre anni l'ufficio del quotidiano a Parigi: “Anche per noi americani la questione sessuale è molto pruriginosa, praticamente la questione politica del sesso orale l'abbiamo inventata noi con il caso Lewinsky, ma per noi quello, come del resto il caso Strauss-Kahn, ha a che fare soltanto con la legge. Non ci interessa l'aspetto della moralità privata e infatti il caso Clinton è esploso quando si è arrivati alle dichiarazioni sotto giuramento del presidente. E' stata quella la molla, non la sua condotta privata. Onestamente mi sembra assurdo che i francesi pretendano di darci lezioni di moralità”.
Dalla questione del puritanesimo opposto alla nonchalance, Kaminski fa discendere una critica più generale al sistema francese ed europeo: “Nei sistemi giudiziari e morali c'è una differenza più profonda delle reazioni superficiali di questi giorni. Molto sta nell'atteggiamento dei media. Gli americani sono più intrusivi e di conseguenza i politici sono molto più accorti nel trattare le loro faccende private. E' stato il caso Watergate che ha cambiato tutto. Prima, ad esempio, a Washington tutti sapevano che Kennedy puntava qualunque essere femminile si muovesse, ma si chiudeva un occhio. Dopo il terremoto del Watergate tutto è cambiato. In Francia invece i media sono gestiti da una rete di potere che si sovrappone alla classe politica, e così tutti proteggono i loro amici. Una volta Sarkozy, tanto per fare un esempio, si è infuriato per un articolo e ha telefonato all'editore per chiedere di licenziare il giornalista”. Dunque la potenza con cui Parigi protesta contro l'umiliazione di Strauss-Kahn ammanettato e imprigionato come un criminale comune è frutto di una rete di protezione tesa fra giornali e politica? “Non solo”, dice Kaminski, “il fatto è che l'ascesa stessa di Strauss-Kahn è il prodotto di questo sistema. Siamo seri: il suo appetito sessuale era il segreto più noto di Parigi, una sua ex-assistente ha scritto anche un libro che racconta nei dettagli la sua rapacità con le donne e non si limita al fatto privato, ma dice che questo atteggiamento mette a rischio l'istituzione per cui lavora. Lo stesso dice l'economista ungherese con cui ha avuto il famoso affair di Davos. Se Strauss-Kahn però non fosse stato arrestato in America, in un sistema giudiziario perfettibile ma certo non viziato, queste cose non sarebbero venute fuori e lo spalleggiamento fra media e politici sarebbe continuato. Ma, ripeto, è una questione dell'élite: ho una moglie francese e molti amici a Parigi, tutti sono costernati quanto lo sono io. La gente non scende in piazza per difendere l'onorabilità di Strauss-Kahn”.
Poi però c'è la presunzione d'innocenza, ci sono le immagini di un politico di altissimo profilo con la barba di due giorni che viene tradotto in tribunale con le manette, simbolismo troppo forte per una cultura giudiziaria troppo lontana per accettare l'affronto. Ormai anche la Casa Bianca, lo scrigno della saggezza americana, lo tratta come un uomo politicamente morto… “Qui trovo che ci sia un'altra differenza importante. Tutti si sono concentrati sulla ‘perp walk', che capisco possa urtare chi proviene da una cultura giuridica diversa, ma questo è il modo in cui noi trattiamo chi è accusato di un crimine grave. Poi, voglio dire, il capo del Fondo monetario internazionale viene arrestato con l'accusa di stupro su un aereo in procinto di partire da New York: non è certo la camminata in manette che lo fa diventare un caso internazionale”.
E dopo tutto questo spettacolo, cosa succederebbe se Strauss-Kahn riuscisse a provare la sua innocenza? “Questo è quello che trovo interessante del nostro sistema giudiziario”, continua Kaminski, “che è duro e trasparente, ma prevede la riabilitazione pubblica nel caso di un errore giudiziario. Certo, anche se fosse scagionato, Strauss-Kahn dovrebbe in qualche modo rispondere di tutte le altre contestazioni che stanno venendo fuori in questi giorni, ma dal punto di vista legale è tutelato, come tutti”.
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