That win the best - La rubrica del Foglio sul calcio inglese

Il Chelsea è più bollito di Franco Ordine, il City è la squadra di Cruciani

Jack O'Malley

Il self control non è apatia. Lo sa bene Sir Alex Ferguson, il manager sessantanovenne che più ha vinto nella storia del calcio, esultante come un bambino al fischio finale sabato. Sono bastati 36 secondi per dire a tutti che il secondo posto del Chelsea era uno sbaglio, una svista arbitrale, un errore da correggere al più presto. Sterlina più sterlina meno, lo sceicco Mansour ci ha messo 750 milioni per trasformare il Manchester City nell'Udinese, onesta squadra da quarto posto che con quattro spiccioli fa cose che i Citizen se le sognano la notte.

    Il self control non è apatia. Lo sa bene Sir Alex Ferguson, il manager sessantanovenne che più ha vinto nella storia del calcio, esultante come un bambino al fischio finale sabato. Sono bastati 36 secondi per dire a tutti che il secondo posto del Chelsea era uno sbaglio, una svista arbitrale, un errore da correggere al più presto. La penna blu del professor Ferguson sono stati i piedi di Hernandez che, aiutati dai capelli di un inguardabile David Luiz, hanno raccolto il pallone dopo un liscio del difensore dei Blues e segnato l'uno a zero mentre Torres in panchina si stava ancora sistemando la chioma. Lo United ha giocato una partita perfetta e, poiché gli inglesi nel calcio non sono ipocriti, a fine partita non abbiamo sentito quello che voi avete dovuto sorbirvi dopo il derby di Genova (“Hanno giocato meglio loro”, “No, avete meritato voi…”, là dove il sottotesto era “godo come un porco” e “vaffa” al destino): Ferguson ha detto che nel secondo tempo i Red Devils meritavano di farne sei e che ora non ha dubbi sulla conquista del campionato (basta un punto in due partite), e Ancelotti ha detto che se avesse avuto a disposizione undici sostituzioni le avrebbe usate tutte. Abramovich ha sbagliato qualche mossa (l'acquisto di Torres è più inutile della rubrica di Beppe Severgnini che attraversa l'Europa in treno parlando in tedesco su Corriere.it) e la squadra è più bollita di Franco Ordine a “Controcampo”. Ora Ferguson può preparare il capolavoro: battere il circo Barça in finale di Champions.

    Sterlina più sterlina meno, lo sceicco Mansour ci ha messo 750 milioni per trasformare il Manchester City nell'Udinese, onesta squadra da quarto posto che con quattro spiccioli fa cose che i Citizen se le sognano la notte. Se Massimo Moratti ai tempi veniva messo in croce per essere quello dei bidoni comprati male e rinati al Milan dopo essere stati scambiati con Coco e altri suoi simili, bisogna guardare Mansour per capire davvero cosa significa buttare i soldi. Sabato Mancini potrà tutt'al più sottrarsi alla maledizione mourinhana degli zeru tituli andando a vincere la finale di FA Cup contro il Tottenham Hotspur, ma intanto è uscito con le pive nel sacco dal non irresistibile campo dell'Everton (non irresistibile non nel senso ipercorretto con cui lo usano i telecronisti della Rai: quando dicono “non irresistibile” intendono “scarso”, “impresentabile”, ma non possono dirlo, mentre l'Everton è veramente “non irresistibile”). Mancini ha ripetuto il solito copione: va in vantaggio nel primo tempo, poi si rintana come uno scoiattolo che ha appena preso la nocciola e da lì ciascuno inizia a difendere l'esistente come può. Il Mancio era arrabbiato, ma il comandamento del City è: che l'umore dell'allenatore non incida mai sul rendimento della squadra. E' per questo che nonostante i nomi il City è lì a lottare per un posto in Champions per via preliminare, a due o tre galassie di distanza dai cugini dello United. Agli azzurri non rimane che una coppa di consolazione (forse) e il fascino della causa persa (sicuro), genere che credevo piacesse ormai soltanto a Giuseppe Cruciani.