Boom edilizio
Quella casa della Cia ad Abbottabad per tenere d'occhio il vicino Osama
Oltre alla sua, c'era una seconda casa particolare ad Abbottabad. Una casa meno appariscente della fortezza di Osama bin Laden costruita dal nulla nel 2005, occupata da agenti della Cia inviati in Pakistan nel fatidico agosto del 2010, quando l'intelligence americana ha individuato, attraverso il corriere Abu Ahmed al Kuwaiti, la casa dove probabilmente si nascondeva Bin Laden. Il motivo per cui Bin Laden si trovava lì è lo stesso per cui anche gli uomini di Leon Panetta hanno potuto ottenere il loro avamposto in città: Abbottabad non è una roccaforte del terrorismo.
New York. Oltre alla sua, c'era una seconda casa particolare ad Abbottabad. Una casa meno appariscente della fortezza di Osama bin Laden costruita dal nulla nel 2005, occupata da agenti della Cia inviati in Pakistan nel fatidico agosto del 2010, quando l'intelligence americana ha individuato, attraverso il corriere Abu Ahmed al Kuwaiti, la casa dove probabilmente si nascondeva Bin Laden. Il motivo per cui Bin Laden si trovava lì è lo stesso per cui anche gli uomini di Leon Panetta hanno potuto ottenere il loro avamposto in città: Abbottabad non è una roccaforte del terrorismo. Non ha nulla a che vedere con il brulichio fondamentalista di Quetta, Peshawar o Karachi, città in cui l'intelligence americana avrebbe avuto più difficoltà a insediarsi e raccogliere informazioni per mesi senza essere vista dagli occhi di al Qaida o da quelli delle forze di sicurezza del Pakistan.
L'ambiente relativamente tranquillo di Abbottabad – luogo di residenza dei veterani, ma anche città dove i soldati americani addestravano l'esercito di Islamabad – consentiva agli abitanti di entrambe le case di poter svolgere le proprie mansioni con un certo grado di copertura. Bin Laden sapeva che l'occhio della Cia guardava altrove; la Cia sapeva che lo stesso faceva l'occhio pachistano. “Questo era il tallone di Achille di Bin Laden – ha spiegato un ex agente dela Cia – perché chiunque poteva andare ad Abbottabad”. Il Washington Post ha raccontato per primo l'imponente sforzo d'intelligence compiuto dagli americani a pochi passi dalle mura che nascondevano lo sceicco di Riad, una delle operazioni più segrete organizzate dalla Cia negli ultimi decenni. Nei mesi di spionaggio gli agenti hanno usato tutti i mezzi a disposizione del governo per carpire informazioni. I satelliti dall'alto scandagliavano il compound alla ricerca di possibili cunicoli preparati per la fuga, mentre dalla loro casa con i vetri schermati gli agenti scattavano foto con macchine di precisione e cercavano di raccogliere registrazioni a distanza degli abitanti della casa. I tre piani della casa di Bin Laden potevano essere osservati da diverse angolazioni e con relativa facilità l'intelligence è riuscita a ricostruire una planimetria abbastanza dettagliata da ridurre i margini di errore una volta cominciata l'azione.
L'operazione era così sofisticata e costosa che il direttore della Cia ha dovuto chiedere un ulteriore finanziamento al Congresso, roba da decine di milioni di dollari. Nessuno degli agenti è mai riuscito a fotografare direttamente il circospetto Bin Laden, ma le informazioni ambientali raccolte finivano al comando di Langley e da lì ritrasmesse alla base militare di Bagram, in Afghanistan, dove i Navy Seal stavano facendo le prove per il raid. Quando gli elicotteri del “team six” sono arrivati sul compound di Abbottabad, probabilmente gli uomini della Cia scrutavano l'operazione da fuori, perché “il lavoro della Cia era quello di trovare informazioni e preparare” – come ha detto un ufficiale militare al WP – non quello di intervenire. Soltanto al termine dei quaranta minuti decisivi dell'operazione, quando Osama è stato dichiarato “Ekia”, nemico ucciso in combattimento – ieri lo ha ammesso anche al Qaida, minacciando vendetta – gli uomini inviati da Langley sono sgusciati via nella notte chiudendo la seconda casa più famosa di Abbottabad: aveva esaurito il suo scopo.


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