Ospite di stato
Perché il terrorista più ricercato al mondo aveva un rifugio lussuoso in Pakistan?
L'ultimo rifugio di Osama bin Laden non era una caverna sulle montagne che separano il Pakistan dall'Afghanistan – le stesse gole fra le quali gli uomini della Cia e delle squadre speciali hanno cercato per anni il leader di al Qaida e i suoi seguaci più fedeli e pericolosi.
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L'ultimo rifugio di Osama bin Laden non era una caverna sulle montagne che separano il Pakistan dall'Afghanistan – le stesse gole fra le quali gli uomini della Cia e delle squadre speciali hanno cercato per anni il leader di al Qaida e i suoi seguaci più fedeli e pericolosi. Era una casa lussuosa e ben protetta nella città di Abbottabad, una città fortino a cento chilometri da Islamabad.
Il rifugio dell'emiro si trova a poca distanza da un centro dell'esercito e da una delle più prestigiose accademie militari del paese, l'equivalente pachistano di West Point. L'area è per la sua quasi totalità controllata o di proprietà dell'esercito, è lontana dalle zone soggette ai cataclismi che hanno flagellato il Pakistan negli anni scorsi – prima il terremoto, poi le inondazioni – ed è anche lontana dalle zone colpite dagli attentati dei terroristi. La villa è stato costruita nel 2005: e secondo gli analisti americani è stata costruita proprio con lo scopo di ospitare un soggetto importante come Osama. Anzi, è stata proprio l'eccezionalità dell'edificio a confermare i loro sospetti. Muri di recinzione alti fra i quattro e i cinque metri, anche sulla terrazza sopra l'ultimo piano, per garantire il massimo della privacy, nessun collegamento con telefono e Internet da ripovare a intercettare – meglio i corrieri fidati – grandi dimensioni (otto volte più grande della abitazioni nella stessa zona), spazzatura bruciata all'interno e non affidata all'esterno al servizio di nettezza urbana come fa tutta la gente del posto.
Steve Coll, scrittore di una biografia della famiglia Bin Laden e giornalista del New Yorker, scrive che ci sono gli estremi per fare causa al governo di Islamabad da parte delle famiglie delle vittime dell'11 settembre. “Sarei tentato di iniziare un processo. Di chi era il terreno su cui la casa è stata costruita?. Come e da chi è stato acquistato? Chi ha firmato il progetto, con quelle misure che sembrano pensate apposta per proteggere Osama? Chi ha installato i sistemi di sicurezza? Ci sono testimoni che possono raccontare chi la visitasse, quando e quanto spesso?”. Il sospetto fortissimo è che Osama bin laden vivesse sotto il controllo dello stato pachistano, anzi, ospite del suo esercito – finanziato genrosamente dagli Stati Uniti. John Brennan, consigliere per l'antiterrorismo del presidente Obama, ieri davanti ai giornalisti ha detto: “Mi sembra inconcepibile che Bin Laden non abbia avuto sostegno all'interno del Pakistan”.
Da tempo, c'è il sospetto che anche il Mullah Omar, il leader dei talebani, sia ospite di stato del Pakistan, protetto in qualche rifugio sicuro a Quetta, nel nord del paese.
L'India accusa in maniera esplicita i servizi segreti di Islamabad di complicità con al Qaida per gli attacchi contro Mumbai del 2008, costati la vita a 165 persone, e per i kamikaze e le autobomba che hanno colpito a più riprese l'ambasciata indiana di Kabul. Gli inviati americani non si sono mai lasciati andare a tanto – ufficialmente, il Pakistan è ancora un alleato chiave nella lotta contro i talebani nel vicino Afghanistan – ma non hanno neanche nascosto i sospetti. Nella sua ultima visita a Islamabad, il capo di stato maggiore dell'esercito americano, Mike Mullen, ha detto in modo chiaro che esistono molte zone d'ombra intorno al lavoro dell'Isi. E anche al Congresso si fa strada il partito trasversale di quelli che vorrebbero tagliare i rapporti con Islamabad e con la sua agenzia d'intelligence.
I dubbi della Casa Bianca nei confronti del governo pachistano sono emersi senza veli nelle ultime ore. Il presidente americano, Barack Obama, ha usato parole precise quando ha descritto il raid contro la villa nella quale era nascosto Bin Laden, ha chiesto la collaborazione dei pachistani, ma, allo stesso tempo, ha lasciato intendere che gli Stati Uniti hanno agito da soli e hanno informato il governo di Islamabad soltanto a cose fatte.
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