Così la morte di Osama ha fatto felici (almeno per un po') anche le Borse

Alberto Brambilla

L'uccisione della guida di al Qaida Osama bin Laden ha invertito ogni tendenza negativa consolidatasi nelle ultime settimane sui mercati finanziari, petroliferi e monetari. Guardando gli indici sembra che la crisi mondiale si sia presa un giorno – o qualche ora – di pausa, che gli investitori hanno usato per festeggiare e assumersi qualche rischio in più in una seduta segnata comunque dalla volatilità.

    L'uccisione della guida di al Qaida Osama bin Laden ha invertito ogni tendenza negativa consolidatasi nelle ultime settimane sui mercati finanziari, petroliferi e monetari. Guardando gli indici sembra che la crisi mondiale si sia presa un giorno – o qualche ora – di pausa, che gli investitori hanno usato per festeggiare e assumersi qualche rischio in più in una seduta segnata comunque dalla volatilità.

    La notizia è rimbalzata innanzitutto dalla Casa Bianca alle sale operative asiatiche, dove sono iniziati i rialzi che di lì a poco hanno favorito anche le Borse occidentali: gli indici americani hanno aperto in positivo di mezzo punto, quelli europei hanno collezionato guadagni dello stesso tenore dopo un inizio ancora più promettente. E' significativo il rimbalzo del listino giapponese Nikkei, salito dell'1,6 per cento a 10 mila punti, così in alto come non si vedeva dal giorno del terremoto, anche grazie a buone trimestrali.

    Diversi osservatori concordano sull'eccezionalità del fenomeno borsistico e sul ridimensionamento della minaccia terroristica. E' di questa idea Mohamed El-Erian, ceo di Pimco, primo gestore obbligazionario al mondo, convinto che farà capolino l'appetito per il rischio, ovvero la riscoperta del mercato azionario: “I mercati reagiranno in maniera mista, tra l'idea di una riduzione duratura dei rischi per la sicurezza e la possibilità che si creino disturbi isolati, considerando però una generale diminuzione della rischiosità. Ciò spingerà l'azionario mettendo qualche pressione sulle obbligazioni statali che in genere beneficiano della predilezione per investimenti più cauti”, ha scritto El-Erian sul sito web del Financial Times. L'abbandono di posizioni conservative si è subito notato: il prezzo dell'oro, considerato bene rifugio, è calato a 1.540 dollari l'oncia a seguito della conferenza stampa di Obama, dopo il record delle passate settimane. La spavalderia dei risparmiatori è però durata poco perché il metallo prezioso è risalito ai livelli della paura (1.560 dollari). Netto, invece, il calo dell'argento (meno 7 per cento) per la verità protagonista di un apprezzamento eccezionale (più 81 per cento) che dura da mesi.

    Eppure è simbolico soprattutto il recupero del dollaro, da mesi la valuta più debole del paniere globale. Il segnale positivo cercato dagli analisti per settimane è arrivato appunto dalle montagne del Pakistan: la moneta statunitense ha recuperato due decimi sull'euro, salvo poi arretrare una volta esaurito l'entusiasmo per via della debolezza della crescita americana. Ma la vera svolta riguarda il calo del petrolio. Da inizio anno le fibrillazioni mediorientali hanno condizionato i mercati petroliferi più di qualsiasi dato economico, portando il prezzo del Brent, benchmark del mercato petrolifero, sopra i 125 dollari al barile.

    L'annuncio della morte di Bin Laden ha invece frenato la corsa: “Buone notizie sul fronte geopolitico hanno anche la potenzialità di far arretrare i prezzi attorno ai 100 dollari al barile”, ha commentato all'agenzia Bloomberg Ric Spooner, economista di Cmc Markets. Tant'è che le contrattazioni sui mercati petroliferi hanno aperto in ribasso nella convinzione che l'addio del capo di al Qaida porterà a una riduzione del rischio terrorismo in medio oriente. Come risultato immediato il mercato ha stabilito che un barile di Brent venduto a giugno costerà 121,67 dollari, un prezzo raggiunto il 20 aprile scorso. Poi però, in serata, le dichiarazioni pubbliche sul timore di eventuali rappresaglie terroristiche hanno riportato il costo a 126 dollari. Osama, forse, non ha smesso di fare paura.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.