Tutte le spy story e le speculazioni dietro l'oro e l'argento da record
Oro e argento volano, e il loro trampolino è innanzitutto la ripresa un po' travagliata degli Stati Uniti. Non a caso ieri, mentre il Fondo monetario internazionale per la prima volta stimava più vicina nel tempo – al 2016 – la data del sorpasso dell'economia cinese ai danni di quella americana, il prezzo “spot” del metallo giallo ha toccato un nuovo massimo storico (1.517,71 dollari l'oncia), seguito dall'argento che ha sfiorato il record dei 50,35 dollari che risale agli anni Ottanta.
Oro e argento volano, e il loro trampolino è innanzitutto la ripresa un po' travagliata degli Stati Uniti. Non a caso ieri, mentre il Fondo monetario internazionale per la prima volta stimava più vicina nel tempo – al 2016 – la data del sorpasso dell'economia cinese ai danni di quella americana, il prezzo “spot” del metallo giallo ha toccato un nuovo massimo storico (1.517,71 dollari l'oncia), seguito dall'argento che ha sfiorato il record dei 50,35 dollari che risale agli anni Ottanta. Ad aprile gli acquisti di metalli preziosi hanno raggiunto nuovi record, sull'onda dell'allarme suscitato dal warning di Standard & Poor's sui titoli del Tesoro Usa.
Meglio non fidarsi, è la parola d'ordine che accomuna i banchieri di Pechino e il Congresso dello stato dello Utah, che un paio di settimane fa ha reintrodotto il “gold Standard”, cioè l'autorizzazione a usare nei negozi il dollaro d'argento o d'oro invece del malridotto dollaro di carta, svilito dalle generose immissioni di liquidità della Fed di Ben Bernanke. Il valore dell'argento è salito di più del 154 per cento rispetto a un anno fa, ovvero a un passo dal primato del febbraio del 1981 quando i fratelli Hunt, petrolieri texani, fecero schizzare il prezzo da 10 a 50 dollari in pochi mesi scommettendo sul tracollo del dollaro di fronte a un'inflazione a due cifre; finì male, per loro, causa l'intervento della Fed su richiesta di Ronald Reagan, appena insediato al Campidoglio: una decisione, si disse, influenzata dagli sponsor della campagna presidenziale, tra cui spiccava la Polaroid, allora in piena salute.
Oggi come allora, anzi più di allora, la speculazione si tinge di toni gialli, mescolando intrighi finanziari e tensioni politiche. Tra i “fuochisti”, oltre alla Cina e alle economie emergenti, a soffiare sul fuoco del rialzo c'è John Paulson, il gestore hedge diventato miliardario scommettendo contro il mercato immobiliare, che ha ormai sostituito George Soros sulla poltrona di re della speculazione. Paulson, assieme a Marc Faber e Jim Rogers (due star della consulenza finanziaria via televisione), da tempo consiglia ai risparmiatori la fuga dai titoli del Tesoro e, più in generale, dal dollaro. Contro l'opinione di J.P. Morgan, da sempre convinta che la bolla dell'argento sia destinata a scoppiare. E qui nasce il giallo che da un paio d'anni anima i siti finanziari di mezzo mondo. Nel novembre 2009 un broker inglese, Andrew Maguire, lancia accuse pesanti nei confronti di J.P. Morgan e dell'inglese Hsbc: i due istituti stanno manipolando al ribasso i prezzi dell'argento con gigantesche vendite allo scoperto. A sostegno delle sue accuse, Maguire fa una rivelazione: fra tre mesi, per l'esattezza il 5 febbraio del 2010, le due banche scateneranno in occasione dei dati americani sull'occupazione, una pioggia di vendite speculative per far cadere le quotazioni. La previsione, puntualmente, si rivela esatta. E, a render ancora più inquietante la trama, pochi giorni dopo, il 20 di marzo, Maguire viene investito da un'auto pirata a Londra.
Un complotto? Per Zerohedge.com, blog finanziario molto popolare a metà tra Wikileaks e un sito scandalistico, non c'è dubbio, visto che si sospetta che dietro J.P. Morgan ci sia nientemeno che la mano della Fed: abbattere il prezzo dell'argento, provocando un'analoga reazione sull'oro – è la tesi – serve a sostenere il livello del dollaro, su cui pesa la politica del “quantitative easing” che ha tenuto a galla l'economia ma ha fatto esplodere il debito pubblico, intaccando la fiducia sui T-bond. Ma nonostante gli sforzi della Fed e delle banche alleate per frenare l'ascesa di oro e argento, l'inedita alleanza tra i banchieri di Pechino in fuga dai T-Bond, gli sceicchi del medio oriente a caccia di sicurezza, i mormoni dello Utah anti Wall Street e i risparmiatori in cerca di un rifugio contro l'inflazione fa salire i prezzi dei metalli preziosi sempre più in su.


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