Elogio di un politico diverso
Sandro Bondi, che ha lasciato ieri il ministero dei Beni e delle Attività culturali, è quel che si dice una brava persona. E' intelligente, colto, appassionato. Di Berlusconi è da sempre ammalato, gli vuole bene in modo patologico. Il capo politico offre una chance ai suoi collaboratori, che talvolta, piuttosto raramente, gliene sono grati. Ma l'attaccamento di Bondi a Berlusconi non ha la minima impronta di opportunismo, e la sua gratitudine è umana, psicologica, perfino sentimentale.
Sandro Bondi, che ha lasciato ieri il ministero dei Beni e delle Attività culturali, è quel che si dice una brava persona. E' intelligente, colto, appassionato. Di Berlusconi è da sempre ammalato, gli vuole bene in modo patologico. Il capo politico offre una chance ai suoi collaboratori, che talvolta, piuttosto raramente, gliene sono grati. Ma l'attaccamento di Bondi a Berlusconi non ha la minima impronta di opportunismo, e la sua gratitudine è umana, psicologica, perfino sentimentale, come dimostra la motivazione della sua rinuncia – caso rarissimo – senza attuali e tangibili contropartite. Bondi è coordinatore del partito fondato da Berlusconi, e per adesso mantiene quell'incarico affidato a un triumvirato, ma se ne va dal ministero nella più sovrana incertezza sul proprio futuro, dicendo e scrivendo a destra e a manca che è interessato a un cambio di vita, basta che gli lascino un ruolo di consigliere e di assistente del suo amico politico e gli permettano di lavorare anche in seconda fila, con riservatezza, per realizzare un rapporto meno febbrile e per lui devastante con la lotta politica.
Bondi infatti è la prima vittima italiana conosciuta della sindrome da lotta politica. Questo è il paese classico della politica, la politica la fanno tutti, e tutti vorrebbero farla direttamente o indirettamente, tutti sicuri di trovare un posto di combattimento e di poter esercitare l'arte di “intrare nel male quando necessario”, come diceva il Machia nel '500. Tutti forse è troppo, diciamo quasi tutti.
Ma Bondi no. Bondi è uscito dalla retrovia del partito, si è misurato con un ministero chiave delle battaglie per l'egemonia nella società e nelle classi dirigenti, e si è accorto che il Colosseo dei leoni, in confronto, era un luogo per educande. Non è un gladiatore. Non pretende nemmeno di esserlo, la sua celebre mitezza non ha trovato corresponsione alcuna né tra gli amici né tra i nemici. I colleghi del governo, in testa quel famoso sadico di nome Tremonti, non gli hanno mollato nemmeno un piccolo ossetto da rodere, lo hanno letteralmente affamato. E l'applauso che ieri ha accompagnato le sue dimissioni sapeva lontano un miglio di senso di colpa, visto che la correttezza di Bondi, politicamente sciagurata, nel fare male e tardi la battaglia interna per i finanziamenti alla cultura, è stata ripagata con un assegno culturale generoso (era ora!) emesso dall'Economia e da Gianni Letta nel momento stesso in cui Sandro mollava. I nemici, poi, nella loro crudeltà priva di senso, spoglia di ogni sentimento cavalleresco, si sono accaniti su di lui, che ha lavorato piuttosto bene finché ha potuto farlo, e lo hanno letteralmente strappato, come si fa con l'anello debole della catena, coprendolo di ingiurie e dileggio fino a farlo letteralmente impazzire, imputandogli perfino il crollo di Pompei. Fosse stato appena possibile, avrebbero chiesto di votargli la sfiducia per una indiretta responsabilità nell'omicidio di Avetrana.
Io ammiro i capi che hanno il fuoco nella pancia, che sanno resistere sempre e comunque, che non si fanno trascinare dall'avventura dell'amore, privato e pubblico, perché l'amore è la cosa più bella del mondo e anche la più lontana dalla politica e dalle sue leggi. Ma ammiro contraddittoriamente anche Bondi, che la sua testimonianza di intellettuale e di persona comune, di italiano strano e diverso, l'ha data invece con un clamoroso, e a suo modo storico, cedimento di carattere. Bondi politico si è per adesso schiantato al suolo da un'altezza inimmaginabile, nascerà un altro Bondi con un altro rapporto con le idee e la politica, lontano dalla cucina, che per lui è troppo calda. Bondi ha guadagnato qualcosa per sé, e buona fortuna. La politica italiana ha perso una competenza, una dedizione perfino folle, un attaccamento al fair play, al gioco duro ma corretto, di cui avrebbe disperatamente bisogno. Ben le sta.


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