Oltre l'umanitarismo c'è il nostro interesse

Giuliano Ferrara

Umanitarismo, quan­ti delitti si commet­tono in tuo nome. Peggio: quanti erro­ri. Guardate il caso della Li­bia di Gheddafi, ora al cen­tro di una tempesta diplo­matica e militare con l'Ita­lia in prima linea. Una fred­da e razionale analisi politi­c­a suggeriva da subito un'al­ternativa secca: la minaccia di un intervento rapido e ri­solutivo per abbattere il raìs, con il dispiegamento della forza militare, oppure l'esplicita dichiarazione di astensione da ogni interfe­renza.

    Pubblichiamo l'editoriale di Giuliano Ferrara apparso ieri sul Giornale.

    Umanitarismo, quan­ti delitti si commet­tono in tuo nome. Peggio: quanti erro­ri. Guardate il caso della Li­bia di Gheddafi, ora al cen­tro di una tempesta diplo­matica e militare con l'Ita­lia in prima linea. Una fred­da e razionale analisi politi­c­a suggeriva da subito un'al­ternativa secca: la minaccia di un intervento rapido e ri­solutivo per abbattere il raìs, con il dispiegamento della forza militare, oppure l'esplicita dichiarazione di astensione da ogni interfe­renza.

    Nel primo caso sareb­be stato drammaticamente indebolito Gheddafi, che poteva cadere dall'interno. Nel secondo, si sarebbe im­pedito che la rivolta nutris­se le­illusioni che hanno por­tato alla presa di Bengasi. In­vece si è deciso di interveni­re male e tardi, a guerra civi­le dispiegata. E di interveni­re con molti caveat o condi­zioni, che rendono proble­matica l'efficacia dell'azio­ne. Niente truppe di terra, una no fly zone di cui è diffi­cile definire gli obiettivi, l'obiettivo limitato della protezione dei civili dal­l'av­anzata della controffen­siva di Tripoli contro la ribel­lione della Cirenaica. Con il “guerrafondaio” Bush, a un mese dall'11 set­tembre il regime talebano protettore di Osama Bin La­den non esisteva più, e il ca­po del terrorismo interna­zionale aveva trovato rifu­gio in una caverna da cui dieci anni dopo non è anco­ra uscito.

    Con Obama, “l'umanitario”
    , a quasi tre mesi dall'inizio dei sommo­vimenti in Medio Oriente, con la rivolta del pane in Tu­nisia ( 8 gennaio),l'Occiden­te brancola nel buio e si im­barca in un'impresa legitti­mata dalle circostanze ma politicamente dubbia, sen­za prospettive certe, piena di ambiguità. L'umanitarismo non è so­lo una edificante visione del mondo, è una maschera ideologica. Costringe al­l'inazione, mette i governi in mano a un'idea equivoca di ciò che vuole davvero l'opinione pubblica, dilata i tempi delle decisioni crucia­li e li affida alla ambigua re­te di consenso del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, un organismo fonda­to sul diritto di veto dei suoi membri permanenti.

    La po­litica realista è nella storia l'unico motore di pacifica­zione
    , ed è fondata sulla conciliazione e convergen­za di interessi nazionali o globali incarnati dall'inizia­tiva di stati e co­alizioni allea­te che sanno quello che fan­no, che sanno fare fino in fondo quello che fanno, e che agiscono per scopi re­sponsabili, con un uso proporzionato della forza. Nel 1991 una vasta coalizione occidentale e araba, con Bush padre e Colin Powell, scacciò Saddam Hussein dal Kuwait, che il dittatore di Bagdad aveva invaso, e lo condannò alla pri­gionia in casa sua fino alla cacciata del 2003. Nel 1995 fu il bombardamento della Nato con­tro i serbi che martoriavano Sarajevo a rende­re possibili gli accordi di Dayton e la fine delle sanguinose guerre balcaniche. La guerra del Kosovo del 1999 portò, senza alcuna autorizza­zione delle Nazioni Unite, alla fine del regno nazional-comunista di Slobodan Milosevic, fattore di tragica destabilizzazione del sud est europeo.

    L'attendismo umanitario non ha mai prodotto niente di buono: basti pensare a l Darfur o, prima, al Ruanda, due luoghi di ster­minio che hanno dovuto fare amaramente i conti con le chiacchiere lacrimevoli e umani­tarie dello star-system e la riluttanza della co­munità internazionale ad assumere su di sé il peso dei propri interessi regionali e globali. Le guerre di stabilizzazione contro gli Stati falliti o gli Stati canaglia portano lutti, esigono tempra e sangue freddo, ma le vittorie porta­no stabilità e pace, e proteggono i diritti uma­ni conculcati dalla furia della storia. Il nulla compassionevole, risvolto moraleggiante di uno spudorato cinismo sentimentale, è inve­ce il risultato dei discorsi alati, delle mani te­se, delle grandi sfilate arcobaleno, delle infini­te prove di debolezza verso i prepotenti di cui è autore l'umanitarismo. Le truppe olandesi inquadrate nell'Onu e impacciate dalla sua ideologia pacifista e umanitaria, nel luglio del 1995 si astennero dall'intervenire a tempo, e assistettero inerti a uno dei più atroci massa­cri della storia europea, lo scannamento di mi­gliaia di musulmani di Bosnia da parte delle truppe serbo-bosniache.

    Se questo è vero, adesso per l'Italia di gover­no e di opposizione è il momento di partecipa­re impegnativamente all'impresa europea e americana decisa con un grottesco ritardo, ma con grande attenzione agli interessi italia­ni coinvolti nell'operazione: specialmente in­teressi di sicurezza militare ed energetica, e di protezione dei confini da incontrollate onda­te migratorie. Senza mai dimenticare, nono­stante le pittoresche deformazioni del siste­ma dei media e il bailamme fazioso in cui il paese è immerso, che con gli accordi del 2008, stipulati con il colonnello Gheddafi titolare d i un legittimo potere a Tripoli, abbiamo do­verosamente chiuso un doloroso e secolare contenzioso coloniale.

    Le effervescenze di Sarkozy, che come ha ricordato Sergio Roma­no aveva fino ad ora sbagliato l a politica me­diterranea e araba della Francia, possono e devono essere temperate d a una nostra capa­cità d i recupero e d i mediazione della pachi­dermica m a non incomprensibile riluttanza della Germania a d imbarcarsi per l a Cirenai­ca. E che la Fortuna assista le strategie milita­ri di eserciti e Stati occidentali spesso pronti a cadere nella trappola ideologica dell'uma­nitarismo.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.