Le centrali reggono o no alla tempesta? I media si dividono nel racconto
Nuova Chernobyl o falso allarme? Le esplosioni alle centrali di Fukushima e Onagawa hanno scatenato in tutto il mondo una vasta riflessione sull'affidabilità dell'atomo. Dopo aver lottato per tre giorni contro i guasti ai reattori, Tokyo ha chiesto soccorso all'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Intanto, gli analisti cominciano a posizionarsi secondo una linea di frattura segnata, comunque, dalla cautela.
Nuova Chernobyl o falso allarme? Le esplosioni alle centrali di Fukushima e Onagawa hanno scatenato in tutto il mondo una vasta riflessione sull'affidabilità dell'atomo. Dopo aver lottato per tre giorni contro i guasti ai reattori, Tokyo ha chiesto soccorso all'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Intanto, gli analisti cominciano a posizionarsi secondo una linea di frattura segnata, comunque, dalla cautela. Da un lato si dice che, nonostante la “tempesta perfetta”, le centrali giapponesi non hanno avuto una cattiva performance: essendo disegnate per resistere a un terremoto di 8 gradi Richter, hanno tenuto botta a un sisma dieci volte più forte. Dall'altra parte si ribadisce che il tipo di rischio sotteso all'incidente non è accettabile. Con il primo gruppo si è schierato, per esempio, il Wall Street Journal, in un editoriale di William Tucker: “Se il nocciolo si fonde, sarà un disastro per la Tokyo Electric Power Company, ma non per il pubblico in generale”.
Il New York Times ospita un dibattito sulla sicurezza delle centrali americane, stimolato dall'attacco del potente parlamentare democratico Ed Markey: “Potrebbe succedere anche qui”. Gli esperti interpellati dal quotidiano liberal hanno prospettive differenti. Se Michael Golay del Mit chiede un'attenta valutazione dei costi e dei benefici, il fisico Michio Kaku ha paragonato il nucleare a un “patto faustiano” e David Lochbaum della Union of Concerned Scientist ha sostenuto l'inadeguatezza delle misure di sicurezza americane. Più politica è la lettura del Financial Times: dopo tutto, il declino dell'atomo negli anni 80 e 90 nasce con Three Miles Island (1979) e Chernobyl (1986). Al di là del tentativo di capire cosa realmente stia accadendo, ci si interroga sull'ondata emotiva dell'incidente, nella speranza, forse scaramantica, di non alimentare un peggioramento della situazione anche solo parlando delle eventualità peggiori. Un rischio esplicitato, sulla stampa italiana, da Alberto Clò, economista ed ex ministro dell'Industria, che paventa la “strumentalizzazione della paura”.
Del resto, è difficile non fare i conti con la politica. Il presidente americano, Barack Obama, nel passato favorevole all'atomo per ridurre le emissioni di gas serra, ha affidato il suo pensiero al portavoce, Clark Stevens: “Le informazioni su quanto sta accadendo in Giappone sono in continua evoluzione, ma l'Amministrazione federale è impegnata a trarne la dovuta lezione e assicurare che l'energia nucleare sia prodotta negli Stati Uniti in condizioni di sicurezza e responsabilmente”. Uguale attenzione l'incidente ha ricevuto in Europa. Il commissario europeo all'Energia, Günther Oettinger, ha convocato un vertice comunitario per discutere anche della possibile chiusura anticipata degli impianti più vecchi (che, come quelli giapponesi in difficoltà, appartengono alla “seconda generazione”).
Angela Merkel, finora forte sostenitrice dell'atomo, ha provvisoriamente sospeso il piano di allungamento della vita delle centrali. La stessa Francia, il paese più nuclearizzato dell'Ue, ha tenuto un vertice straordinario, al cui termine il presidente dell'Agenzia di sicurezza, André-Claude Lacoste, ha commentato: “Noi imponiamo misure di sicurezza draconiane a chi sfrutta questa fonte di energia, misure che vengono rinforzate e migliorate continuamente”. Pure la Svizzera ha congelato le procedure autorizzative per le nuove centrali. Lo scontro segue, entro certi limiti, la divisione destra-sinistra: in Italia i più assertivi esponenti dell'uno e dell'altro schieramento hanno trovato ospitalità su manifesto e Liberazione piuttosto che sul Giornale e Libero. Ma c'è, fondamentalmente, un diverso grado di fiducia riguardo la tenuta dei sistemi di sicurezza, così come un diverso orientamento al rischio. E resta sospesa la domanda che tutti si fanno: quanto deve essere remoto un “major risk”, per diventare accettabile? Dalla risposta dipende la tollerabilità sociale del nucleare.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
