Il Giappone sommerso e la perdita della paura in Occidente

Giuliano Ferrara

Un travolgente sentimento di mistero e di contingenza del mondo arriva dalle ondate oceaniche penetrate in tragica profondità nelle regioni costiere nord orientali del Giappone. Non potrebbe essere altrimenti.

    Un travolgente sentimento di mistero e di contingenza del mondo arriva dalle ondate oceaniche penetrate in tragica profondità nelle regioni costiere nord orientali del Giappone. Non potrebbe essere altrimenti. La pietà e la simpatia suscitate dalla calma paura delle civiltà oceaniche e vulcaniche, dove Pompei è nel paesaggio del possibile e non un fondale storico e mitico, dove agiscono come minacciose divinità il tifone e la grande onda e non le brezze litigiose e tese degli dei greci tra le schiume bianche del Mediterraneo, sono un segno magnifico di consapevolezza dei mondi. Ci riempiamo la bocca di una parola teologica ed etica che galleggia in un vuoto metaforico: “l'altro”. Ecco: quelli sono gli altri uomini, le altre donne, gli altri vecchi e bambini, abitatori della terra diversi da noi, irriducibili alla nostra perdita della paura, sia nella forma del metus antico, quello della politica e del diritto, sia nella forma spirituale, cristiana, del timore di Dio, parenti stretti di ogni pietà.

    Una volta a spiegare la vita e la morte, la gioia e il terrore, concorrevano la guerra, il nemico, la paternità, la fecondità, l'autorità, la natura regolatrice, la regola del tempio esteriore ed interiore in cui viveva la gente occidentale. Eravamo parte di una cosa strana e astratta, nelle versioni platonica e aristotelica, che convenzionalmente chiamavamo “essere”, verbo e sostantivo fatali.

    Una volta eravamo tutti giapponesi. Non per generica simpatia, quel sentimento scemo che pervade tutte le nostre opere banali d'oggi, ma per analogia culturale e religiosa. La scienza, certo, ma senza stupido orgoglio. La tecnica, inevitabile, ma con la conservazione tradizionale di quanto è già stato intuito o rivelato nella immutabile natura delle cose e della persona. L'essere si è forse ritirato, come hanno detto poeti e filosofi degli ultimi secoli d'Europa, e non c'è più la “sostanza” dei metafisici, c'è al suo posto il potere inappellabile del “soggetto” che pensa e crea il suo mondo. Questo ritiro ci ha denudati e infragiliti, mentre l'oriente consumistico, produttivistico, avveniristico mantiene intatto e passabilmente pulito il suo paramento liturgico “essenzialista”, continua a vivere sapendo che si deve morire. Non abita lì, dove pure la ricerca faustiana compie le sue maggiori prodezze, e sconcertanti, una filosofia dell'immortalità fisica come quella di un don Verzè e dei suoi compari d'università, con il suo ottimismo ingenuo, con la pretesa di sanare il dolore finale e guarire l'esistenza da se stessa, invece di affannarsi a curarla come quella sopravvissuta di Madre Teresa, non casualmente fiorita a Calcutta.

    Accogliere l'altro, dopo il terremoto e il maremoto che ci hanno raccontato i video, con quelle voci fredde di telecronisti di fronte alla balena bianca che divorava il reale e si portava via il villaggio con energia supernaturale, dovrebbe voler dire capire infine quanto è ipotetica la nostra padronanza della natura e della storia. Ma non avremo questo piacere. Poco sarà scritto, se sarà scritto qualcosa. Poco sarà cantato. Continueremo a vivere in preda alla simpatia del banale e alla banalità della simpatia, vanitosi e ciarlieri, eccitati e depressi, di talk show in talk show, senza rispetto per le vere notizie e innamorati delle sciocchezze più ribalde. Quando penso all'anima di una gente che fronteggia la grande onda senza pretendere di creare altri mondi possibili, e al nostro pollaio ideologico così modesto, un po' mi dispero e soffro. E voi?

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.