Il Giappone che aspettava la scossa, senza sapere quando

Redazione

Dall'inizio del secolo scorso, solo quattro scosse sono state più forti di quella che ha generato lo tsunami che ha devastato ieri la costa orientale del Giappone. Erano le 14.46 locali (6.46 italiane) quando treni, metropolitane, centrali elettriche e nucleari si sono fermate in tutto il paese, mentre onde alte dieci metri travolgevano ogni cosa per almeno cinque chilometri. L'epicentro della scossa, di magnitudo 8.9, è stato rilevato a circa cento chilometri da Sendai, nell'area centro orientale dell'Honshu, l'isola principale del Giappone, dove lo tsunami ha ucciso diverse centinaia di persone – più di mille, secondo alcune fonti.

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    Dall'inizio del secolo scorso, solo quattro scosse sono state più forti di quella che ha generato lo tsunami che ha devastato ieri la costa orientale del Giappone. Erano le 14.46 locali (6.46 italiane) quando treni, metropolitane, centrali elettriche e nucleari si sono fermate in tutto il paese, mentre onde alte dieci metri travolgevano ogni cosa per almeno cinque chilometri.

    L'epicentro della scossa, di magnitudo 8.9,
    è stato rilevato a circa cento chilometri da Sendai, nell'area centro orientale dell'Honshu, l'isola principale del Giappone, dove lo tsunami ha ucciso diverse centinaia di persone – più di mille, secondo alcune fonti. Le autorità hanno dovuto fronteggiare anche l'improvvisa carenza di liquido di raffreddamento nel reattore di Fukushima – da cui si teme siano filtrate fughe radioattive, dopo che la pressione è salita una volta e mezzo oltre il normale – e un incendio nell'impianto nucleare di Onagawa. Gli Stati Uniti hanno mandato liquido di raffreddamento per i reattori e due portaerei in soccorso all'alleato giapponese. L'allarme tsunami è stato diffuso a tutto il Pacifico, fino alle coste degli Stati Uniti, dove l'onda è arrivata, ormai inoffensiva, in serata. L'ultimo grande terremoto in Giappone, quello che aveva fatto oltre 5.500 vittime a Kobe, si era fermato a 7.2 sulla scala Richter. Da allora, alla scala di intensità dei terremoti utilizzata in Giappone, la Shindo, è stato aggiunto il grado di “up to 7” (oltre il livello 7), lo stesso che è stato assegnato al terremoto di ieri. Pochi istanti dopo l'allarme, i bambini che festeggiavano l'ultimo giorno di scuola a Tokyo hanno preso lo zaino e il caschetto d'emergenza e sono scesi ordinatamente in strada. I giapponesi conoscono bene le procedure: alle pareti di ogni scuola c'è un appendiabiti con un kit di sopravvivenza, una torcia e un caschetto. Ieri, chi da Tokyo non poteva tornare a casa per via dell'interruzione del trasporto pubblico è rimasto a dormire in ufficio, o si è incamminato a piedi, accompagnato dal corpo degli Shobotai, i vigili del fuoco, che in Giappone fanno da Protezione civile e forze di polizia. Sin da bambino, ogni abitante di Tokyo vive sapendo che sta per arrivare “the Big one”, il grande terremoto, e sa che per limitare i danni si può soltanto puntare sulla prevenzione. Per questo sono vietati i chiodi con quadri attaccati alle pareti delle abitazioni, all'interno del vetro delle finestre un reticolato impedisce la caduta di schegge, e si consiglia di tenere un paio di scarpe sotto al letto, in caso di fuga improvvisa.

    Già mercoledì, le coste del Giappone erano state raggiunte da un'onda di tsunami, sebbene di entità minima (circa 60 centimetri). L'aveva scatenata un terremoto di magnitudo 7.3, al largo di Iwate, poco più a nord della scossa di ieri. “Poteva essere un'avvisaglia”, ammette il geofisico Enzo Boschi, secondo il quale, però, “siamo in grado di fare questo tipo di considerazioni solo a posteriori. Nell'intero pianeta registriamo una scossa di magnitudo sei almeno due volte al giorno. Sarebbe impossibile lanciare ogni volta un allarme”. Ogni 12 ore, quindi, i sismografi rilevano una scossa come quella che ha colpito L'Aquila nel 2009 (5.9 della scala Richter), che, dice al Foglio Boschi, ha liberato un'energia che è “circa trentamila volte minore rispetto a quella generata ieri”. Dopo quarant'anni di studi “siamo in grado di sapere con precisione dove avverranno i terremoti, quanto saranno grandi, quale sarà la loro magnitudo massima”, ma c'è un dettaglio che ancora ci sfugge: “Non sappiamo dire quando si verificherà il terremoto”. Si può soltanto attrezzarsi per la difesa, anche se la scossa di ieri ha svelato la debolezza delle conquiste dell'ingegneria sismica, un ambito in cui il Giappone è costretto a essere all'avanguardia, per via di un'infelice collocazione geografica. Un'azione tempestiva può darci, secondo Boschi, “qualche decina di secondi di vantaggio”. E' il massimo che può offrire una scienza giovane, che “non sa ancora spiegare perché la faglia si rompa e perché lo faccia in questo modo”.

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