La lavagna è diversa per tutti
Fabbrica del sapere
A scuola circolano idee nocive. Ma non nell'insegnamento (non sempre, perlomeno), bensì riguardo alla sua struttura organizzativa, che non regge più ormai. Secondo Luca Solari, docente di Organizzazione aziendale all'Università Statale di Milano, “è profondamente sbagliato dire, come ha fatto per anni la sinistra, che tutti gli insegnanti sono bravi, così come non è vero che tutti sono cattivi e incapaci”.
di Matteo Muzio
A scuola circolano idee nocive. Ma non nell'insegnamento (non sempre, perlomeno), bensì riguardo alla sua struttura organizzativa, che non regge più ormai. Secondo Luca Solari, docente di Organizzazione aziendale all'Università Statale di Milano, “è profondamente sbagliato dire, come ha fatto per anni la sinistra, che tutti gli insegnanti sono bravi, così come non è vero che tutti sono cattivi e incapaci”. Per Solari, questo ha dato origine a tutta una serie di problemi nell'organizzazione spicciola: “L'idea che ha accomunato tutti gli ultimi tentativi di riforma era appunto quella di far funzionare la scuola come un'impresa. E questo è stato visto come il fumo negli occhi dal mondo progressista, che vedeva violato uno dei suoi tabù. E così ha preferito tenersi la scuola gentiliana”. Ma cosa s'intende per gestione aziendale delle scuole? Solari spiega: “Bisogna partire dall'alto: il preside dovrebbe essere visto come una sorta di amministratore delegato.
Che come ogni buon manager con l'aiuto dei suoi collaboratori, all'inizio dell'anno dovrebbe stilare un piano scolastico, fatto come un piano aziendale, in cui si elencano gli obiettivi e in che modo poterli centrare. Per far questo serve un criterio di valutazione preciso dei docenti, i quali dovrebbero essere periodicamente sottoposti a controlli. Proprio quello su cui si è arenata la riforma Berlinguer”. A questo non si è posto rimedio nemmeno con le due successive riforme, spiega Solari. Con una gestione di tipo più aziendale della scuola, sicuramente non sparirebbero forme di rappresentanza e participazione dei genitori e degli studenti, del resto oggi previste nei piani di offerta formativa che le scuole sono tenute a illustrare agli utenti: “Ovviamente si dovrebbe abbandonare una certa impostazione tipica degli anni Settanta e concentrarsi invece sulle problematiche vere della scuola, come la qualità dei programmi d'insegnamento o la gestione delle risorse.
Per usare l'esempio aziendale, in questo quadro i rappresentanti delle famiglie e degli studenti farebbero la parte delle associazioni dei consumatori”. In mancanza di questa impostazione, in ogni caso per Solari andrebbe introdotta una figura che, mutatis mutandis, sarebbe simile al “marcatempi” delle fabbriche: “Sennò si verifica un mix letale: si livellano al basso gli studenti eccellenti e si perde per strada chi magari avrebbe molto bisogno della scuola”. Perché l'egualitarismo non calcola che anche la base di partenza è diseguale: varia da studente a studente. “Quindi per mantenere classi omogenee, anche il programma andrebbe diversificato da studente a studente. Così gli eccellenti potrebbero esprimersi al loro meglio e si limiterebbe l'abbandono scolastico”. Il problema, conclude Solari, è quindi principalmente organizzativo. E la scuola attuale andrebbe sostituita come un prodotto senza più mercato.
di Matteo Muzio


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