Pareri accademici

In Generali e Rizzoli serve un manuale di governance

Redazione

Cesare Geronzi, 76 anni, presidente delle Generali, in materia di governance e di corretto svolgimento del ruolo di leader di una grande società quotata dovrebbe prendere lezioni da John Elkann, 35 anni, presidente della Exor e della Fiat. Così la pensa Giulio Sapelli, professore di Storia economica e di Analisi culturale dei processi organizzativi all'Università di Milano oltre che presidente del Centro per la cultura delle imprese.

    Cesare Geronzi, 76 anni, presidente delle Generali, in materia di governance e di corretto svolgimento del ruolo di leader di una grande società quotata dovrebbe prendere lezioni da John Elkann, 35 anni, presidente della Exor e della Fiat. Così la pensa Giulio Sapelli, professore di Storia economica e di Analisi culturale dei processi organizzativi all'Università di Milano oltre che presidente del Centro per la cultura delle imprese. “A pochi giorni di distanza Geronzi ed Elkann hanno rilasciato un'intervista al Financial Times – dice Sapelli al Foglio – la prima è un esempio di quello che un presidente non dovrebbe né fare, né dire; la seconda invece è piena di saggezza, un modello di buon comportamento. Di solito sono i giovani che dovrebbero imparare dai seniores: qui succede esattamente l'opposto”.

    Lo spunto per parlare di governance e di regole lo ha dato Diego Della Valle, presidente della Tod's, azionista di Generali e Corriere della Sera, che nei giorni scorsi, a più riprese, ha criticato duramente Geronzi. Lo ha accusato di essere “un arzillo vecchietto” che non sa stare al suo posto, ma invade il campo degli azionisti, gli unici cui spetta invece, nel capitalismo moderno, il diritto di decidere le strategie di un'impresa. “Le parole di Della Valle – spiega Sapelli – sono da manuale. La governance che funziona è quella di matrice anglosassone, e si basa sull'autoregolamentazione che viene poi premiata, o punita, dal mercato. In questa cultura, il ruolo di presidente o chairman di una società è nettamente distinto da quello del manager operativo, il ceo (chief executive officer), l'equivalente del nostro amministratore delegato. Il secondo è responsabile della gestione quotidiana e si sottopone al giudizio del board (il consiglio di amministrazione) il quale a sua volta risponde agli azionisti. Il presidente, invece, ha un compito diverso, di importanza decisiva. Ma deve osservare regole precise”.

    Secondo Sapelli sono tre gli obblighi di un numero uno. Deve occuparsi della buona reputazione dell'azienda, seguendo l'auditing; deve tenere i rapporti con gli azionisti; deve interessarsi delle relazioni con i consiglieri di amministrazione, disperdendo le tensioni e creando un clima di collaborazione all'interno del consiglio e fra il consiglio stesso e il capo operativo. “Il presidente non ha deleghe, ma svolge uno dei compiti più importanti e delicati all'interno di una grande organizzazione: è una sorta di medico preventivo. Per essere efficace deve obbedire a un imperativo assoluto: tacere. Quello di presidente è un lavoro prezioso, silenzioso, invisibile. Un buon numero uno dovrebbe fare dimenticare il proprio nome”.

    Quindi se si volesse redigere il manuale del perfetto presidente, nelle prime pagine andrebbe detto che è opportuno che parli esclusivamente nelle sedi competenti e che non rilasci interviste, se non in casi eccezionali, quando è utile “far sentire la voce concorde di tutti gli attori della società”. Regole sempre seguite, tanto per fare due esempi, da Cesare Merzagora ed Enrico Cuccia, per anni alla guida rispettivamente di Assicurazioni Generali e di Mediobanca, che mai hanno esternato, mai hanno parlato con i media.

    “E' così – continua Sapelli – Geronzi, nella sua intervista ha creato polemiche, provocato divisioni. Cose che danneggiano un'impresa, soprattutto se opera in un settore delicato, come nel caso delle Assicurazioni Generali. Elkann invece è stato misurato, traspariva chiaramente che ogni sua parola era stata pensata, che dietro c'era un lungo lavoro preparatorio”.

    Quindi Della Valle ha fatto bene a criticare Geronzi quando lo ha accusato di non rispettare i confini del suo ruolo, di pretendere di contare più degli azionisti? “Nella sostanza Della Valle ha detto una cosa giusta – conclude lo storico dell'economia – però non so se sia corretto il contesto che ha scelto per le sue dichiarazioni. Alle affermazioni del presidente avrebbe dovuto replicare nelle sedi opportune, cioè nel consiglio di amministrazione, e non parlando con i giornalisti della stampa e della televisione. Io credo che quando si gestiscono soldi degli altri si debba essere molto prudenti. E i soldi delle Generali non sono di Della Valle”, il quale infatti non risulta che abbia azioni del Leone; è soltanto un consigliere d'amministrazione.