L'Europa divisa sull'ingerenza umanitaria

Ora anche gli Stati Uniti prendono tempo sull'intervento militare in Libia

Redazione

La comunità internazionale sta facendo un passo indietro sull'ipotesi di un intervento militare in Libia, nonostante la controffensiva del colonnello Muammar Gheddafi e la richiesta di aiuto partita dai ribelli, come hanno raccontato New York Times e Washington Post. Da Bengasi hanno invocato bombardamenti sotto l'egida dell'Onu.

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    La comunità internazionale sta facendo un passo indietro sull'ipotesi di un intervento militare in Libia, nonostante la controffensiva del colonnello Muammar Gheddafi e la richiesta di aiuto partita dai ribelli, come hanno raccontato New York Times e Washington Post. Da Bengasi hanno invocato bombardamenti sotto l'egida dell'Onu: “Facciamo appello affinché siano eseguiti specifici attacchi contro le roccaforti dei mercenari” di Gheddafi, ha detto il portavoce del Consiglio libico, Hafiz Ghoga. Ma il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, ha risposto “no” all'appello. “Occorre preparare un intervento militare? Non lo pensiamo nel contesto attuale – ha dichiarato – Potrebbe rinsaldare le opinioni pubbliche e i popoli arabi contro il nord del Mediterraneo”.

    Gli Stati Uniti hanno escluso di armare i ribelli. E' “prematuro”, ha spiegato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Tommy Vietor: i servizi di intelligence americani ritengono che non ci sia una leadership con cui trattare. Nemmeno l'ipotesi di una “no fly zone” sembra essere sull'agenda dei leader occidentali, fatta eccezione per il premier britannico, David Cameron. In una riunione della Nato, a Bruxelles, si è preso atto delle divergenze interne. “Al momento non c'è nulla di operativo”, ha detto al Foglio una fonte dell'Alleanza. Per il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, “la Nato non ha niente da fare” in Libia, mentre fonti del Cremlino fanno sapere che, a Tripoli, le forze internazionali rischierebbero “un nuovo Afghanistan”. Secondo Juppé è “possibile continuare a pianificare una zona di esclusione aerea, a condizione che sia attivata da una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu”. Ma il ministro francese sa bene che Russia e Cina sono pronte al veto. La Lega araba ha approvato un documento di condanna di Gheddafi, ma rigetta “ogni ipotesi di ingerenza militare straniera in Libia”. La Lega libica dei diritti umani dice che ci sono almeno seimila profughi: è la crisi umanitaria lungo le frontiere con la Tunisia e l'Egitto a mobilitare la comunità internazionale.

    Francia e Regno Unito hanno lanciato un'operazione di evacuazione aerea e marittima delle migliaia di profughi egiziani bloccati alla frontiera tunisina. La Commissione europea ha stanziato 10 milioni di euro. Come annunciato da Roberto Maroni, l'Italia contribuirà con due campi di assistenza alla frontiera fra Libia e Tunisia. E “non appena ci saranno le condizioni di sicurezza” potrebbe partire anche una nave carica di aiuti umanitari per Bengasi, ha detto ieri il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che presenterà il piano al Consiglio dei ministri di oggi. Il capo della Farnesina, intanto, ha escluso l'ipotesi di un intervento militare.

    Sul fronte finanziario, il Regno Unito ha già congelato le quote della Libyan Investement Authority nel gruppo Pearson, che edita il Financial Times. Anche la Francia ritiene necessario impedire a Gheddafi di vendere le sue partecipazioni estere “e recuperare quel denaro per poi pagarsi mercenari”. Il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, ha spiegato: “Diciamo le cose come stanno. Una ‘no fly zone' inizia con un attacco contro la Libia per distruggere le sue difese aeree”, altrimenti c'è “la preoccupazione che i nostri piloti possano essere abbattuti”. Così, dopo aver scommesso su una rapida caduta del colonnello, la comunità internazionale affronta la determinazione di Gheddafi. Secondo un diplomatico europeo sentito dal Foglio, “siamo all'ipotesi peggiore”: da un lato una guerra civile prolungata potrebbe trasformare la Libia in “un nuovo Afghanistan”; dall'altro, emergerebbero divisioni intra-europee come quelle che hanno ostacolato la politica comune sull'Iran. Secondo Hillary Clinton, “c'è il rischio che la Libia sprofondi nel caos”, ma gli Stati Uniti “sono ancora lontani da una decisione” sulla “no fly zone”.

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