I soliti indignati e la politica estera
Ecco cosa dimentica chi tira sul Cav. per la sua frase su Gheddafi
Tra tutte le espressioni che poteva usare, Silvio Berlusconi non ha scelto la più felice. “Non voglio disturbare” Muammar Gheddafi nel momento in cui ci sono trecento morti in Libia a causa della repressione ha un che di involontariamente fastidioso (ma ieri il premier ha ricalibrato il tiro con dichiarazioni toste e chiare contro “l'inaccettabile violenza sui civili”). La diplomazia del Cav. è da sempre fatta così, e funziona: una pacca sulla spalla e una megatenda nel più bel parco di Roma, con un occhio ai risultati più che alla polvere protocollare.
Tra tutte le espressioni che poteva usare, Silvio Berlusconi non ha scelto la più felice. “Non voglio disturbare” Muammar Gheddafi nel momento in cui ci sono trecento morti in Libia a causa della repressione ha un che di involontariamente fastidioso (ma ieri il premier ha ricalibrato il tiro con dichiarazioni toste e chiare contro “l'inaccettabile violenza sui civili”). La diplomazia del Cav. è da sempre fatta così, e funziona: una pacca sulla spalla e una megatenda nel più bel parco di Roma, con un occhio ai risultati più che alla polvere protocollare. Checché ne dica l'opposizione scandalizzata – ma ve lo ricordate, nel giugno 2009, D'Alema che aspettava fuori dalla tenda di Gheddafi a Villa Pamphilj, dopo che il rais aveva boicottato un incontro a Montecitorio? – Berlusconi è riuscito a ottenere più di chiunque altro dalla Libia (e non si dimentichi che l'Italia è il primo importatore di petrolio e il terzo per quel che riguarda il gas): un accordo per controllare l'immigrazione, una “pace” simbolica dopo settant'anni di minacce da parte di Tripoli, un compromesso con gli eventi storici che hanno per decenni incancrenito i rapporti con uno dei leader più importanti dell'Africa del nord. Come abbiamo visto in questi giorni, la gestione dell'immigrazione è complicata, ne sa qualcosa l'Europa che non si è mai mossa per una strategia comune e ora si trova senza un piano alternativo nei contesti critici nella regione. Per l'Italia in più c'è stato un ricasco importante per i campioni nazionali, con commesse strategicamente rilevanti per le più grandi imprese italiane.
Si dirà: a quale prezzo? Il prezzo è naturalmente alto, quando si fanno affari con i regimi a pagare sono i diritti umani, il pluralismo, la democrazia. Stiamo tutti scoprendo, in questi mesi di rivoluzione araba, che la politica dello status quo ha i giorni contati. Lo sanno i francesi, incastrati in uno scandalo via l'altro a causa delle connessioni con gli ex dittatori di Tunisia ed Egitto, per non parlare della fine ingloriosa dell'Unione per il Mediterraneo patrocinata da Sarkozy. Lo sanno tutti i paesi europei che condannano la repressione libica ma non riescono ad accordarsi per definire una nuova strategia che possa valere in un momento in cui le categorie del passato non servono più. Lo sanno anche gli esponenti della nostra opposizione, che s'indignano sempre ma non sanno offrire un'alternativa di politica estera valida (a parte la ritrita retorica anti israeliana, una via d'uscita per tutte le rivoluzioni). La comunità internazionale deve fare i conti con la fine della realpolitik degli anni Ottanta, ma almeno la diplomazia spericolata di Berlusconi lo ha posizionato al fianco di Bush e Blair, gli unici ad aver tentato di dare un'occasione democratica ai regimi di tutto il mondo.


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