Il tavolo di Natale
Raggiunta l'intesa su Mirafiori, la Fiom non firma
E' stata raggiunta l'intesa all'Unione industriali di Torino per il piano di rilancio di Mirafiori. L'Ad di Fiat Sergio Marchionne, commentando l'accordo appena raggiunto per il rilancio dello stabilimento torinese, ha detto: "Adesso bisogna lavorare per realizzare il contratto collettivo specifico per la joint venture che consentirà il passaggio dei lavoratori alla nuova società Fiat-Chrysler".
Leggi Il primo Marchionne sono io, l'intervista al ministro Sacconi
E' stata raggiunta l'intesa all'Unione industriali di Torino per il piano di rilancio di Mirafiori. L'Ad di Fiat Sergio Marchionne, commentando l'accordo appena raggiunto per il rilancio dello stabilimento torinese, ha detto: "Adesso bisogna lavorare per realizzare il contratto collettivo specifico per la joint venture che consentirà il passaggio dei lavoratori alla nuova società Fiat-Chrysler". Ha poi aggiunto di essere "lieto che alla fine abbia prevalso il senso di responsabilità, anche se avremmo preferito una condivisione del progetto da parte di tutti i sindacati. Questa – aggiunge– è una grande opportunità". Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha dichiarato: "Come avevamo auspicato l'accordo si è realizzato prima di Natale, confermando da un lato la volontà di Fiat Chrysler di realizzare un importante investimento a Mirafiori e, dall'altro, la volontà dei sindacati riformisti di accompagnare quest'intesa con la piena utilizzazione degli impianti e una migliore remunerazione del lavoro attraverso un contratto più vantaggioso". La Fiom non ha firmato l'accordo, e per il segretario del sindacato a torino, Federico Bellono: "E' peggiore di quella di Pomigliano e rappresenta un vulnus molto grave per la democrazia".
La trattativa su Mirafiori interrotta il 3 dicembre si è conclusa oggi. Al tavolo l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, e i sindacati: niente rituali confindustriali, anche se la sede resta l'Unione industriali di Torino. C'è aria di accordo, forse non immediato. A propiziarlo anche l'attivismo dietro le quinte del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, di Cisl e Uil e di un'Emma Marcegaglia che tenta di recuperare la situazione. Il ministro si era augurato una conclusione “prima di Natale”.
Le parole di Marchionne (“ottima idea”) autorizzano ottimismo. Mentre in Confindustria si comprende che non ci si può fermare al dilemma se Fiat sia fuori o dentro viale dell'Astronomia, se queste siano deroghe o contratti a sé stanti. Per Marchionne invece ciò che conta è il sì blindato della maggioranza dei dipendenti e dei sindacati che li rappresentano. Per questo sollecita il referendum: “Se il risultato è 51 no e 49 sì ce ne andiamo”, ha spiegato, lasciando capire che a percentuali invertite l'accordo entra in vigore. Modello americano, dunque, e bizantinismi di palazzo accantonati. Rispetto a Pomigliano c'è un piatto più ricco: newco in joint venture con Chrysler, un miliardo di investimenti e un piano produttivo da 250-280 mila auto l'anno tra berline di fascia medio-alta e Suv Alfa Romeo e Jeep.
Con 5.840 dipendenti, Mirafiori non è solo lo stabilimento simbolo della Fiat in Italia, è anche il più numeroso. Ha però una produttività di 30,5 auto a testa che Marchionne vuole portare a 50, come Melfi. “L'auspicio è che tra oggi e il 24 si possa firmare”, dice il segretario di Fim-Cisl, Bruno Vitali. Sulla stessa lunghezza d'onda anche la Uil. E' invitata anche la Fiom, dove i massimalisti annunciano guerra: per Giorgio Cremaschi “il referendum è un plebiscito autoritario e anticostituzionale”. Meno tranchant Maurizio Landini, segretario della Fiom: “Chiediamo di non peggiorare le condizioni di lavoro e difendiamo i diritti come lo sciopero e la malattia che non sono disponibili”. Fibrillazioni anche in Confindustria: un articolo di ieri del Corriere della Sera che riprendeva le critiche alla Marcegaglia della fondazione di Luca di Montezemolo scritte da Carlo Calenda è stato espunto dalla rassegna stampa. Peraltro l'asse con la Cgil fu la costante della gestione confindustriale di Montezemolo.
I lavoratori hanno altre priorità, e anche Marchionne: dal 3 gennaio Fiat Industrial debutta in Borsa, mentre Moody's ipotizza il declassamento del rating per la crisi mondiale dell'auto. Il Lingotto oggi ha la doppia B, come i francesi, mentre i concorrenti di Detroit hanno una B sola. Una decisione incombe.
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