Ho in mente quel ragazzo col bidone, come al G8. Che non accada più

Giuliano Zincone

Tra gli incendi romani del 14 dicembre, mi ha allarmato soprattutto il fermo immagine di un giovanotto che brandisce in alto un bidone per scagliarlo contro gli sbirri. E' un gesto identico a quello che costò la vita a Carlo Giuliani. No, basta. Non abbiamo bisogno di martiri. Non abbiamo bisogno di scontri arcaici e postpolitici tra le spranghe e i manganelli.

    Tra gli incendi romani del 14 dicembre, mi ha allarmato soprattutto il fermo immagine di un giovanotto che brandisce in alto un bidone per scagliarlo contro gli sbirri. E' un gesto identico a quello che costò la vita a Carlo Giuliani. No, basta. Non abbiamo bisogno di martiri. Non abbiamo bisogno di scontri arcaici e postpolitici tra le spranghe e i manganelli. Il Movimento ha pieno diritto di manifestare il proprio antagonismo, ma non può ignorare che ogni corteo di protesta deve conquistarsi la solidarietà dell'opinione pubblica, e che la violenza suscita antipatia e ostilità. “Ti abbiamo bruciato la macchina o il motorino? Dovresti ringraziarci: l'abbiamo fatto per assicurare un futuro a te e ai tuoi figli”. Questo ha dichiarato una ragazza intervistata, con surreale faccia tosta. I ragazzi dovrebbero anche conoscere le regole del gioco: se tenti di forzare un blocco, se cerchi lo scontro con i poliziotti, le botte sono garantite, ed è patetico pigolare “sono minorenne” quando t'arrestano.

    Dalle forze dell'ordine si devono pretendere comportamenti sobri e professionali. Ma nessuno può prevedere come risponderà un individuo colpito da un sampietrino, sfiorato da una bomba carta, atterrito da un incendio improvviso. Ed è proprio futile continuare a raccontarsi le solite favole sugli agenti provocatori, sui soliti “sparuti black bloc” che rovinano la festa alle maggioranze innocue. Meno storie: la violenza collettiva è stata teorizzata e rivendicata da molti esponenti “normali” del Movimento come unico mezzo per farsi ascoltare da un potere sordo, fascista e ladro di futuro. Sul Tg3, poi, uno dei manifestanti  era presentato come “attore precario”. Ahinoi, tutti gli attori sono precari, come tutti i registi, gli sceneggiatori, i poeti, i liberi professionisti. La precarietà/flessibilità è la sfida (o la minaccia) dei nostri giorni. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Il cambio dei tempi, forse, ha sbagliato strada, ed è giusto impegnarsi per correggerne la rotta. Ma è utile sfracellare i Bancomat? Per ora e per oggi bisogna scongiurare il malaugurio dei gufi, ai quali sembra inevitabile che “ci scappi il morto”. No, mai, mai più. Innanzitutto è indispensabile proibire che i poliziotti portino armi da fuoco. La divisa deve essere obbligatoria, per evitare le accuse di infiltrazioni. Dall'altra parte, i manifestanti abbandonino i corpi contundenti, e si dotino di un servizio d'ordine efficiente, allontanando gli isterici. Oggi non si tratta di discutere sui motivi della contestazione. Oggi vorrei soltanto augurare a tutti coloro che saranno in piazza di tornare a casa incolumi e di festeggiare il Natale allegramente, lontano dagli ospedali.