Un pullover per Sacconi

Redazione

Maurizio Sacconi cerca di esercitare la pressione che gli è consentita per accelerare l'intesa sullo stabilimento torinese della Fiat. Lo ha fatto ostentando un certo ottimismo basato, come ha detto egli stesso, su una conoscenza approfondita degli orientamenti delle parti contrattuali. Ha sottolineato l'interesse reale di tutti per l'effettuazione degli investimenti previsti dal progetto di Fabbrica Italia.

    Maurizio Sacconi cerca di esercitare la pressione che gli è consentita per accelerare l'intesa sullo stabilimento torinese della Fiat. Lo ha fatto ostentando un certo ottimismo basato, come ha detto egli stesso, su una conoscenza approfondita degli orientamenti delle parti contrattuali. Ha sottolineato l'interesse reale di tutti per l'effettuazione degli investimenti previsti dal progetto di Fabbrica Italia. L'obiettivo esplicito del ministro del Welfare è quello di favorire un accordo entro Natale, del quale vede radunarsi tutte le condizioni: dal sostegno del governo a quello di Confindustria al senso di responsabilità della maggior parte dei sindacati. Se poi le cose stiano proprio così, o se quella di Sacconi più che la conseguenza di un'analisi sia una forma di auspicio o di pressione, lo si vedrà nei prossimi giorni. E probabilmente è per mantenersi aperto uno spazio eventuale di estrema mediazione, in caso di blocco della trattativa, che Sacconi ha evocato le “Cassandre che hanno dubitato delle buone intenzioni di Fiat. E non voglio nemmeno pensare alle conseguenze di una simile ipotesi”.

    Seppure in modo assolutamente condizionale, questa frase del ministro sembrerebbe mettere Sacconi tra coloro che sarebbero pronti ad addossare a Sergio Marchionne la responsabilità di un esito negativo del negoziato. Con questo, il ministro del Lavoro ha un po' deviato dalla sua linea generale che è e resta di incoraggiamento all'accordo. Sacconi è un ministro esperto, competente e animato da una profonda sensibilità riformatrice più volte dimostrata nei fatti e negli anni. Sicuramente è tra coloro che comprendono bene come lo strappo di Marchionne rappresenti una scossa salutare per un sistema che sembra preferire l'immobilismo, pur di non affrontare i nodi complessi legati all'innovazione e all'internazionalizzazione.

    E di certo ha compreso che l'accordo su Mirafiori rappresenterebbe lo spartiacque tra una fase in cui la risposta alla crisi è stata prevalentemente difensiva, e una nuova fase in cui l'accento si sposta sulle possibilità e le condizioni concrete della crescita che deve realizzarsi in un contesto di competizione internazionale e nel quadro di relazioni sindacali nuove. Il punto, dunque, non è la sincerità delle “buone intenzioni” di Marchionne, né l'evocazione scaramantica delle Cassandre. Sacconi fa bene a mantenere un ruolo di “terzietà”. Ma in questo momento dovrebbe sostenere, anziché deprezzarle con manovre verbose e politiciste, le ragioni del profondo riformismo insito nella sfida posta da Marchionne. E oltreché facilitare un accordo natalizio, dovrebbe incalzare i sindacati affinché colgano le potenzialità virtuose di una rivoluzione che può ribaltare le antiche relazioni industriali italiane.