I Voina dichiarano guerra a Putin a colpi di arte-choc. Orge di protesta e auto rovesciate

Giulia Pompili

Sui grandi disordini di questi giorni a Mosca e Pietroburgo, 1.346 persone fermate, tra loro molti minorenni,  è intervenuto infine il premier russo, Vladimir Putin, che ha riconosciuto la responsabilità delle autorità per la morte di un tifoso dello Spartak, Egor Sviridov, ammazzato in una rissa nel nord di Mosca tra tifosi e migranti del Caucaso del nord. La morte del ragazzo ha innescato le violenze tra nazionalisti russi e la comunità caucasica.

    Sui grandi disordini di questi giorni a Mosca e Pietroburgo, 1.346 persone fermate, tra loro molti minorenni,  è intervenuto infine il premier russo, Vladimir Putin, che ha riconosciuto la responsabilità delle autorità per la morte di un tifoso dello Spartak, Egor Sviridov, ammazzato in una rissa nel nord di Mosca tra tifosi e migranti del Caucaso del nord. La morte del ragazzo ha innescato le violenze tra nazionalisti russi e la comunità caucasica: “Il governo non ha risposto con la correttezza dovuta alla violenza e questo ha causato i disordini”, ha detto ieri Putin, riferendosi alla scarcerazione prematura delle persone accusate dell'omicidio. Ultras e nazionalisti russi non sono il problema più imbarazzante per le autorità moscovite. Il collettivo artistico Voina, che in russo significa guerra, si è fatto una fama per le azioni clamorose contro la polizia e contro il governo. Non hanno fucili, coltelli e pistole scacciacani, ma per la loro sfida costante alle forze dell'ordine stanno infilando una serie senza fine di multe e di arresti per sovversione.

    Il britannico Banksy, uno dei più noti e ricchi artisti di graffiti, ha appena finito di raggranellare oltre centoquarantamila dollari in favore del gruppo: i suoi diritti d'autore dovrebbero servire a pagare la cauzione del trentacinquenne Oleg Vorotnikov e del ventisettenne Leonid Nikolayev, entrambi membri del collettivo, attualmente chiusi nel carcere a Mosca. Vorotnikov e Nikolayev, insieme ad altri trentuno attivisti, hanno partecipato a una spettacolare esibizione notturna contro il ministero dell'Interno russo, chiamata “Palace Revolution”: per protestare contro la corruzione delle forze dell'ordine hanno ribaltato alcune auto della polizia di Pietroburgo. I due hanno denunciato percosse e maltrattamenti subiti durante l'arresto, ma rischiano fino a sette anni di carcere per aver violato la legge anti estremismo. L'ideologo e autore dei testi dei Voina, il critico d'arte e filologo Alexei Plutser-Sarno, dopo avere proclamato pubblicamente che la manifestazione “aveva lo scopo di chiedere, metaforicamente, la riforma del ministero degli Interni e la fine dell'arbitrarietà delle azioni di polizia”, è scappato a Tallin, in Estonia, per paura di essere arrestato. Nikolayev era già ricercato dalle autorità perché ha affrontato più volte le auto della polizia con in testa un secchio di plastica colorato. Le trecentosettantacinque stampe di Banksy, vendute a Londra a quattrocentocinquanta sterline l'una, sono la versione su carta di un'opera (“pezzo” in gergo) comparsa sui muri di Bristol qualche mese fa e rappresentano un ragazzo con la felpa e il volto coperto che porta a spasso il cane di Keith Haring. Banksy, celebre artista di strada dall'identità segreta ma apprezzato – dopo molte cautele – anche dai critici ortodossi, ha cominciato a dipingere le pareti di Bristol intorno agli anni Ottanta (soprattutto ratti, “perché in inglese rat è l'anagramma di art”).

    Guardando un documentario firmato da Lucy Ash della Bbc, che si è incontrata con i Voina a ottobre, quello che una volta era definito il “terrorista dell'arte” britannico si è appassionato alla causa degli artisti russi e ha contattato la giornalista per sapere come poter aiutare i due a uscire di prigione. “Siamo molto grati per il suo sostegno”, dicono ora i Voina, “l'aiuto di Banksy attirerà l'attenzione di tutto il mondo sui metodi repressivi che la nostra arte spesso subisce e sul problema della democrazia in Russia”. Il controverso collettivo russo è nato a Mosca nel 2007 grazie a un gruppo di studenti universitari ispirati dai poeti Nikolai Chernyshevsky e Dmitri Prigov. La performance che li ha resi celebri è quella del 2008: il giorno prima dell'elezione del presidente Dmitry Medvedev hanno inscenato un'orgia (vera) al Museo Timiryazev di Biologia di Mosca, in una performance chiamata “Fuck for the heir – Medved's little Bear!” giocando sul cognome del presidente che deriva dalla parola russa “medved” (orso). Cinque le coppie coinvolte, tra cui Natalia Sokol, a soli quattro giorni dal parto di suo figlio.

    Nel manifesto programmatico dei Voina si legge: “I nostri obiettivi sono quelli della rinascita dell'arte espressiva e della figura dell'artista come eroe romantico”. Niente di nuovo: durante gli anni Sessanta e Settanta a Mosca si diffusero i kruzhok, piccole comunità artistiche e politiche senza una particolare organizzazione interna. Ilya Kabakov, artista concettuale a capo di un kruzhok, nel 1979 si fece seppellire vivo a due metri di profondità durante una performance chiamata “Lo scavo”. Dopo che alcune inconsapevoli persone reclutate a caso lo riportarono alla luce, Kabakov disse: “E' lì che sono rinato come artista”. I Voina si ispirano ai kryzhok sovietici, disdegnano il sistema occidentale di profitto attraverso l'arte e cercano in tutti i modi di tutelare il proprio anonimato (anche se la perestroika di Mikhail Gorbaciov del 1980 ha eliminato il controllo statale sull'arte). Un'altra esibizione famosa? Il lancio di gatti vivi sui clienti di un McDonald's “per spezzare, almeno per una volta, la monotonia dei lavoratori”. Secondo i Voina, le performance bizzarre servono a dimostrare che “tutto quello che dice lo stato è una bugia”.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.