Detroit, Italia
Così Confindustria tenta di non essere travolta da Marchionne l'americano
Quasi in parallelo con il faccia a faccia newyorkese fra Sergio Marchionne ed Emma Marcegaglia previsto alle 2 del mattino di oggi ora italiana, la confindustriale Federmeccanica brucia i tempi e convoca i sindacati, con la solita eccezione della Fiom-Cgil, per il 15 dicembre
Quasi in parallelo con il faccia a faccia newyorkese fra Sergio Marchionne ed Emma Marcegaglia previsto alle 2 del mattino di oggi ora italiana, la confindustriale Federmeccanica brucia i tempi e convoca i sindacati, con la solita eccezione della Fiom-Cgil, per il 15 dicembre. L'obiettivo è quello di avviare la discussione su norme contrattuali "specifiche per il settore auto". La soluzione che si prospetta è dunque quella di inserire una deroga nel contratto dei metalmeccanici, in pratica recependo l'accordo di Pomigliano, che verrebbe poi esteso anche allo stabilimento di Mirafiori.
La soluzione può rappresentare l'atto finale del confronto dai toni soffusi, ma dalla sostanza dirompente, avviato in luglio da Marchionne con la Confindustria, prima ancora che con i sindacati. Per questo, abbandonando per un attimo la cronaca quotidiana delle vicende di "Fabbrica Italia", non solo per lo storico impianto di Mirafiori potrebbe passare una rivoluzione silenziosa delle relazioni industriali italiane. Detto altrimenti: Marchionne da Detroit rischia di sgonfiare con uno spillo “made in Usa” la bolla welfarista e corporativa italiana, dicono a mezza bocca molti imprenditori tra il compiaciuto e il sorpreso. "Vuole farci diventare l'Alabama d'Europa – diceva ieri Giorgio Airaudo, responsabile Fiom per l'auto – quindi un paese con contratti più deboli e salari più bassi, con lavoratori più disciplinati".
Di Mirafiori Federmeccanica vuole parlare il 15 dicembre, sempre che l'incontro si tenga, visto che la Uilm, nel pomeriggio, ha inviato una lettera a Federmeccanica per informarla che a causa di "impegni precedentemente assunti" non potrà essere presente. Che sia o meno il 15 dicembre, però, la questione Fiat dovrebbe essere ormai alle battute finali. E Marchionne continua a sperare in un contratto su misura per la sua azienda, forte anche di alcuni impegni scritti. Tra questi – secondo quanto risulta al Foglio – c'è una lettera, datata 29 luglio e firmata da un esponente di spicco del mondo meccanico, con la quale si assicura che entro il mese di ottobre la Federmeccanica avrebbe preso in esame l'atteso contratto per l'auto.
Ma anche un documento firmato dai leader di Cisl, Uil, Fim, Uilm e Fismic, e datato 9 luglio, con il quale si dava l'ok a una new company per Pomigliano, regolata da un contratto collettivo ad hoc, replicabile poi a Mirafiori. Tuttavia, una Fiat che si mette in proprio finirebbe con l'indebolire l'intero sistema che ruota attorno a Federmeccanica: dall'associazione confindustriale, secondo le indiscrezioni del Foglio, sarebbero arrivati garbati inviti ai due sindacati fin qui in sintonia con Fiat, e cioè Fim-Cisl e Uilm-Uil, per una marcia indietro o, almeno, una frenata. Che è puntualmente arrivata, come si è visto, nel momento in cui si è aperta la trattativa per trasformare anche Mirafiori in una newco sul modello di Pomigliano. Il peso politico di Federmeccanica a viale dell'Astronomia è piuttosto elevato e in grado di influenzare le decisioni dei vertici confederali. Lo dimostrano le difficoltà che hanno accompagnato, negli anni scorsi, la fuoriuscita di Vodafone dal contratto dei meccanici per entrare in quello delle tlc. Con l'auto il tema si è riproposto, ma con sfumature ben diverse. Non solo perché la Fiat non è Vodafone, ma anche perché diverso è il sentimento delle imprese associate a Federmeccanica nei confronti di Fiat: una parte guarda con attenzione alla prospettiva che Torino esca dal sistema, ritenendola una presenza troppo ingombrante; un'altra parte, invece, teme che si inneschi una sorta di effetto domino, un "tana liberi tutti" che distruggerebbe l'attuale assetto di relazioni industriali.
Assetto che, sostiene Roberto Di Maulo, segretario del Fismic, è anche di interesse economico: "Le burocrazie sindacali e confindustriali si saldano attorno a molti interessi, che passano non solo per i contratti sindacali, ma anche per gli enti bilaterali, i fondi per la formazione, i fondi assicurativi e sanitari". L'ultimo nato di questa serie vedrà la luce dal primo gennaio 2011: un ente bilaterale dei metalmeccanici per costituire un fondo sanitario assicurativo, alimentato dal risparmio contrattuale e indirizzato alla sanità integrativa per i lavoratori del settore. Nel cda sono previsti 6 posti per rappresentanti delle imprese e 6 per i sindacati: due per la Fim, 2 per la Uilm e 2 riservati alla Fiom, ancorché non sia firmataria del contratto, mentre resterebbero fuori Fismic e Ugl. Le accuse di Di Maulo hanno irritato la Confindustria, che ieri ha precisato di "non pagare il sindacato": "Le presunte reti d'interesse rientrano in una trasparente e regolamentata collaborazione".


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