That win the best - La rubrica sul calcio inglese del Foglio

Il beautiful football dei Gunners e quel labiale decifrato da Mancini

Jack O'Malley

“Beautiful football from the Gunners!”, grida il commentatore televisivo pochi posti più in là del mio. Nasri ha appena mandato in delirio l'Emirates Stadium con il suo secondo gol al Fulham, in uno degli innumerevoli derby di Londra. Il labiale di Carlos Tevez è indecifrabile, ma il senso è chiarissimo: fra lui e l'allenatore, Roberto Mancini, le cose vanno male, e non è una notizia fresca. La sconfitta con l'Ipswich nei quarti di finale della coppa di Lega inglese di soltanto quattro giorni fa è stata dolorosa per il West Bromwich Albion. Ma occorreva ricominciare.

    “Beautiful football from the Gunners!”, grida il commentatore televisivo pochi posti più in là del mio. Nasri ha appena mandato in delirio l'Emirates Stadium con il suo secondo gol al Fulham, in uno degli innumerevoli (ma questo è secondario per importanza) derby di Londra. Nel primo tempo il franco algerino gioca con i guanti, le maniche tirate su e la sciarpa. Sugli spalti fa freddo, per questo ci alziamo volentieri ad applaudire il suo primo gol: due finte di destro con i difensori del Fulham che vanno per margherite e una botta ravvicinata sul primo palo di sinistro. Il capolavoro è il secondo (fatto senza indossare guanti): percussione centrale (come direbbe il vostro Civoli), ingresso in area, altra finta e difensori avversari confusi e infelici a guardare la sua schiena affrontare il portiere Schwarzer in uscita. Nasri dribbla pure lui, ma si allunga la palla troppo a sinistra, quasi sul fondo. La va a prendere, si gira e la piazza in rete di destro facendo una capriola all'indietro. 2-1 e primo posto in classifica (in attesa dello United). “La differenza l'ha fatta Nasri – ha detto con originalità Hughes, manager dei Cottagers – Se non ci fosse stato lui non sarebbe finita così”. E se nella mia tazza ci fosse del caffé non starei sorseggiando un tè.

    Il labiale di Carlos Tevez è indecifrabile, ma il senso è chiarissimo: fra lui e l'allenatore, Roberto Mancini, le cose vanno male, e non è una notizia fresca. Sabato il casus belli è stata la sostituzione del capitano del Manchester City, peraltro uomo partita contro il Bolton (non solo ha segnato il gol partita ma là davanti ha fatto il delirio), che dopo aver dato la fascia a De Jong ha urlato in faccia a Mancini cose certamente irripetibili. Quella fra Tevez e Mancini è polemica permanente, spesso sterile, che quasi dà l'impressione che i due godano a battibeccare come zitelle inacidite. Tevez segna che è un piacere, ma si fa ammonire con una facilità che nemmeno il Cassano dei tempi migliori e in più nello spogliatoio è arrivato un paio di volte vicino alla rissa con l'allenatore. Mancini lo fa sfogare in campo e poi perfidamente lo toglie, lui s'incazza, a fine partita entrambi fanno dichiarazioni d'amore e il ciclo ricomincia da capo. Con il risultato che quell'ambizioso baraccone del Manchester City rimane agganciato alla testa della classifica, ma sempre camminando sul crinale fra la genialità e il delirio; nella convinzione che in un vero amore sia meglio lanciarsi i piatti che intristirsi come un Ronaldinho qualsiasi.

    La sconfitta con l'Ipswich nei quarti di finale della coppa di Lega inglese di soltanto quattro giorni fa è stata dolorosa per il West Bromwich Albion. Il sogno della semifinale era vicino e quando un sogno tramonta non è facile risvegliarsi. Ma occorreva ricominciare. Occorreva tornare a macinare punti in campionato per confermarsi una delle sorprese più belle della nuova stagione. The Hawthorns, lo stadio dei Baggies, non aspettava altro. E gli undici allenati da Di Matteo non hanno deluso: vittoria per 3-1 contro un Newcastle deludente, inconsistente, a tratti invisibile. Sarà che è una neopromossa. Sarà che non deve dimostrare nulla perché ha tutto da guadagnare e poco da perdere. Fatto sta che basta poco, basta una classifica che guarda all'Europa, perché i tifosi dello Shrine vadano in visibilio e cantino per novanta minuti senza fermarsi. The Shrine, così i tifosi chiamano il loro stadio. Il Santuario.