Cosa deve fare la Carfagna per farci felici e contenti

Giuliano Ferrara

Sono affezionato all'idea che Mara Carfagna sopravviva in politica, e bene, che cresca di statura nella foresta nana che la circonda, che faccia le scelte giuste senza montarsi la testa, che ottenga stima e consenso come merita per il suo lavoro, che non le saltino i nervi per provocazioni buffonesche di cui è fatta segno. Una volta, quando una troupe della Bbc venne a consultarmi in campagna sulla formazione del governo Berlusconi, al primo accenno pettegolo a Mara Carfagna li pregai, finito il loro caffè, di congedarsi senza intervista. L'abominio psicologico e morale di cui la Carfagna fu vittima, a mezzo di una gogna pubblica impartitale dalla crema del guittismo e del giornalismo della sinistra perbenista, per me grida ancora e sempre vendetta.

    Sono affezionato all'idea che Mara Carfagna sopravviva in politica, e bene, che cresca di statura nella foresta nana che la circonda, che faccia le scelte giuste senza montarsi la testa, che ottenga stima e consenso come merita per il suo lavoro, che non le saltino i nervi per provocazioni buffonesche di cui è fatta segno. Una volta, quando una troupe della Bbc venne a consultarmi in campagna sulla formazione del governo Berlusconi, al primo accenno pettegolo a Mara Carfagna li pregai, finito il loro caffè, di congedarsi senza intervista. L'abominio psicologico e morale di cui la Carfagna fu vittima, a mezzo di una gogna pubblica impartitale dalla crema del guittismo e del giornalismo della sinistra perbenista, per me grida ancora e sempre vendetta. La vittoria su se stessa e sulle insidie della politica della “schoenste Ministerin der Welt”, la più bella ministra del mondo secondo la Bild, è una specie di riscatto culturale per le brutture e le volgarità che il mondo berlusconiano ha evocato nei suoi nemici, nei suoi odiatori militanti, incapaci di salvaguardare il rispetto signorile, il tatto e la decenza necessari anche alla più spietata lotta politica.

    L'ho vista tra tv e presenza personale un paio di volte appena, o tre, mi è sempre sembrata una persona forte e dignitosa, la Carfagna, e il bell'emblema di una scelta lungimirante e significativa di Berlusconi, non importa se corredata da galanterie molto vistose e da qualche futilità di troppo. Con la Carfagna, il discorso riguarda anche le altre giovani donne che fanno parte della compagine di governo, che sono il prodotto migliore della tonalità extrapolitica del suo capo e della sua singolare esperienza della vita, così lontana dalla banalità burocratica medio-macha del personale d'apparato dei partiti tradizionali.

    Non so molto della Campania, dello scontro con Cosentino, del ruolo da Mara contestato dei coordinatori del Pdl, delle sue accuse velate di affarismo, del finanziamento dei termovalorizzatori. Le miserie della politica sono anche le sue glorie, cara Carfagna, non condanno a priori gli affaristi, categoria che mi è sempre sembrata moralmente strana: gli affari non sono forse il sale del nostro sistema di produzione e distribuzione della ricchezza? Da quando in qua affarista, che è il corrispondente di businessman, deve essere preso come un insulto? Delinquente è un insulto o una qualificazione spregiativa, ma affarista?

    Immagino però che la Carfagna si sia sentita isolata e frustrata, che il suo sistema di consenso e di governo, corrispondente ad ambizioni che sono adeguate al suo ruolo, si è disgregato dopo la lite con Fini e dopo la triste vicenda che ha riguardato la persecuzione mediatica di Cosentino e la vergognosa attività di dossieraggio contro Caldoro, nonché la criminalizzazione isterica dei rapporti personali della ministra con Italo Bocchino, chissà perché bestia nera per tutte le bocche, sporche e pulite, che sputano sentenze moraleggianti sulla lotta politica.

    Ma la Carfagna deve resistere. Mettere tempo, silenzio e lavoro, attivismo ministeriale e buona politica territoriale, tra sé e le beghe interne sui termovalorizzatori della provincia di Salerno. Può mettersi all'opposizione in Campania, denunciare quelli che giudica errori amministrativi, chiedere un rinnovamento severo del gruppo dirigente, insomma comportarsi secondo quell'arte della politica che per unanime riconoscimento, perfino di alcuni che parteciparono all'ignominia della sua denigrazione, ha imparato in fretta e bene. Non deve nemmeno lontanamente pensare che sia serio per lei entrare nel novero dei trasmigratori di giornata, dei nevrotici da sliding doors incapaci di tenere botta con pazienza e prudenza. Ci faccia felici e contenti, noi suoi ammiratori: resista e in certi casi si volti dall'altra parte.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.