Money League/19

Giovane e sintetico, ecco il primo campionato di calcio in Cisgiordania

Francesco Caremani

Può il calcio quello che non riesce alla politica? E' questa una delle domande che sta dietro la nascita della Palestina West Bank League, primo campionato di calcio professionistico della Cisgiordania, sponsorizzato dalla più importante società di telecomunicazioni palestinese, Jawwal. L'investimento per la prima stagione è di 250.000 dollari, con un versamento iniziale di 50.000, 1.500 dollari il mese è invece la media dei salari (uno stipendio medio si aggira intorno ai 400) che i giocatori delle dodici squadre riescono a percepire.

    Può il calcio quello che non riesce alla politica? E' questa una delle domande che sta dietro la nascita della Palestina West Bank League, primo campionato di calcio professionistico della Cisgiordania, sponsorizzato dalla più importante società di telecomunicazioni palestinese, Jawwal. L'investimento per la prima stagione è di 250.000 dollari, con un versamento iniziale di 50.000, 1.500 dollari il mese è invece la media dei salari (uno stipendio medio si aggira intorno ai 400) che i giocatori delle dodici squadre riescono a percepire.

    A Tulkarem, città vicina al confine con la Giordania, lo stadio cittadino è stato costruito con i finanziamenti dell'USAID, agenzia americana per lo sviluppo internazionale, e l'autobus del Thaqafi è stato comprato grazie a una donazione kuwaitiana. L'altra squadra è il Markaz Shabab ed è espressione del locale campo profughi, insieme con quella di Ramallah e le due di Nablus sono quattro.
    Attualmente, in testa al campionato c'è l'Hilal al-Quds di Gerusalemme, ma alla fine questo è un dettaglio rispetto alla fame di calcio dei palestinesi, che grazie anche alla facilità con la quale decriptano i canali satellitari riescono a seguire le gesta dei loro beniamini europei. Il secondo sport da queste parti è il basket, ma senza strutture adeguate è tutto più difficile. La Cisgiordania, con la cosiddetta “pace economica”, è un territorio in crescita e nel 2009 ha visto aumentare il Pil del 7 per cento. Una pace appoggiata apertamente da Israele, stabilità in cambio di business, Fatah invece che Hamas, lavoro contro disoccupazione.

    Ma le restrizioni restano e continuano a pesare. Mohamed Shbair, portiere, è considerato uno dei migliori giocatori palestinesi. Nato a Gaza oggi gioca per lo Shabab al-Khalil di Hebron, ma per le sue origini non può muoversi liberamente, come tanti altri calciatori. Convocato in Nazionale per un'amichevole in Sudan al suo rientro è stato bloccato alla frontiera giordana. E' rimasto ad Amman tre mesi, ha saltato l'esordio in campionato e se oggi è di nuovo in Cisgiordania lo deve alle pressioni della Fifa. Il Ct franco algerino Moussa Bezaz non sa come fare, perché solo le gare internazionali possono dare spessore ed esperienza alla squadra, ma nel breve periodo difficilmente cambieranno le cose. Intanto la nascita della West Bank League ha prodotto i primi risultati. La possibilità di partecipare alle coppe asiatiche per club, tra febbraio e marzo la Nazionale olimpica prenderà parte alle qualificazioni per Londra 2012, con il placet di Jacques Rogge (la sua visita a Ramallah è stata un colpo duro da digerire per le autorità israeliane), e i ragazzi di Bezaz inizieranno la prossima estate le eliminatorie per i campionati del mondo del 2014. Djibril Rajoub, presidente della Federazione, è uno degli artefici di questa rinascita pedatoria della Palestina.

    La creazione (e la gestione) di un vero e proprio impero calcistico non è cristallina, ma il premio della Fifa come miglior lega calcistica emergente, passando dal 191° posto del 1999 al 115° del 2006, ha aperto nuovi scenari, sportivi e politici, racchiusi nelle parole di Michel Platini: "Israele è stato accettato in Europa in accordo con le condizioni che regolamentano l'appartenenza all'Uefa. Dovranno rispettare leggi e regolamenti dello sport internazionale, altrimenti non vi è alcuna giustificazione per la loro permanenza in Europa". Parole durissime che pare siano state ribadite in privato anche da Joseph Blatter e che vogliono mettere pressione per ammorbidire o eliminare la restrizioni cui sono sottoposti i calciatori palestinesi. Mettere Israele con le spalle al muro non è mai stata un'idea brillante, ma vista la gestione del calcio mondiale tutto è possibile, anche veder sparire di nuovo Israele dalla mappa del football. Lo stadio Fayçal Husseini alla periferia di Gerusalemme è stato costruito e inaugurato nel 2008 grazie alla Fifa e a capitali stranieri, soprattutto francesi. Mentre a Nablus c'è uno dei manti sintetici più belli.

    E allora, può il calcio quello che non riesce alla politica? Lo sport può diventare strumento di libertà, ma la storia ci ha insegnato che può essere anche strumento di pressione e propaganda. La Nazionale vorrebbe poter schierare tutti i migliori calciatori palestinesi disponibili, anche quelli di Gaza. Per adesso pura utopia. Le dodici squadre della West Bank League sono composte soprattutto da giovani, una nuova generazione di palestinesi, ma la loro libertà non può passare dall'eliminazione di Israele dai consessi calcistici, sarebbe una contraddizione, una delle tante.