Magie al Lingotto

Così un Marchionne stile Tremonti sta lucidando i conti Fiat

Ugo Bertone

Il sorpasso è solo rinviato. Nel terzo trimestre del 2009, la Fiat ha venduto in Europa 197.800 vetture contro 193.600 nel resto del mondo, Brasile in testa. Anzi, grazie anche alla spinta garantita dal nuovo impianto di Sorocaba per i veicoli industriali Fiat ha superato, se si sommano le automobili ai veicoli commerciali, i 200 mila pezzi venduti nel paese del presidente Lula.

    Il sorpasso è solo rinviato. Nel terzo trimestre del 2009, la Fiat ha venduto in Europa 197.800 vetture contro 193.600 nel resto del mondo, Brasile in testa. Anzi, grazie anche alla spinta garantita dal nuovo impianto di Sorocaba per i veicoli industriali Fiat ha superato, se si sommano le automobili ai veicoli commerciali, i 200 mila pezzi venduti nel paese del presidente Lula. Facile prevedere che da marzo, quando nelle vetrine di 165 showroom americani di Chrysler farà la sua comparsa la “500” prodotta a Toluca in Messico (obiettivo di vendita per l'anno prossimo 50 mila unità), la Fiat sarà, ancor prima delle annunciate nozze con Chrysler, una società più americana che europea. Nei volumi. Perché, in quanto a redditività, le cose stanno già così: è grazie alla forte rivalutazione del real brasiliano sull'euro che ieri Sergio Marchionne ha potuto annunciare che i ricavi dell'auto Fiat nel trimestre più gramo, da giugno a settembre, sono rimasti invariati; e come gruppo i ricavi sono saliti dell'11,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009, con un utile netto in crescita a 190 milioni.

    Non è solo in questo modo, però, che si spiega il miracolo di Marchionne, l'“oracolo dell'auto” (definizione del Financial Times) che riesce a guadagnare di più vendendo meno auto. Per spiegare i conti Fiat, infatti, occorre tener presente almeno due altri fattori: la riscossa della futura “Industrial”, cioè i camion di Iveco e i trattori di Cnh, due consociate che mietono successi soprattutto fuori d'Europa, dalla Cina agli Stati Uniti; la prontezza con cui l'ad di Fiat ha saputo tirare il freno a mano sulle attività italiane, la vera debolezza di Fiat, nonostante i migliori risultati dei veicoli commerciali. In un certo senso, si potrebbe dire che Sergio Marchionne, in attesa del via libera sindacale a Fabbrica Italia, abbia adottato criteri simili a quelli che Giulio Tremonti segue al ministero dell'Economia. Innanzitutto, migliora il fabbisogno, pardon, l'indebitamento netto industriale, sotto i 4 miliardi contro i 5 già previsti, grazie “alla costante attenzione al contenimento dei costi e alle efficienze industriali”.

    Così come il titolare del Tesoro ha contenuto le spese per investimento, così l'ad di Fiat ha rallentato il flusso dei nuovi progetti, nella convinzione che “di fronte a un mercato così asfittico è meglio risparmiare le munizioni”. E così slittano di sei mesi almeno i nuovi modelli ma slitta pure, rispetto alle promesse, il ritorno degli investimenti ai livelli del 2008 (5 miliardi). Al contrario, per il 2010, ci sarà solo “una crescita marginale nei confronti dei livelli anomali e particolarmente bassi del 2009”, quando gli investimenti furono attorno ai 3,7 miliardi. Una prudenza che non riguarda solo gli impianti italiani, visto che proprio ieri è stata annunciata la sospensione della produzione per una settimana nella fabbrica gioiello di Tichy in Polonia, ma che assume un significato particolare nella cornice di Fabbrica Italia, progetto su cui Marchionne ieri ha detto: “Spero di poterlo realizzare, ma non possiamo aspettare per sempre. Il dialogo è difficile, il tempo è un problema”. Insomma, come ha commentato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, non c'è da illudersi: “Ci vorrà una serie di dati come questi per indicare se stiamo uscendo dalla crisi”. Ovvero, guai a pensare che i risultati, migliori del previsto, della Fiat per il 2010 (almeno 2 miliardi dalla gestione ordinaria contro 1,1-1,2 già promessi) possano preludere a un atteggiamento più morbido di Marchionne.

    Al contrario, alla vigilia della separazione tra l'Auto e le altre attività industriali affidate al luogotenente più fidato, il neo ceo di Iveco Alfredo Altavilla, la nuova Fiat vanta radici e orizzonti sempre più internazionali, per la gioia della Borsa, ieri elettrizzata dai conti del gruppo, che già annusa nuovi accordi globali per i camion e le macchine movimento terra, in attesa delle annunciate nozze con Chrysler. La strategia di Fiat, del resto, non fa certo eccezione: anche Psa, al pari del gruppo torinese, ha aumentato i target per il 2010. Troppo pessimisti prima o troppo ottimisti ora?