Partiti di testa

Nella sociologia da bar vale la regola per cui presi singolarmente sono tutti bravi ragazzi. Il gruppo è la sorgente del male, la culla del plagio, del vortice mimetico che alimenta l'imbarbarimento; le imprese delittuose del branco sono la naturale degenerazione del meccanismo. Le cattive compagnie sono notoriamente formate da impeccabili vicini di casa; i bravi studenti si rammolliscono a fare comunella con i teppisti.

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    Nella sociologia da bar vale la regola per cui presi singolarmente sono tutti bravi ragazzi. Il gruppo è la sorgente del male, la culla del plagio, del vortice mimetico che alimenta l'imbarbarimento; le imprese delittuose del branco sono la naturale degenerazione del meccanismo. Le cattive compagnie sono notoriamente formate da impeccabili vicini di casa; i bravi studenti si rammolliscono a fare comunella con i teppisti. E i teppisti, presi singolarmente, sono ragazzi che hanno bisogno di aiuto. Gli avversari politici non sono poi così scemi se si copre con il dito l'etichetta del partito. Persino ai più orrendi criminali di guerra si concede di essere stati, nell'intimo della propria casa, premurosi padri di famiglia. La complessità dell'individuo, la sua possibilità di fare mea culpa e ripulirsi, suscita un moto di umana comprensione, la struttura no, quella è irredimibile. Per la politica americana vale la stessa regola, ma tutta al contrario.

    Visto da lontano, il panorama dei candidati alle elezioni di midterm mostra vivacità politica e indiscutibile incidenza sul momento storico che sta attraversando l'America; democratici, repubblicani e uomini del Tea Party sono parte di un grande esperimento che rimette in discussione le regole base su cui si è assestato il modo d'intendere il potere degli Stati Uniti. Se chiedete a un candidato del Tea Party quali sono i suoi intellettuali di riferimento, tendenzialmente dirà i padri fondatori, i padri pellegrini, o una lista di padri a scelta su cui nessuno in America può permettersi di sollevare qualche dubbio. Se chiedete a un repubblicano dell'establishment dirà che la Costituzione è il faro a cui guardare per un nuovo patto con l'America. I democratici insistono sul welfare, la protezione sociale, la pericolosa deriva populista che avanza a destra.

    Dal punto di vista dell'impianto generale tutti gli schieramenti politici pescano da  strati immobili di consenso al di sotto della tettonica a placche della politica ordinaria. Ci si dedica a temi universalmente riconosciuti come rilevanti: il budget, la riforma del welfare, gli eccessi della burocrazia. Il problema è che considerati singolarmente, molti candidati di queste serissime elezioni sono sospesi fra il Congresso e il manicomio. L'occhio del politologo – l'occhio distaccato di chi osserva il mondo attraverso un cannocchiale al contrario – coglie nello scenario americano un'aura di vivacità politica; l'occhio non fissato sulle strutture concettuose vede una banda di guasconi un po' matti che s'impegna per tirare avanti il circo quotidiano. Anche se poi ciascuno rivendica la sua normalità rispetto al vicino.

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