Nordest
Previsioni per il 2 novembre, onde alte contro Obama
L'unico dubbio è “quanti?”. Quanti seggi perderanno i democratici alle elezioni di midterm del 2 novembre? Abbastanza da farsi sfuggire il controllo della Camera? O addirittura abbastanza da dissipare una super-majority che, fino a gennaio, era in grado di bloccare qualsiasi velleità repubblicana al Senato? E quanti governatori riconquisterà il GOP, che oggi ne ha un paio in meno degli avversari? Quanto alta e devastante, insomma, sarà l'onda rossa che minaccia di travolgere la prima metà di mandato del presidente Obama?
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di Larry Silverbud
L'unico dubbio è “quanti?”. Quanti seggi perderanno i democratici alle elezioni di midterm del 2 novembre? Abbastanza da farsi sfuggire il controllo della Camera? O addirittura abbastanza da dissipare una super-majority che, fino a gennaio, era in grado di bloccare qualsiasi velleità repubblicana al Senato? E quanti governatori riconquisterà il GOP, che oggi ne ha un paio in meno degli avversari? Quanto alta e devastante, insomma, sarà l'onda rossa che minaccia di travolgere la prima metà di mandato del presidente Obama, consegnandogli un Congresso capace di trasformarlo in una “anatra zoppa” alla vigilia del 2012?
La memoria non può non andare verso altre elezioni storiche che hanno cambiato – a volte per decenni – le dinamiche del sistema politico statunitense. Il paragone più frequente individuato dagli analisti è quello con il 1994, anno in cui il Gop di Newt Gingrich e del “Contract with America” strappò ai democratici 54 seggi alla Camera e 8 al Senato, conquistando per la prima volta dal 1954 il controllo totale del Congresso. Ma ci sono esempi anche più inquietanti, per il partito di Barack Obama, Nancy Pelosi e Harry Reid. Con un presidente eletto trionfalmente due anni prima (come oggi) e un Congresso reduce da una decisa svolta legislativa a sinistra (come oggi), nel 1938 il Partito democratico di Franklin D. Roosevelt perse la bellezza di 72 seggi alla Camera e 6 al Senato. Oppure si possono ricordare le elezioni del 1946, con 55 seggi conquistati dal Gop alla Camera e addirittura 12 al Senato, in quello che tutti consideravano un referendum su Harry Truman. A ruoli invertiti (e con una magnitudo più contenuta), anche i 31 seggi conquistati alla Camera dai democratici nel 2006, insieme a 6 senatori, rappresentano un esempio minaccioso della forte tendenza dell'elettorato americano a “punire” il partito del presidente nelle elezioni di midterm.
Quest'anno poi, oltre alla storia, anche il clima politico ed economico sembrano presagire una batosta, per i democratici, di quelle che meritano un capitolo a parte negli almanacchi dei politologi. Il flop della riforma sanitaria con l'opinione pubblica, la ripresa incerta, il tasso di disoccupazione ormai fermo da mesi appena al di sotto del 10 per cento, le incertezze in politica estera che irritano sia la destra che la sinistra, il disastro ambientale in Louisiana, l'emorragia di consiglieri in fuga dall'Amministrazione, il fenomenale successo popolare del movimento Tea Party, la progressiva perdita di appeal del presidente e il ripidissimo calo del suo job approval, il solido (e rarissimo) vantaggio repubblicano nei sondaggi relativi al generic congressional ballot: tutto sembra cospirare contro Obama e il suo partito. E le previsioni degli analisti, pur con gradi diversi, confermano uno scenario molto preciso.
Secondo il modello statistico creato da Nate Silver di FiveThirtyEight.com (recentemente approdato al New York Times), che si è dimostrato molto preciso negli ultimi cicli elettorali, il Gop dovrebbe riuscire a conquistare il controllo della Camera, passando da 178 a 226 seggi (+48), sfiorando la maggioranza al Senato (+7/8 seggi rispetto ai 41 attuali) e strappando 6 governatori ai democratici (da 24-26 a 30-20). Per RealClearPolitics, che da anni elabora le medie di tutti i sondaggi nazionali e locali, i repubblicani sono favoriti in 211 distretti della Camera. Al Gop, insomma, basterebbe vincere in 7 dei 36 distretti ancora incerti per conquistare il controllo della Camera. E la storia ci insegna che in genere i distretti toss-up si muovono massicciamente verso il partito “vincente”, soprattutto in quelle che sono considerate wave elections. Al Senato RCP vede un 50-50 frutto di 9 pick-up repubblicani, a cui va aggiunto un +7 tra i governatori che porterebbe il totale a 31-19. Numeri simili a quelli di Scott Elliot, il mitico “blogging Caesar” di Election Projection, che pronostica un +49 per cento alla Camera, un +9 per cento al Senato e un +7 per cento tra i governatori.
Una forte affermazione repubblicana è prevista anche da Larry Sabato, direttore del Center for Politics dell'Università della Virginia e titolare di “Crystal Ball”: +47 alla Camera; +7/8 al Senato; +8 tra i governatori. Per Charlie Cook del Cook Political Report, “è molto probabile che i repubblicani riescano a conquistare i 39 seggi di cui hanno bisogno pe ottenere la maggioranza”. Cook scrive di non voler giocare a “indovina quanto pesa il cocomero”, ma afferma di credere che il numero finale di pick-up sarà “molto superiore a 39”. La sua previsione per il Senato, invece, è di +7/9 (con un +6/8 tra i governatori).
Nuvole tanto minacciose all'orizzonte ci spingono a partire per un lungo viaggio – stato per stato – tra le sfide più interessanti che caratterizzano questo turbolento ciclo elettorale. Partiremo dalle roccaforti democratiche del Nordest (Maine, New Hampshire, Vermont, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Delaware e Maryland) per poi dirigerci decisamente verso il Sud e la Bible Belt (West Virginia, Virginia, Kentucky, Tennessee, North e South Carolina, Georgia, Florida, Alabama, Mississippi, Louisiana, Arkansas, Oklahoma e Texas). Il Lone Star State sarà la nostra porta verso il West gli stati del Pacifico (New Mexico, Colorado, Wyoming, Utah, Arizona, Nevada, California, Hawaii, Oregon, Washington, Alaska, Idaho e Montana). Dal confine con il Canada, infine, ci sposteremo nuovamente verso l'Atlantico, attraversando le regioni del Midwest, dove si stanno combattendo alcune delle battaglie elettorali più appassionanti (North e South Dakota, Nebraska, Kansas, Missouri, Iowa, Minnesota, Wisconsin, Illinois, Indiana, Ohio e Pennsylvania). Arrivati ai confini della linea Mason-Dixon, che un tempo separava gli yankee dai confederati, potremo forse avere le idee più chiare sull'esito di queste elezioni di midterm. Per capire se il vento che da qualche mese soffia verso Capitol Hill è soltanto una brezza di stagione o sta per trasformarsi in un tornado. Ma è tempo di partire.
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di Larry Silverbud


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