Il summit annuale del Fondo monetario e della Banca mondiale

A Washington si prova a disinnescare la guerra planetaria delle monete

Redazione

A Washington è iniziata in queste ore la riunione annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale. Il summit delle due principali organizzazioni economiche planetarie – che porterà nella capitale americana intorno a 20 mila visitatori, tra responsabili economici nei governi di quasi tutti i paesi del mondo e rappresentanti di istituzioni finanziarie e giornalisti – cade in un momento di particolare tensione sui mercati. Sempre più analisti parlano di una “guerra monetaria” in corso.

di Vito Tanzi

    A Washington è iniziata in queste ore la riunione annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale. Il summit delle due principali organizzazioni economiche planetarie – che porterà nella capitale americana intorno a 20 mila visitatori, tra responsabili economici nei governi di quasi tutti i paesi del mondo e rappresentanti di istituzioni finanziarie e giornalisti – cade in un momento di particolare tensione sui mercati. Sempre più analisti parlano di una “guerra monetaria” in corso. 

    Ieri sul tema è intervenuto anche il direttore del Fondo monetario, Dominque Strauss-Kahn: “Parlare di guerra dei cambi è un termine troppo forte, ma certo l'idea che qualche paese possa usare la propria valuta come arma potrebbe portare a una catastrofe”. “Non c'è una guerra delle monete”, anche secondo Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, che poi ha spiegato: “Ci sono forti disallineamenti del cambio che certamente ostacolano la ripresa dell'economia mondiale e che vanno quindi affrontati e risolti”.

    Non è un caso se quest'anno a ricevere particolare attenzione nelle riunioni ufficiali saranno in particolare quattro temi: (a) il pericolo che “svalutazioni competitive” possano portare ad una “currency war” tra paesi, come l'ha chiamata per primo il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega; (b) come correggere i disequilibri nelle bilance commerciali dei paesi che continuano a essere enormi; (c) come ridurre i rapidi movimenti globali di capitale; (d) come correggere la “governance” delle istituzioni di Bretton Woods. Ci sarà anche qualche discussione sulla necessità di aumentare il capitale disponibile al Fondo, come vorrebbe Strauss-Kahn e di come regolare meglio il sistema finanziario a livello internazionale.

    La Grande depressione degli anni trenta diventò “grande” quando vari paesi chiusero le loro economie, nel futile tentativo di esportare la disoccupazione. Oggi è difficile chiudere un'economia, ma un paese può cercare di incoraggiare l'attività domestica mantenendo debole la sua valuta. Avendo esaurito l'uso della politica monetaria e di quella fiscale, alcuni paesi possono cadere nella tentazione di tentare la via della svalutazione. C'e' il pericolo che ciò possa accadere.

    Un altro aspetto di più lunga durata è che alcuni paesi, specialmente asiatici, continuano a mantenere debole il valore della loro valuta anche quando hanno una bilancia commerciale in grande superavit. La Cina e il Giappone hanno accumulato enormi riserve valutarie: Pechino, 2.454 miliardi di dollari; Tokyo, 1.015 miliardi di dollari. A paragone, per tutta la zona euro le riserve sono pari a 149 miliardi, mentre per gli Stati Uniti sono solo 47 miliardi. Queste stime escludono le riserve in oro.

    Un altro problema che sicuramente
    attrarrà qualche discussione è che le grandi differenze che sono apparse nei tassi di interesse, tra i paesi emergenti, da un lato, e quelli più avanzate, dall'altro – differenze causate dalle politiche monetary seguite negli ultimi due anni – stanno causando movimenti (“speculativi”?) di capitale finanziario verso i paesi emergenti. Questi movimenti fanno rafforzare i tassi di cambio dei paesi emergenti, scoraggiando l'esportazione e creando inflazione. Alcuni paesi emergenti, insieme alla Francia, vorrebbero tassare questi movimenti “speculativi” di capitale finanziario. Il Fondo monetario sta analizzando la possibilità di farlo. E' improbabile che ci sarà una decisione del Fondo, ma alcuni paesi possono prendere l'iniziativa individuale di tassare i capitali che entrano. Per dare più strumenti al Fondo per combattere crisi future, Strauss-Kahn probabilmente avanzerà l'idea di aumentare, forse fino a raddoppiare, le risorse finanziarie dell'istituzione, aumentando le quote dei paesi. Questa idea ci porta all' argomento che potrebbe essere il piu' dibattuto, che è quello della “governance”.

    Le quote dei paesi riflettono il potere di voto che un paese ha nelle decisioni del Fondo. Queste quote danno potere e prestigio a un paese ma continuano a riflettere il potere economico e politico che i vari stati avevano in anni passati. I tassi di crescita differenziati tra i paesi hanno reso le quote esistenti in molti casi molto lontane da quelle che dovrebbero essere. Politicamente, le correzioni sono molto difficili da attuare. Alcuni paesi (Cina, Corea, etc.) dovrebbero avere una proporzione del potere di decisione nel Fondo molto più alta di quella che hanno. La Cina dovrebbe avere circa la stessa quota del Giappone, ma ne ha solo la metà. Altri paesi, e specialmente quelli europei, dovrebbero perdere parte del loro potere. Forse anche gli Stati Uniti dovrebbe perderere il privilegio di essere il solo paese al mondo con una quota che gli dà il potere di veto in importanti decisioni. Ma ovviamente né gli Stati Uniti né i paesi europei vorrebbere perdere il potere che ora hanno.

    Questi problemi saranno dibattuti nelle riunioni dei prossimi giorni. E' improbabile che saranno risolti, ma la speranza è che ci sarà qualche progresso verso la riduzione delle grandi differenze che esistono tra gruppi di paesi. Generalmente queste riunioni non risolvono problemi ma sono utile nel ridurre le differenze che esistono. Comunque, con risoluzioni o senza, il Fondo continuerà ad essere al centro dell'attenzione del mondo economico.

    di Vito Tanzi, già direttore del Dipartimento di Finanza Pubblica del Fondo Monetario Internazionale dal 1981 al 2000