Fermenti anti-fisco

Ora i Tea Party fanno concorrenza anche ai conservatori inglesi

Jacopo Dettoni

Al termine della conferenza dei Conservatori a Birmingham, nell'elettorato Tory c'è un po' di tutto: gli scontenti per i tagli al welfare familiare, quelli che chiedono al leader David Cameron di mettere in riga con più decisione i sindacati, e infine quanti sognano di dare vita anche in Europa a un Tea Party in stile americano.

Leggi Il gran debutto londinese dell'offensiva europea dei Tea Party

    Al termine della conferenza dei Conservatori a Birmingham, nell'elettorato Tory c'è un po' di tutto: gli scontenti per i tagli al welfare familiare, quelli che chiedono al leader David Cameron di mettere in riga con più decisione i sindacati, e infine quanti sognano di dare vita anche in Europa a un Tea Party in stile americano.

    Il potere evocativo dell'espressione Tea Party, certo, non è lo stesso su entrambe le sponde dell'Oceano. Storicamente, riporta alle proteste, culminate poi con la guerra di indipendenza, dei coloni americani contro l'allora madre patria: la Gran Bretagna. Un motivo di orgoglio per gli uni; una sconfitta per gli altri. Tanto che “negli Stati Uniti persino i bambini conoscono il Tea Party di Boston, mentre qui nel Regno Unito in pochi ne hanno sentito parlare”, spiega al Foglio Simon Richards, direttore della Freedom Association, un think tank di area libertaria. Culturalmente poi “non abbiamo quella tradizione di attivismo dal basso che si puo' trovare in America”, aggiunge Tom Clougherty, direttore dell'Adam Smith Institute: “E' difficile immaginare che qui avvengano grandi proteste di piazza”. Infine, nella perfida Albione “siamo meno preoccupati da Dio, pistole e gay”, ha dichiarato un sostenitore dei primi Tea Party locali al Financial Times. Nonostante le differenze, con riguardo ai temi prettamente economici non sono in pochi quelli che si sono identificati nelle rivencazioni del movimento statunitense.

    “Le persone – conferma Matthew Sinclair, direttore della Taxpayer Alliance – vedono che il loro reddito è sprecato dalla politica e dalla burocrazia. L'impulso di fare qualcosa contro gli sprechi è forte anche qui”. Tanto che il congresso annuale dei conservatori a Birmingham è parso a molti il momento giusto per accendervi sopra qualche riflettore. Per l'occasione, Richards ha quindi organizzato un contro congresso, la “The freedom zone”: “Parleremo del bisogno di una minore interferenza dello stato nell'economia, nonché della necessità di meno tasse e di una minor regolamentazione”. Queste istanze arrivano in un momento quanto mai topico nell'agenda politica inglese. Sinclair fa il punto della situazione: “Oggi, il problema principale riguarda il sistema fiscale e la spesa pubblica. Nel 2009 abbiamo accumulato il maggior defici dell'intera Unione europea e ora dobbiamo riportarlo a livelli accettabili”.

    George Osborne, cancelliere dello Scacchiere del nuovo governo guidato da David Cameron, si sta già muovendo in questa direzione: si appresta a varare un colossale piano di tagli alla spesa pubblica che a molti ha ricordato il  “Budget” del 1981, uno dei momenti più simbolici degli anni di governo di Margaret Thatcher. “E` un passo incoraggiante – continua Sinclair –, ma devono spingersi oltre, devono essere piu` ambiziosi nel tentare di cambiare il welfare state”. “Vogliamo mettere in chiaro il bisogno etico di uno stato meno ingerente e di minor di tasse”, gli fa eco Richards. Proprio a questo proposito, in un'intervisa alla Bbc David Cameron ha rivelato per la prima volta la volonta` di  procedere, nel giro di un paio d'anni, con “la più radicale riforma del welfare state da 60 anni a questa parte”. Serve comunque dell'altro anche per Clougherty: “Oltre ai tagli, deve essere messa in cantiere una sorta di agenda per la crescita, così da far correre di nuovo l'economia”. Dalle sale della Freedom Zone non prenderà comunque il largo alcun corteo, come era stato inizialmente annunciato: “Il momento non è opportuno”, taglia corto Richards.

    Anche nel resto d'Europa è ancora presto per pensare alla piazza, anche se non manca chi sta tentando di cavalcare l'onda del successo dei Tea Party statunitensi. In Olanda come in Italia. “Crediamo che aliquote oltre il 30% siano immorali”, dice al Foglio  David Mazzerelli, uno dei promotori dei primi Tea Party italiani. Poi c'è il nodo del debito pubblico: “Pensioni, sanità e istruzione: servono interventi che vadano nella direzione di una maggiore responsabilità individuale”. Per Mazzerelli il governo ha fatto poco In questo senso: “Le promesse che hanno accompagnato la discesa in campo di Berlusconi nel 1994 – continua Mazzerelli – sono rimaste sulla carta. E lo spirito del Tremonti di oggi è molto lontano dal Tremonti che scriveva 'Lo stato criminogeno'". Anche per il Tea Party italiano però non è facile trasformarsi in un movimento di massa. Un conto è ottenere dei consensi; un altro è portare la gente in piazza. Ecco dunque che per il primo appuntamento nazionale è stata scelta l'università Bocconi di Milano. Per ora la piazza può aspettare.

    Leggi Il gran debutto londinese dell'offensiva europea dei Tea Party