Appello per il prigioniero politico Oscar Elias Biscet, il “negro olvidado” che non dimentichiamo
C'è un uomo che è divenuto un mito, una leggenda. Che ci guarda ogni giorno da magliette e gadget vari, in quasi tutto il mondo. Che ha un volto bello, virile, e duro. La cui fama è stata garantita da un miliardario italiano che voleva divenire anch'egli ispiratore di guerriglie rivoluzionarie, e che ne ha diffuso una foto, destinata a divenire leggendaria. Il suo nome è Ernesto Che Guevara. Forse è il caso di rimuovere un idolo. Di rivisitare una mitologia.
C'è un uomo che è divenuto un mito, una leggenda. Che ci guarda ogni giorno da magliette e gadget vari, in quasi tutto il mondo. Che ha un volto bello, virile, e duro. La cui fama è stata garantita da un miliardario italiano che voleva divenire anch'egli ispiratore di guerriglie rivoluzionarie, e che ne ha diffuso una foto, destinata a divenire leggendaria. Il suo nome è Ernesto Che Guevara. Forse è il caso di rimuovere un idolo. Di rivisitare una mitologia. Ma soprattutto di tributare onore e ammirazione ad altri, che della rivoluzione cubana del Che e di Castro sono, ancora oggi, le vittime. Il nostro eroe, allora, che vogliamo ricordare nella preghiera e sulle magliette, non è un guerrigliero, né un fanatico dell'ideologia. E' un cattolico, un nero, un medico che crede nella dignità della persona: per tutti questi motivi, è un perseguitato. Il suo nome è Oscar Elias Biscet. Per Amnesty International, Human Rights first, Freedom Now, per migliaia e migliaia di cubani, è un “prigioniero di coscienza” e un vero eroe. Biscet è nato all'Avana, nel 1961. Nel 1985 si è laureato in Medicina, per poi creare, nel 1997, la fondazione Lawton per i diritti umani: tra questi egli pone, al primo posto, il diritto alla vita.
Diritto alla vita violato costantemente in un paese in cui esistono la pena di morte per i nemici politici; in cui organismi governativi sostengono la liceità della clonazione umana cosiddetta “terapeutica”, contro l'“atteggiamento oscurantista”, a loro dire, di chi si oppone; in cui esiste l'aborto forzato, per motivi di ricerca medica, e il tasso di abortività è circa cinque volte quello italiano; in cui l'uso del farmaco Rivanol come abortivo determina il fatto che nel caso di fallimento, cioè in un'alta percentuale, il bambino viene ucciso (infanticidio) per soffocamento, per emorragia, tagliando il cordone ombelicale, o lasciandolo morire senza assistenza; in cui il turismo sessuale, anche pedofilo, che è per molti cubani e cubane l'unico modo per sopravvivere, porta a un tasso altissimo di aborti e di aborti su giovanissime! In un paese in cui embrioni e feti sono spesso utilizzati e uccisi a scopo di ricerca, nel più perfetto stile nazi-comunista, a vantaggio di persone provenienti dai paesi più ricchi (il turismo medico, accanto a quello sessuale; vedi le testimonianze di medici cubani come Hilda Molina, Julian Alvarez, José Luis García Paneque…).
Per la sua battaglia “contra del aborto, eutanasia y el fusilamiento”, cioè a favore della vita dei più piccoli, contro il degrado umano, contro la pena di morte e la tortura per i dissidenti e contro l'eutanasia, praticata su malati poveri, che si rivelano un peso economico, Biscet è stato aggredito, picchiato, additato come pazzo. Poi allontanato dal suo lavoro, rinchiuso in galera dal 3 novembre 1999 e al 31 ottobre 2002 condannato con l'accusa, fasulla, di “insulti ai simboli della patria”, “pubblico disordine” e “incitamento a commettere crimine”. Nel 2003 Biscet è stato nuovamente condannato, questa volta a 25 anni di prigione: oggi giace nella stessa isola in cui sorge Guantanamo, in condizioni terrificanti e disumane (ben descritte da prigionieri cubani come Armando Valladares, autore di “Contro ogni speranza. 22 anni nel gulag delle Americhe dal fondo delle carceri di Fidel Castro”, SugarCo 1985, Spirali 2007, e Pierre Golendorf, autore di “Un comunista nelle prigioni di Fidel Castro”, SugarCo 1978). Prigioni in cui, secondo le Nazioni Unite, avvengono: “Isolamenti in stanze fredde; perdita del controllo di tempo e spazio; immersione in pozzi neri; intimidazioni coi cani; simulazioni di esecuzioni; botte ai reclusi; lavori forzati; confinamento per anni in prigioni chiamate ‘cassetti'; uso di altoparlanti con rumori assordanti durante gli scioperi della fame; spersonalizzazione del detenuto mediante totale nudità in celle di castigo; soppressione di acqua ai prigionieri dichiarati in sciopero della fame; presentazione del recluso nudo davanti ai familiari per obbligarli ad accettare il piano di riabilitazione politica”. Secondo Human Rights First, Oscar Biscet soffre di “gastriti croniche e ipertensione”, e ciononostante è confinato in celle solitarie, talora sotterranee, o con “violenti criminali”. Inoltre, è privato per lunghi periodi della possibilità di comunicare, di ricevere visite o medicazioni. La sua cella è senza finestre, senza bagno, umida, sporca, infestata dai vermi e senz'acqua. La sua salute è rovinata. Ha perso quasi tutti i denti, ma non il coraggio.
Manda a dire ai suoi sostenitori: “La mia coscienza e il mio spirito stanno bene”. Biscet è forse, vista la lunghezza della sua pena, il massimo prigioniero di coscienza oggi al mondo. Lo chiamano anche il “negro olvidado” (il “negro dimenticato”). Noi, invece, vogliamo ricordarlo e chiederne la liberazione.
Firmatari dell'appello: Francesco Agnoli presidente Medv (Movimento Europeo Difesa Vita), Luigi Amicone direttore del settimanale Tempi, Elena Baldini assistente Pastorale per la vita Gianpaolo Barra, direttore del mensile Il Timone, Toni Brandi presidente Laogai Research Foundation Italia, Carlos Carralero rifugiato politico cubano, fondatore dell'Unione per le libertà a Cuba, Pucci Cipriani giornalista, Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, Renato Farina scrittore, Giuliano Ferrara direttore del quotidiano il Foglio, Giuseppe Garrone, fondatore del numero verde SOS Vita e cofondatore del Progetto Gemma, Antonio Gaspari direttore editoriale de L'Ottimista, Silvio Ghielmi cofondatore del Progetto Gemma del MpV, Federico Iadicicco consigliere provincia di Roma, Mario Mauro presidente Ppe al Parlamento europeo, Giorgia Meloni ministro della Gioventù, Andrea Morigi giornalista, Mario Palmaro filosofo e giornalista, Massimo Pandolfi giornalista, Luca Teofili presidente associazione romana Archè, Giovanni Zenone direttore di Fede & Cultura.


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